Peppe Minici, atleta top runner, massofisioterapista e Presidente dell’Asd Piano ma Arriviamo. Da dove sei partito per arrivare sino a qui?
Sono nato in provincia di Reggio Calabria e devo dire che l’atletica ha sempre fatto parte della mia vita. Ho iniziato con i giochi della gioventù e facevo la prima media e da subito iniziai a vincere nelle gare. Poi conobbi il tecnico Giuseppe Ruggero avevo solo 15 anni e vinsi i campionati nazionali. Da lì è iniziata la mia carriera atletica e anche lo studio della fisioterapia. Lui per me è stato come un padre. Tutti i risultati li devo a lui. La prima Maratona a Piacenza a 23 anni arrivai terzo in 2h e 19.
La carriera di atleta mi ha portato ad entrare nell’esercito e da lì ho sviluppato la mia carriera da fisioterapista.
Devo dire che tra le persone che mi hanno cresciuto a livello umano e professionale devo ricordare Gianfranco Balzano. Il mio percorso nella corsa e nella fisioterapia è stato un esempio, una guida. Una colonna portante. Lui è stata una persona fondamentale e tutt’ora lo è.
Quando nasce “Piano ma arriviamo“?
Era il 2016 e nonostante il covid tutt’ora continuiamo a crescere. Il nostro segreto?
Non devi pensare al risultato. È giusto il senso agonistico ma l’atleta non deve competere con il compagno di squadra. A noi interessa avere persone che vogliono divertirsi, fare squadra stare insieme. Alla Maratona di Padova siamo andati in 27. Un’esperienza di gruppo stupenda.
Il risultato è relativo, non deve essere un’ossessione e questo vale anche per il top atleta. Il top atleta deve rispettare anche l’ultimo. Se ci metti 32 minuti a fare un 10.000 hai lo stesso valore di chi ci mette 1h e 30 minuti. Quello che amiamo di più delle nostre gare è il terzo tempo. Il fine gara è il momento più emozionante.
Nel mondo del running, spesso ciò che guida è l’interesse o gli interessi. Come ti rapporti a questa realtà?
Non sono così e non sarei capace di creare una squadra a scopo di lucro. In queste squadre le persone sono numeri e per noi non è così. Noi oggi siamo in 265 tesserati, siamo 265 persone, atleti e ognuno ha il suo valore.
Avete anche top runners.
Si da noi abbiamo molti atleti forti, ma per noi l’atleta è prima di tutto una persona.
Non li carichiamo di responsabilità, l’atleta è una persona prima di tutto.
Il nostro valore più grande è quello delle persone. Se tu sei in difficoltà in gara, nessuno dei nostri atleti ti lascerà mai solo. Anche a livello internazionale ci siamo organizzati per tante trasferte insieme. Anche in Italia tantissime trasferte, a novembre andremo a Verona e saremo in tantissimi.
Nel futuro cosa vorresti mettere in campo?
Mi piacerebbe realizzare una gara nostra.
E l’amore quando è arrivato?
Nella corsa ho conosciuto Laura mia moglie, l’amore della mia vita. Nel 2019 ci siamo anche sposati ed è tutta una vita vissuta nella corsa a 360 gradi.
Tra 10 anni cosa vorresti realizzare?
Come sportivo mi sento realizzato e spero che la nostra squadra sia sempre così come ora. Come professionista mi sento soddisfatto e felice e anche questo lo faccio con il cuore.
L’atletica romana in cosa potrebbe migliorare?
In tanto. Il mondo amatoriale è diventato un mondo di professionisti ed è troppo un business. Il mondo amatoriale è cresciuto tantissimo, ma il mondo amatoriale deve restare tale. Il business lasciamolo ad altri settori, noi vogliamo l’atletica, quella che c’era prima, senza interessi.