Vitamina Running Team e la decisione di fermarsi

VITAMINA RUNNING TEAM, una delle più belle realtà podistiche romane, dopo 10 anni di prestigiosi risultati sportivi ha deciso di chiudere i battenti.

Pasquale Prencipe, in arte Paco Guastafeste, tra i soci fondatori del gruppo e speaker di gare ed eventi podistici a Roma, ci racconta perché la squadra ha deciso di fermarsi davanti a un mercato che sta stravolgendo quelle che erano le sane abitudini del running amatoriale.

Era il 2011 quando con Marco Marinelli decidemmo di dare un’identità più definita al nostro gruppo di allenamento guidato dal compianto Armando Martini e nacque così VITAMINA RUNNING TEAM.

Ordinammo 20 tute e 20 canotte, il nome era quello della mia vecchia agenzia, la scelta dei colori fu dettata dall’unica fornitura disponibile in quel momento.

Il materiale non fece in tempo ad arrivare che dovemmo subito effettuare un nuovo ordine: un discreto numero di atleti assoluti e master rimasero affascinati da questo nuovo progetto.

Vitamina proponeva un’alternativa alla canonica società podistica romana, pochi atleti ma di qualità.

In poco meno di due anni il team era al completo e tra gli associati regnava uno spirito di sana competizione che faceva degli allenamenti dei veri e propri momenti di gara e divertimento.

 i colori del Vitamina Running Team
Paco in gara con i colori del Vitamina Running Team

Questa voglia di migliorarsi continuamente, unita alla giovane età della maggior parte di noi, fece di VITAMINA una delle squadre più interessanti del Lazio.

Memorabile fu una Corsa della Befana in cui una neo associata chiuse la sua gara in 60′ e, quando andò a recuperare lo zaino al gazebo, lo trovò smontato con mezza squadra al bar a fare colazione…non la vedemmo più.

Dopo 10 anni, nel 2021, VITAMINA RUNNING TEAM chiude i battenti per vari motivi che, grazie allo spazio concessomi da STORIE CORRENTI, proverò ad analizzare.

Quel gruppo di ragazzi spensierati oggi non è più tale.

Figli e problemi della vita di tutti giorni, che non solo non ci permettono più di organizzare, ma spesso neanche di correre.

Dalla poca disponibilità di tempo nasce l’esigenza di affidarsi a società che si occupino di tutto per tuo conto.

Quando iniziai a correre (metà del 2000) il pre gara del podista medio era più o meno sempre lo stesso: zaino in macchina, 5€ nel pantaloncino, fila al gazebo, riscaldamento e gara e, se eri bravo, tornavi a casa con una lonza.

E nel 2021?

Per gran parte degli eventi, l’iscrizione va comunicata con largo anticipo dal presidente e gli unici pagamenti possibili sono digitalizzati.

Il ritiro pettorale avviene entro 24h dalla gara all’interno di centri commerciali, negozi specializzati o simili e se il giorno dell’evento la tua squadra non mette a disposizione un gazebo ed una persona addetta alla consegna dei pettorali e alla gestione economica di questi, parteciparvi diventa impossibile.

In ultimo, è sempre più alto il rischio di trovare il lunotto della tua auto in frantumi, dopo che qualche malvivente (che segue con meticolosità il calendario delle gare) rovini la tua domenica impossessandosi di chiavi, telefono, portafoglio e chissà cosa altro ancora.

Questi sono alcuni dei motivi per cui spariscono le piccole società così come spariscono le manifestazioni secondarie;

il tutto è sempre più polarizzato verso le uniche 5/6 realtà per cui la corsa non è solo passione, ma anche business.

Come operatore del settore non critico chi monetizza sul running, lo faccio io per primo lavorando come speaker, così come giustifico il tanto discusso aumento delle iscrizioni, inevitabile considerando l’aumento spropositato dei costi.

Detto ciò mi chiedo che fine faranno le società di quartiere o le corse di paese che sono il primo momento di aggregazione e di cooperazione no profit.

Inizi a correre perché vuoi indossare la canotta con il nome del tuo quartiere o perché da dieci anni c’è una gara che parte sotto la tua finestra e allora l’undicesimo anno per scommessa con il tuo vicino vuoi correrla anche tu.

Tutto questo che fine farà?

Dobbiamo rassegnarci ad un calendario ridotto a quei pochi eventi super brandizzati e “pompati” da radio e social, dove la cosa più elettrizzante è un selfie con alle spalle un muro colorato da decine di sponsor.

Roma vanta la manifestazione con più partecipanti in Italia, gara con riconoscimenti internazionali e con prestazioni di livello altissimo, ma il suo zoccolo duro restano i 3-4 mila romani che hanno messo per la prima volta un pettorale ad una CORRI AL COLLATINO, una NATALINA, una CORRI PER IL VERDE o altri eventi di questo tipo.

Cosa succederà quando queste ultime spariranno e resteranno solo gare di cartello?

Cosa accadrà quando a Roma si passerà da centinaia di ASD ad una decina al massimo?

Lo scenario che si profila è molto simile alla tanto discussa Superleague del calcio:

pochi eletti per pochi eventi, ma non dimentichiamo che un bravo organizzatore è tale quando nel suo CV vanta l’organizzazione di cento gare minori, e a quel punto può organizzare un grande evento, così come un PB alla ROMA-OSTIA è frutto di sudore in gare di periferia tutto l’inverno.

Mi tengo ben lontano da affermazioni tipo “Era meglio quando…” o “Te ricordi ‘na volta…”.

Il mondo va avanti e rimpiangere il passato equivale a fermare il vento con le mani.

Non dimentichiamo, però, che il movimento arriva in alto se le fondamenta sono forti, altrimenti si rischia di ritrovarci da qui a qualche anno con gare che diventeranno solo una schermata del Garmin da postare sui social o una foto in cui gli hashtag saranno di gran lunga più importanti delle emozioni e della fatica che solo questo sport è in grado di regalarci.

Paco e Marco Marinelli