Correre a Roma è magia. È un rapimento dagli affanni, incroci di strade delle nostre quotidianità. Momenti in cui la corsa sa ridarti tutto quello che la Capitale purtroppo toglie.
Pensate ad un gruppo di amici che la domenica mattina fanno ogni volta un viaggio nel tempo. Grazie alla storia della famiglia di Francesco Sammarco, appassionato del nostro sport e “trasteverino doc”, compiono un giro diverso nei vicoli di Roma, una corsa carica di storia e significati.
I racconti di mamma Angela li trasportano dove nessuna pagina web o social li avrebbe mai condotti. Correndo nella memoria di una donna che ricorda tutto e ha tramandato al figlio i tesori del Rione Trastevere.
Francesco è figlio di una città aperta, di una famiglia che ha vissuto gli anni d’oro delle feste de Noantri. Ed è proprio grazie al tracciato della omonima Corsa che il gruppo di amici corre ripercorrendone le vie nel Rione.
L’appuntamento è davanti al Cinema Reale a Piazza Sonnino, vicino viale Trastevere. Il cinema è un triste ricordo dei tanti trasteverini antifascisti. Venivano qui condotti perché sede del gerarca. Anche suo nonno Graziano visse brutti momenti per le sue idee contrarie alla dittatura.
Con il silenzio di una città ancora addormentata, inizia il giro, correndo e riscoprendo ciò che il progresso ha cancellato, cambiato per sempre.
Da Viale Trastevere scendono verso Piazza Mastai per poi entrate, con Via di S. Francesco a Ripa, nei vicoli del Rione. Purtroppo tra le vie di Trastevere ci sono macchine ovunque, non si è mai riuscito a isolare questo museo a cielo aperto dalla presenza delle quattroruote. Eppure, racconta Francesco, in Via Natale del Grande, dove adesso stanno correndo, un tempo c’era solo l’Alfa di uno zio della mamma, appartenente alla famiglia Chirico, proprietari di un negozio di pasta all’uovo fatta a mano. Accanto c’era una latteria, il latte era venduto inizialmente sfuso, in bottiglie di vetro sfaccettato e sigillate con la stagnola.
È incredibile pensare che un tempo ogni attività commerciale del Rione fosse rivolta alla produzione e commercio di cose da mangiare, poche botteghe artigianali di riparatori, falegnami e mercerie. Il resto era un brulicare di osterie dove gli uomini si ritrovavano dopo il lavoro per bere, mentre nei giorni di festa, ricorda ancora Francesco, vi si recavano le famiglie portando da casa i fagotti con gli spaghetti e la coda alla vaccinara (piatto tipico della cucina romana, costituito dalla coda del bovino stufata, condita con verdure varie).
Il gruppo di amici ormai è in venerabile silenzio. La magia di Roma li ha rapiti e condotti in una tela del Pinelli. Colori sbiaditi e profumi intensi. Ogni stradina è una continua sorpresa, il tempo si è fermato ai primi anni del 900, ed è facile scorgere da una serranda appena alzata, il baffo, chiamato “Cadorna” che nella sua bottega vendeva legumi secchi, mangime per uccelli e il venerdì ceci e baccalà.
Francesco porta i ragazzi dove un tempo c’era la pizzicheria di suo nonno (a Roma, ancora oggi, i pizzicagnoli sono botteghe dove si vende al minuto salumi, formaggi e altri generi alimentari). Vendeva principalmente mortadella, formaggi e condimenti. Allora si usava molto il lardo e veniva venduto sfuso nei cartocci, così come le marmellate. Per fare il sugo anche la passata era venduta a etti, su carta oleata, una densissima conserva di pomodoro da diluire con acqua durante la cottura.
Il giro corre veloce, lo sguardo è confuso tra la paura di non finirlo e la voglia di andare ancora un vicolo più in là, ancora un anno indietro nel tempo. La calma di un Rione senza i ritmi delle grande arterie cittadine prende il sopravvento e a fine giro i ragazzi si ritrovano a fare colazione con il pane caldo cotto a legna del pastificio Renella in Via Del Moro.
Francesco ringrazia i ragazzi per aver condiviso un pezzo della storia della sua famiglia. Un senso di rispetto e stima li ha uniti.
Tutti dovremmo ogni tanto ricordare da dove siamo partiti. Da una Roma città aperta fatta di profumi e povertà, cose semplici ed eterne, carte oleate, scampoli di tessuti e osterie dove è nata una cucina povera ma genuina che ancora oggi vende uno stile unico in tutto il mondo.
Conoscere la propria storia ci insegna a rispettare il nostro futuro. Oggi Roma grida la voglia di un riscatto dal degrado e dall’incuria, perché in fondo Roma siamo noi, non c’è alternativa. L’azione politica la realizziamo ogni giorno in strada, correndo in scooter o con gli amici tra le vie di una città unica. Grazie Roma, grazie alla Famiglia Sammarco.