-Buongiorno mamma, ma papà dov’è?
-Ah eccoti, buongiorno Giuly. Papà è andato a correre…
-Sì lo so, sono sveglia dalle 5 e l’ho sentito uscire prima del solito.
-Ma vedrai che starà per tornare. Tu, piuttosto, sei agitata? Hai rivisto le dispense?
-Mmh abbastanza, non ho fame e ho le mani sudate, come da copione…sono le 8:00 e devo essere all’università alle 9.00. Aveva promesso che mi avrebbe accompagnata con la moto. Cavolo, almeno oggi poteva tornare prima.
-Hai provato a chiamarlo?
-No, il telefono lo ha lasciato al solito posto all’ingresso.
-Fantastico. Io non posso accompagnarti, ho una riunione, ti conviene prendere i mezzi.
-Ok, io vado, ci sentiamo dopo.
-Mi raccomando, fammi sapere quando tocca a te.
Sono le 8.30 e Luca ancora non torna, sta correndo da quasi due ore e mezza. Marta è abituata ai silenzi dell’alba in casa: si sveglia con metà del letto vuota, e fa colazione con il marito già sotto la doccia che recupera le fatiche atletiche. Stamattina il caffè lo sta bevendo con un occhio alla strada sotto casa e il pensiero in affanno per lo scritto di econometria di Giulia; intanto sta facendo la solita chiamata a Riccardo in Francia.
-Ciao Ricky. Buongiorno.
-Ciao Ma’. Che succede? Hai una voce!?
-Nulla, siamo alle solite con le agitazioni da esame. Tu, piuttosto, che devi fare oggi?
-Sono in sede a Strasburgo, ho preso il treno delle 5.30 per avere più tempo.
-Con chi lavori?
-Sarò tutto il giorno con il professore per finire la tesi. Ci risentiamo dopo, ti scrivo.
-Ciao amore, stai attento.
-Marcello, buongiorno, scusa l’orario, ma sto cercando Luca. Avete corso insieme stamattina?
Marta inizia a considerare delle alternative per capire perché Luca non è ancora tornato; tra queste c’è il suo amico di fatiche mattutine.
-Ciao Marta. No io oggi andrò a correre a pranzo, perché?
-No niente, sono le 9 e Luca ancora non torna e sono preoccupata.
-Ma vedrai che starà facendo il giro largo, lo sai che da solo ama perdersi per i parchi della città.
La tensione non si placa, Marta è preoccupata, specie quando il marito esce da solo che è ancora buio. Ne ha sentite troppe di storie nel mondo dello sport tra ciclisti e maratoneti rimasti coinvolti in incidenti stradali. Il periodo di esami e tesi in casa non aiuta di certo a stare tranquilli.
Marta non riesce contenere la sua agitazione, sente che è successo qualcosa. Presa dallo sconforto è andata al comando della Polizia vicino casa. A riceverla c’è il giovane agente con cui Luca ha fatto amicizia al campo di allenamento e spera di avere conforto in un controllo.
-Buongiorno agente, sono la moglie di Luca Bani, so che ogni tanto vi allenate insieme nel quartiere e vorrei chiederle un favore.
-Buongiorno Signora, prego si accomodi e mi dica bene cosa è successo.
È gentile e premuroso, ha sempre avuto molta stima di Luca per i tanti consigli che gli ha dato fin dai primi lavori in pista.
-Luca è uscito presto a correre, intorno alle 5.45, senza telefono, da solo. Ormai sono le 10.00 passate e non so più che pensare. Potreste verificare se c’è stato un incidente o dei ricoveri in qualche pronto soccorso a nome suo, anche se non aveva documenti con sè?
La lista dei fatti che possono coinvolgere un runner di città che corre all’alba è breve e senza incertezze; non c’è mai una visione “sana” dei fatti esterni all’allenamento tra i viali silenziosi o nei vicoli del centro.
Marta torna a casa peggio di come vi era uscita. La polizia, nel frattempo, ha preso tutte le informazioni: i numeri di telefono e i nomi utili alla ricostruzione di quelle prime ore. Dal profilo su Strava, che Luca condivide nella sua comunità, hanno anche scaricato i giri che fa sempre, da quelli corti, fino ai lunghi della domenica mattina.
Una volante sta già perlustrando la zona. Il traffico non agevola e la città si è impossessata degli spazi vuoti dove i runner corrono indisturbati prima delle 7.00 del mattino.
-Mamma eccomi. Allora mi chiamano tra 20 minuti, per le 11.20 sarò in aula. Papà è tornato?
-Sì, sì, non ti preoccupare, è sotto la doccia. Ha fatto un giro più lungo facendomi prendere uno spavento.
-Eh te lo avevo detto…ok dai, vado a dopo.
-In bocca a lupo.
Non aveva senso dirgli tutto, Luca comunque tornerà a casa e lei adesso deve essere concentrata sull’esame che teme di più da sempre. Marta riflette a mente fredda su quelle 6 ore di vuoto in cui è precipitata. Le domande che si pone ormai sono più di tutte le risposte che può darsi.
-Signora siamo gli agenti di polizia.
La voce ferma e dura dei militari al citofono gela la mano con cui Marta tiene la cornetta. Aspetta il loro arrivo, senza incertezze, nervosa, in piedi accanto alla porta d’ingresso.
-È permesso?
-Prego accomodatevi e ditemi subito cosa è successo.
La presenza di quelle due uniformi nere nella sala davanti al divano trasforma un luogo accogliente in uno spazio anonimo e distante.
-Purtroppo non abbiamo nulla da dirle, non c’è traccia di Luca da nessuna parte. Ospedali, incidenti stradali o parchi di città, abbiamo ripercorso le strade che frequenta sempre nei suoi allenamenti, siamo anche andati al campo, ma nessuno ha visto suo marito nelle ultime 7 ore.
-E quindi cosa devo fare adesso?
-Signora, mi scusi la domanda, ma la devo fare come da prassi. In casa le cose vanno bene?
Marta capisce benissimo il senso e anticipa la seconda parte della domanda.
-Si è chiaro, e le levo subito ogni dubbio: Luca non aveva motivo per allontanarsi volontariamente dalla sua famiglia.
-Grazie per la sua comprensione. Noi adesso torniamo in caserma e diramiamo il comunicato di scomparsa a tutte le forze dell’ordine. Le devo chiedere di inviarci, su questo numero, una foto del volto di Luca e un descrizione di come era vestito. Al resto ci pensiamo noi.
La tenacia di Marta la sta aiutando a considerare tutte le possibilità, portandola a bussare anche alla redazione del primo canale nazionale dove lavora il loro amico e vicino di casa.
-Carlo, scusa se ti disturbo, ma Luca è scomparso.
Racconta per filo e per segno cosa è successo e come si sente. Carlo prende nota e tempo, cercando di capire cosa fare nella prossima riunione di redazione.
***
NOVE ORE PRIMA
Devo tornare presto a casa, Giuly non mi perdonerebbe un ritardo neppure se rientrassi in casa in ginocchio. Giro da 12 km e via.
Luca ha avviato il GPS e si gode l’ora di silenzio che lo attende. L’aria è fredda e punge al punto giusto per stimolare il passo e portarlo subito a ridosso dei 5’ a km. Si era ripromesso di fare un lavoro di recupero dopo il lungo di domenica mattina. Con Marcello avevano chiuso i 30km previsti da tabella senza una sbavatura, e le sue gambe, in 24 ore, erano di nuovo in strada, stanche ma reattive. Il suo amico avrebbe corso a pranzo.
Il viale dei primi 3 km preferisce percorrerlo sul lato stradale, sempre contromano per vedere le auto che circolano, poche a dire il vero. Evitare il marciapiede disconnesso per non inciampare.
Sta passando nella zona dove stanno costruendo le nuove palazzine, un giro diverso dal solito, ha ripreso la corsa sotto gli ampi balconi che ornano la via. Davanti a sé ha il marciapiede: è regolare e piatto, asfalto steso da poco che gli trasmette la stessa sicurezza del tartan in pista.
Anche la risposta delle scarpe comprate da poco gli infonde più controllo. Ancora un passo e termina le sequenza di grate a terra che si sono sostituite al nero del catrame.
La gamba destra stacca e va a cercare l’appoggio davanti, ma il passo sembra senza fine. Nell’istante esatto in cui si rende conto che la strada sotto i suoi piedi non c’è più, sbatte con la mandibola a terra, la lingua resta schiacciata tra gli incisivi e un fiotto di sangue gli invade la bocca.
Il contraccolpo è violento. Prova ad allargare le braccia come a reggersi a qualcosa, ma il corpo è sospeso per aria e nel frattempo inizia a precipitare verso il basso con la faccia rivolta in avanti. L’atterraggio è brusco, con le mani prova a proteggere il volto. Quando capisce che sta impattando sul terreno, il polso destro si conficca su una catasta di ferri appuntiti, e il ginocchio sinistro urta violentemente.
Il dolore lo fa svenire, non prima di aver trovato la forza per girarsi sulla schiena e vedere che sopra di lui la grata da cui è caduto si è richiusa di scatto. Intanto, il sangue dal naso gli cola sul volto, mischiandosi con quello che la bocca ha sputato fuori per provare a respirare ancora una volta. Buio.
***
Sono le 18:00: Marta e Giulia sono sedute al centro del divano di casa. Davanti hanno la troupe della redazione del primo canale che sta ultimando la registrazione per l’edizione delle 20.00. Un servizio ottenuto grazie all’amico Carlo, il quale aveva convinto il direttore del telegiornale per un blocco da 90 secondi con la testimonianza di Marta. Il tema della sicurezza in città avrebbe destato l’interesse dei telespettatori. A ridosso delle elezioni amministrative la rete se lo poteva giocare come strumento di consenso per il nuovo candidato di destra, un favore a basso impatto e con ottimi ritorni d’ascolto. Giulia non ha guardato mai in camera, restando serafica e preoccupata. Marta aveva parlato, con calma e senza piangere.
Riccardo, nel frattempo, era stato avvisato dei fatti già in tarda mattinata ed era su un volo per Ciampino che sarebbe atterrato alle 19:45.
Il servizio della TV non aveva fatto altro che smuovere un mondo di amici e conoscenti. Una processione informatica tra social network e messaggi WhatsApp. Tutti a disposizione per cercare Luca.
Ormai erano passate 36 ore e di Luca non c’era traccia.
***
La mano sinistra sta toccando del terriccio umido. Luca si annusa le dita e sente puzza di urina,;tra le gambe è bagnato, l’urina è la sua. La bocca secca e impastata di sangue e polvere. La lingua gonfia non gli permette di respirare bene. Il naso è chiuso e dolorante.
Una luce intermittente illumina l’ambiente. Luca ha paura e fa freddo. Il polso della mano destra è ancora conficcato nel ferro, ma non sanguina più. Con uno scatto di rabbia lo sfila dalla punta che lo aveva piantato a terra ed emette un grido sordo che lo conforta, segno che le forze non lo hanno abbandonato del tutto.
Si guarda intorno e ripensa alle storie di chi è sopravvissuto sotto le macerie di un terremoto per giorni. Solo che lui non è stato sepolto da un sisma, ma è caduto in un pozzo di città, mentre correva. Seduto a terra alza la testa e la grata è sempre chiusa. Si trova in un punto della città che non frequenta mai. Ha fatto un giro nuovo, in una parte del quartiere in costruzione. Di fatto, lì sotto nessuno lo verrà mai a cercare.
Il garmin al polso non si è fermato, ha solo perso il segnale gps, ma il crono sta contando il tempo che scorre da ormai 47 ore.
Dal fondo del buco in cui si trova arriva un luce verde, e delle voci incomprensibili, prima non c’erano. Qualche cosa sta accadendo. Prova ad alzarsi e le gambe sono messe meglio del suo volto. Mentre cammina deve fare attenzione, il terreno è pieno di materiale che gli intralcia il passo, arriva davanti alla porta da cui si sentono le parole e filtra la luce verde.
Senza pensare prende la maniglia e tira forte aprendo la porta. La scena che si trova davanti è incredibile. Un garage enorme e vuoto di cui non si scorgono i limiti. Una serie di colonne sono circondate da una corda rossa che disegna un anello che corre lungo il perimetro. Da lontano vede arrivare un gruppo di uomini che stanno correndo semi nudi, tutti di colore e scalzi. Prima che lo possano vedere Luca si nasconde dietro lo stipite della porta. Passano veloci, con ampie falcate, parlano tra di loro una lingua che non conosce, hanno fisici asciutti e potenti, come maratoneti africani. La scena si ripete per ogni giro a cui assiste, il tempo di restare incantato da quella giostra di potenza e bellezza, che da dietro sente una mano che lo afferra alle spalle.
-Cosa ci fai tu qui?
Luca si gira e vede un ragazzo e una ragazza di colore che lo stanno spingendo oltre la porta, fin dentro il garage.
-Scusate, non volevo spiarvi, sono caduto due giorni fa dalle grate lì in alto, stavo correndo e in un attimo non c’ho capito più nulla.
-Non hai un buon odore, sei pieno di sangue e sei ferito. Vieni con noi ti cureremo.
***
L’indomani Marta è davanti al computer che cerca di fare ordine tra i tanti messaggi di amici, inviti televisivi e di redazioni di quotidiani e siti web. La storia del runner 50 enne scomparso nel nulla in piena città fa gola a molti.
Marta resta calma, convinta che la pista avviata dalla polizia, seppur senza alcun riscontro, è l’unica via percorribile. Alla fine della lista di mail da cestinare trova quella di Danny, l’amico svedese di Luca, un artigiano del vetro con la passione per i numeri e le reti informatiche. Ha sempre ascoltato incuriosita le riunioni via web con Luca mentre cercavano alternative alla geo localizzazione imposta dal lockdown durante gli anni della lotta ai virus. Sul finire del 2024 aveva inventato una pellicola antisolare specchiata, ma che di fatto era uno schermo per smart phone che impediva la trasmissione dei suoi spostamenti alle autorità di controllo.
Per fortuna, da lì a poco, la morsa delle restrizioni iniziarono ad allentarsi e la vita, per come la conoscevamo prima del 2020, piano piano iniziò a riprendere forma e colore.
Danny è una persona di cui può fidarsi e il messaggio che gli scrive è diretto e senza pietismi.
“Ciao Marta, chiamami appena puoi, ti posso aiutare a ritrovare Luca.”
A 60 ore dalla scomparsa del marito, Marta con Giulia e Riccardo sono davanti al laboratorio di Danny per provare a capire cosa possa fare un vetraio rispetto a ciò che non è riuscita a fare la Polizia in quei tre giorni di vuoto nelle ricerche.
Nella seconda mail inviata a Marta, Danny le chiedeva di portare con sè la confezione dell’ultimo orologio gps che Luca aveva comprato. Per fortuna nessuno l’aveva buttata ed era tra i libri di casa.
Danny nel mondo del dark web è famoso per le sue incursioni a fin di bene. Sostiene e protegge le grandi fondazioni umanitarie dagli attacchi degli haker. Ha più volte sbloccato i pericolosi ransomware, virus informatici che bloccano i server delle grandi istituzioni per poi richiedere riscatti da pagare in bitcoin. L’ultimo caso fu quello del mainframe di una Onlus Medica, che da anni vaccina i bambini in tutto il mondo dalle mutazioni dei COVID e lo fa a costo zero.
Tra le community open source lo chiamano Danny Strandvakt, un termine svedese che sta per Lifeguard, di fatto è un salvagente per molti nel mare mosso della rete.
“Ciao Danny, grazie per ciò che stai facendo”
Marta e i ragazzi sono in piedi alle spalle dell’amico. Lui sta con lo sguardo fisso sui grandi monitor da cui segue le rotte dei mercantili che trasportano ogni genere di merce. Fermo sostenitore che da quella mappa di linee nel mare può anticipare gli andamenti ciclici dei mercati finanziari meglio di tanti centri studi.
Su uno schermo c’è la mappatura di satelliti in volo intorno alla terra e l’interfaccia del sito da cui sono registrati è piena di scritte in cirillico.
“Non devi ringraziarmi, per Luca farei tutto. Ciao ragazzi come state” – chiede Danny rivolgendosi a Riccardo e Giulia i quali rispondono con un cenno.
“Marta, hai portato quello che ti avevo chiesto?”
“Sì Danny, ecco la confezione dentro ci sono delle cose” – commenta con voce scorata.
“Se c’è ciò che penso, trovare Luca sarà un gioco da ragazzi. Vedi Marta, questo cartoncino riporta il codice seriale che sta stampato su ogni orologio GPS ed è necessario per agganciarlo alla rete di satelliti che poi seguono il polso di chi lo indossa.”
Marta è attenta, così come i ragazzi. C’è silenzio e una luce metallica accende i loro volti. Danny parla piano e con cura nei termini. Digita sulla tastiera senza far rumore. Per ogni codice che inserisce dalla mappa dei satelliti si attivano delle linee che si rincorrono nel grande monitor.
“Grazie ai favori che degli amici di Minsk in Bielorussia mi devono da tempo riesco a fare una triangolazione tra il codice dell’orologio di Luca e il segnale GPS Glonass, una rete di satelliti russi che l’orologio gps di tuo marito recepisce quando attivato.”
“Scusa Danny, ma tutto questo è legale?” – chiede Riccardo con voce tremolante.
“In realtà i russi con la loro rete GLONASS tracciano tutti e possono trovare chiunque in qualsiasi momento e luogo con una precisione di 10cm”.
“E noi che c’entriamo con quella rete?” – replica Riccardo.
“Io la uso da anni per testare i miei filtri e pellicole anti GPS, e oggi la usiamo per un fine diciamo familiare” – risponde Danny sornione.
Dopo le prime schermate senza senso, almeno per i tre ospiti, ecco che la cartina topografica della città inizia a definirsi, con un vecchio telefono portatile sta parlando in russo, ride e parla, senza poter dare spiegazioni. Finita la conversazione si apre sugli altri schermi una mappa a colori delle città.
“Ecco fatto, ora gli amici di Minsk mi hanno sbloccato un lato della loro rete, sanno bene che io sono il loro sbocco sul mare, senza di me sono persi o presi dall’interpool…”
“Ok Danny, quindi siamo in affari con i criminali?” – chiede Giulia.
“No Giulia, non temere, i nostri sono affari a fine di bene, loro mi aiutano a stare dalla parte sana della rete”.
Da quel momento le triangolazioni geografiche sono tutte sui monitor, e dopo una serie di codici appare la strada di casa di Marta e Luca, e all’altezza del loro numero civico si disegna un puntino rosso.
“Ecco Luca” – dice a voce bassa Danny.
“Adesso siamo pronti a seguire la traccia del Global Positioning System del nostro runner”.
I tre dietro di Danny si piegano in avanti come a voler prendere il puntino rosso. Dopo aver dato invio sulla tastiera Danny lo fa partire sulla mappa della città. Il giro sembra essere lo stesso che Luca fa la mattina prima di andare a lavoro, ma dopo i primi 3 km devia per una zona di nuova costruzione, palazzi e strade senza traffico, né abitanti. Dal grande vialone dove correva sulla carreggiata si sposta verso l’interno, sotto i palazzi,;da qui il segnale si fa a tratti più instabile, e dopo 700 metri sparisce.
“Preso!” esclama Danny.
“Cosa? Che dici? Dove lo hai preso?” grida Marta.
“Ci siamo, abbiamo il punto esatto dove Luca ha perso il segnale.”
“Via Caledonia 43, non potete sbagliare, andateci da soli, non chiamate la polizia e cercate di capire cosa è successo”.
Il tempo di ringraziarlo e Marta con i ragazzi sono già in macchina.
***
“Ahia che cavolo è sta roba?”
Luca è seduto su una sedia rotta in un angolo del grande garage, attorno a sè ha una decina di uomini, gli stessi corridori che prima orbitavano veloci attorno al filo rosso tra le colonne.
“Amico, è meglio che stai fermo perché non sei messo bene, lasciaci fare a noi. Questo è un unguento del nostro paese, lo usiamo per curare ferite e aiutare i muscoli a recuperare dalla fatica.”
A parlare è l’uomo che lo aveva sorpreso dietro la porta. Dopo averlo condotto al centro del grande spazio vuoto aveva parlato con un signore anziano, il quale sembrava aver dato lui il consenso all’aiuto.
“Ma voi chi siete e che ci fate qui?”
Luca è stupito, i dolori sono passati, adesso solo la curiosità che lo ha portato a scrivere le vicende per il giornale sta venendo fuori come sempre.
“Dicci tu chi sei e che hai combinato per finire qui sotto. Sei un poliziotto?”
“No, ma quale poliziotto, io stavo correndo per conto mio, ho solo la colpa di aver cambiato giro e esser passato in questa zona dove non viene mai nessuno da anni e sono caduto per colpa di una grata messa male.”
“Quella grata non è messa male, la usiamo noi per rifugiarci quando dobbiamo scappare”.
“Scappare da chi? E perché correte qui dentro?” Luca vuole sapere tutto, incurante delle conseguenze.
“Io sono un giornalista, amo correre la mattina presto, ma mai mi sarei sognato di finire qui dentro e trovare voi”.
Dal fondo del grande garage si sente un brusio, altri uomini erano nascosti nel buio e subito tutto si fa silenzioso, i corpi si dispongono sui lati e lasciano passare l’uomo anziano che prima aveva accolto la richiesta di aiuto per Luca.
“Tu sei un giornalista? E noi parliamo la tua lingua, forse così potresti raccontare la nostra storia”.
Luca è attonito, si sente come se fosse in un romanzo di letteratura fantascientifica, in balia di eventi che non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.
“Voi chi siete? Io voglio capire con chi mi trovo” la voce tradisce ansia e attesa. Sente di non aver chiaro il quadro che gli si presenta davanti.
“Probabilmente il nostro incontro poi non è stato così casuale, seppur doloroso ma doveva accadere. Noi siamo l’ultima comunità discendente dagli abitanti di Iten in Kenya, il capoluogo della contea di Elgeyo-Marakwet. Io sono l’anziano del gruppo, diciamo che loro sono i miei discepoli sportivi”.
“Saresti un allenatore, detta in poche parole. Conosco benissimo la vostra storia, e tutto quello che avete fatto e subito dopo la grande pandemia”.
“Qui sotto ci sono i 50 maratoneti più veloci di sempre. Li ho formati io e solo grazie a tecniche di allenamento nuove che sono arrivati a correre una maratona in meno di 1 ora e 55 minuti. Ma la cosa sospendente è che ci riescono tutti, uomini e donne.
Dopo il 2022. quando il Virus era mutato in oltre 42 radici diverse, il mondo si era diviso tra chi aveva un copertura vaccinale completa e chi stava ancora con i primi brevetti del 2020. Il Kenya era tra questi. e divenne il simbolo di un popolo che stava scomparendo. In particolare i grandi maratoneti della Rift Valley, “le antilopi della corsa” come le chiamavano tutti.
“Non è possibile” replica Luca. “Dopo il tentativo riuscito del breaking2 mai più nessuno ha applicato gli stessi metodi di lavoro usati nel 2019. Come avete fatto?”
“La nostra popolazione è scomparsa. Gli sciamani, dopo la grande crisi sanitaria, presero il potere tra le tribù e vietarono la corsa a tutti i gli adepti. Sostenevano che il virus avrebbe corso più velocemente tra le genti. Solo noi riuscimmo a fuggire e a provare che la corsa è la sola arma contro il virus. Purtroppo non abbiamo mezzi per poter far capire ai nostri fratelli rimasti in Kenya ciò che stiamo vivendo”.
Luca ha ascoltato la storia in silenzio, ha perso la cognizione del tempo e non riesce a trovare la parole per spiegare ciò che può fare per quelle anime incerte.
Gli uomini nel frattempo avevano ripreso a correre, lasciando il passo alle atlete. Il giro completo era di 800 metri e lo chiudevano in 2 minuti netti. Molti erano scalzi e riuscivano a correre con una media a km di 2’30”.
Dal fondo del garage si sentono delle voci, riconosce quella di Marta, si volta e vede la moglie con Giulia e Riccardo che sono fermi al centro del grande spazio. Scoppia in lacrime e corre ad abbracciarla. I ragazzi chiudono il cerchio stringendoli a loro volta. Arrivati al luogo segnato dalla geolocalizzazione dei satelliti russi, Marta e i ragazzi non avevano dubbi nel pensare che Luca fosse caduto nel fondo sotto quelle grate. Riccardo si era calato attraverso una scala di servizio posizionata alla fine della via e aveva fatto da apripista per Marta e Giulia.
L’uomo che aveva sorpreso Luca dalla caduta si ferma davanti a loro, aspetta che si liberino dall’intreccio familiare e li conduce dal vecchio capo.
Marta non fa domande, sta accanto a Luca al cospetto di una comunità di uomini di colore. Non capisce, ma si fida di Luca e lo fa stringendo forte la mano sana del marito.
“Adesso voi dovrete essere i nostri testimoni. Dovrete raccontare la nostra storia, senza dire nulla del nascondiglio, né tanto meno dove andremo una volta lasciato questo luogo. Potrete fare delle foto ma senza mostrare i volti”.
La storia che Luca non ha mai raccontato se l’è trovata sotto casa. La guerriglia al covid che nessuno voleva combattere la racconterà al mondo con la prova che gli ha segnato il volto e il corpo.
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Il titolo del giornale, dopo una settimana dalla pubblicazione è ancora al suo posto:
LA CORSA NEL VUOTO CHE HA SALVATO UNA POPOLAZIONE
La versione on line del NewsTimes ha preferito non cambiare il main article per far sì che quante più persone al mondo la potessero leggere. Trascritta negli idiomi delle tribù del Kenya, venne condivisa e letta milioni di volte.
A far da eco alla notizia fu anche il World Health Organization che stabilì un programma educativo sull’importanza della corsa per le popolazioni africane, le quali, grazie all’attività fisica e alle alte temperature delle loro valli, poterono combattere il virus e potenziare i vaccini di prima generazione.
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L’alba della città è il momento più bello per correre e Luca se ne sta sulla strada con la testa libera dai pensieri. La fatica non lo lascia mai, la voglia di leggere le strade degli altri tanto meno. Ha promesso al grande vecchio che sarebbe andato a Iten per una corsa sulla terra rossa dove sono nati i campioni. Prenderà un volo la prossima settimana e potrà rivedere gli stesso occhi che lo hanno salvato da quel salto nel vuoto.
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