La droga del Calcio

Le persone sono così assuefatte e stordite dal metadone dato dal famoso calcio spezzatino, che garantisce quasi una pillolina al giorno, che non si sono accorte che già oggi il Calcio non è quello che credono.

Così pensano che quello spettacolo che amano guardare sia garantito dal romanticismo e non dai capitali.

Vogliono vedere Messi contro Ronaldo, Mbappé contro Lewandosky, commentano la bellezza di partite stellari come PSG-Bayer pensando che accada per caso. Per merito.

Ho sempre amato i sognatori, meno gli illusi.

Così saranno felici davanti allo schermo per i Mondiali in Qatar che si terranno in autunno (prima volta nella storia che si cambia questa data per interessi economici) e festeggeranno per i gol segnati dai loro idoli all’interno di stadi supermoderni costruiti con sogni o soldi?

Tutto questo avviene oggi sotto gli occhi assuefatti di chi crede che questo calcio sia lo stesso del campetto sotto casa o lo stesso degli anni 80.

Perché lo credono? Perché nessuno ha mai detto loro in modo così diretto, come avvenuto in queste ore, che le cose stanno cambiando e dovranno cambiare ancora. Lo si è fatto, ma non lo si è detto.

Perché?

Perché per pagare questo show di cui non sanno fare a meno si ha bisogno di capitali.

Capitali che le società investono pesantemente e che impattano sui bilanci, quelli che oggi vengono ripresi da tutti per affermare che questi furbacchioni della SuperLega devono recuperare quei buchi ai danni del calcio (quello antico e romantico di cui non vi è più traccia sempre da 30 anni buoni).

I capitali non servono per recuperare bilanci, ma per poter continuare a somministrare il metadone a cui nessuno rinuncia. Capitali che servono per poter continuare a generare contenuti ed esperienze all’altezza della domanda sempre più crescente da parte dei Fans.

Provate a chiedere ad un tifoso medio se preferisce guardare De Bruyne o Lalli. E chiedetegli se preferisce che la società si indebiti pur di portargli De Bruyne o chiuda in positivo con Lalli.

A nessuno frega da dove prendono i capitali queste Aziende, gli frega solamente di poter avere accesso al meglio. E vincere.

Però oggi gli stessi tifosi, presi dalla paura del cambiamento, ma soprattutto dall’imminente rottura di certezze costruite in stato di assuefazione, tirano fuori bilanci, conteggi, diventano commercialisti e socialisti, in nome di una cultura romantica del calcio che loro stessi hanno abbandonato da anni.

Perché se fosse vero che l’unica cosa che si vuole è il romanticismo pallonaro, basterebbe scendere dalla giostra e andare al parco sotto casa dove giocano 10 bambini con un pallone e due porte fatte con quattro felpe.

Eppure la domenica si guarda il calcio in TV o da Mobile, piuttosto che nel campetto con 22 sconosciuti.

La verità è che la SuperLega ha senso di esistere perché esiste un pubblico affamato da questo livello di Entertainment.

Lo stesso pubblico indignato che non vede in questo nuovo modello il merito, non si è accorto che il merito e l’opportunità per tutti non esistono già da molto.

– In Italia vincono da 20 anni 3 squadre
– In Inghilterra 7 squadre dal 1992 (anno di creazione della Premier) di cui due con un solo titolo (Blackburn e Leicester)
– In Spagna 2 squadre da 20 anni (eccezion fatta per due titoli rispettivamente a Valencia e Atletico Madrid)

Queste più il Bayer Monaco (14 titoli in 20 anni) sono le stesse 10 squadre che sempre, da 20 anni, vincono la Champions (tranne il caso Porto).

Beh se questo è il calcio meritocratico che abbiamo paura di abbandonare (a proposito, dal 1970 vincono le stesse 7 nazioni) forse dobbiamo fare i conti con la realtà ed analizzare con lucidità il tutto.

Mirko Lalli

Mirko Lalli. Chief Executive Officer at IQUII