Parole correnti di un innamorato del proprio lavoro

Per spiegare ai lettori come è organizzato il magazine ho da poco affidato a Correre.it una nota in cui spiego che immagino il mondo della corsa come un’unica nazione, ma dalla conformazione geografica particolare: uno sterminato arcipelago, una “Polinesia della passione”.

Una tribù per ogni isola, ognuna con propri riti e semidei.

E se penso a quante isole ci sono, a quante persone ci vivono, al desiderio mio di conoscerne storie ed emozioni, ecco che sento salirmi dentro lo stesso sconforto che mi assalì la volta che a Buenos Aires volli vedere la Biblioteca Nacional Mariano Moreno, dove si erano consumate e perse la vista e la vita di Jorge Luis Borges: due milioni di volumi che ti guardano e ti chiedono “quanti di noi non leggerai?”

“Quanti pensieri, personaggi, logiche e storie non farai in tempo a conoscere?”.

Abita nel mio segreto un po’ il protagonista de “I sette messaggeri” di Dino Buzzati, il figlio del re che va via dalla capitale deciso a conoscere i confini dello sterminato regno e spende la vita in un viaggio senza fine.

Dietro l’angolo sento vicino il momento che contraddistingue la sua resa, quando non manda più di nuovo indietro verso la capitale il messaggero appena rientrato dopo anni di viaggio, perché realizza che non vivrà abbastanza per vederlo tornare.

Per mia fortuna, dietro lo stesso angolo cammina anche il profeta gucciniano di “Shomer Ma Mi-Llailah”, la vedetta illuminata che non ha risposte sull’avvenire, ma invita tutti comunque a domandare, convinto che sia la domanda stessa il segreto dell’esistenza.

Sapere che non si arriverà mai al traguardo, cioè che non si conosceranno mai le storie di tutti, non toglie piacere al viaggio verso altre persone, altre tribù, altre isole della nazione Corsa.

Lunga vita a “Storie correnti”.

Daniele Menarini – Condirettore della rivista Correre