Correre è una delle poche attività che dipendono solo da noi.
Ogni volta che lo facciamo possiamo controllare lo spazio e il tempo. Rispettando il nostro corpo attiviamo quel sisma di emozioni che ci fa stare bene.
Con questa visione decisamente motivata della vita molte persone hanno trovato la loro “storia di riscatto”.
Uomini e donne in un momento difficile della loro vita, dopo un lutto, una delusione d’amore o semplicemente perchè erano stanchi di una quotidianità alienante, hanno saputo reagire e scendere in strada per iniziare a correre e trovare una nuova visione di sé.
Visto da fuori, il circolo virtuoso dello sport come arma di riscatto, è solo un tassello di un progetto più grande che ci può portare a migliorare altri aspetti della vita. Grazie a una consapevolezza delle proprie capacità, al superamento di traguardi fino a ieri impensabili ci possiamo sentire più forti più sicuri nelle relazioni, assertivi e permeabili nei confronti del prossimo.
“perché la corsa è un motore così potente?”
La rete ce lo mostra ogni giorno, in una sorta di terapia a specchio di esperienze dove anche l’uomo o la donna più pigri del mondo reagiscono e cambiano passo di avanzamento nella loro vita. Assistiamo a vicende personali da cui noi tutti catturiamo gli stimoli per fare di più e meglio.
Leggerle influisce sul nostro quotidiano, attivano una narrazione emulativa che ci porta a far scattare la molla decisiva per metterci in gioco.
Quante storie abbiamo visto, quanti amici hanno trasformato il loro corpo e la vita stessa in un tripudio di emozioni dove a volte non è chiaro se conti di più la motivazione o il risultato.
Tutto nasce da una presa di coscienza: “sono pigro, sono grasso, devo fare qualche cosa”.
Da qui si avvia la fase “dell’orgoglio”, la voglia di ribellarsi a uno status quo dove il cibo è l’altro alleato alla prima parte della storia e con lo sport riscrive la sceneggiatura del riscatto personale.
Se mangiare è solo conforto e consolazione dalle proprie insoddisfazioni questo preocesso di redenzione ha un’azione limitata.
Una volta compreso di avere la forza di controllare quanto mangiare e cosa ancora più importante la qualità degli alimenti, a quel punto agiamo attraverso un processo completo che sarà funzionale al nostro benessere.
Da qui in poi seguirà la fase “del percorso” stabilendo la via maestra attraverso la quale si snoderà il viaggio costellato di sfide e sacrifici.
Infine arriverà la fase della “gratificazione” nella quale ci complimentiamo e ci crogioliamo dell’obiettivo raggiunto condividendo la nostra storia con amici e sconosciuti.
Avviando ancora un nuovo ciclo emulativo che può diventare finalmente un doping sociale delle “storie di riscatto sportivo”.
Ma dal vostro punto di vista leggere le storie di riscatto sportivo bastano come stimolo per migliorarsi? oppure senza una forte motivazione personale non si va da nessuna parte?