Acido Lattico, il romanzo scritto da Saverio Fattori, sono trascorsi dieci anni esatti dalla sua pubblicazione. Una vicenda sul doping nel mondo dell’atletica, una vicenda che scava nelle bassezze della vita di un atleta. Di chi si rifiuta di arrendersi davanti ai propri limiti fisici. Ho finito di rileggerlo ed è come se non fosse passato neanche un giorno dalla sua uscita.
Con Saverio ci scriviamo da tempo, scambiando punti di osservazione, dalle gare e dalle bacheche dei social network da cui ci affacciamo. In fine c’è il magazine Correre, su cui contribuiamo mensilmente con articoli diversi. I nostri sono angoli e strade necessare per non chiuderci su argomenti vicini al estremismo da start line o a manie podistiche ruvide come il tartan.
Saverio è un autore senza maschere, non ti prende per il culo sa essere scomodo e affilato come 20 giri di pista con recupero attivo. Conosce l’animo umano di chi corre, dei fantasmi e miraggi di successo.
“Per fare dieci mille a 2’50 devi scendere in pista con il cervello pulito, niente scorie, già è un macello così, figurarsi se nei due minuti di recupero tra una ripetuta e l’altra ti assalgono altri fantasmi.” Come riporta in uno dei suoi ultimi articoli nel suo blog.
Acido Lattico è un testo ancora vivo e pulsa sotto le fasce muscolari di schiere di atleti sopravvalutati, forse, sfiniti da preparatori incapaci, probabile, ma che in ogni caso ancora sperano di vincere senza soffrire.
E’ una vicenda in cui si indaga sul mistero di un suicidio e la faccia oscura dello sport professionistico. L’atletica leggera a livelli d’eccellenza è preparazione estenuante e dedizione assoluta.
“La competizione sportiva è sempre più spietata”, scrive l’autore in un passaggio importante del libro, “come gettare delle uova contro un muro: quelle che non si rompono diventano pulcini di campione, le altre diventano frittata; quei dilettanti che ingrassano le fila della maratona di New York, arricchendo spregiudicate case farmaceutiche.”
Li conosce bene quei dilettanti, lui che di maratona non ne vuole sentire parlare e che comunque da bambino non voleva fare il pompiere, né l’astronauta. ma “come tanti sognavo un giorno di entrare per primo allo Stadio Olimpico salutato dalla folla.” racconta.
Leggere Acido Lattico è come aprire una vecchia scatola maleodorante lasciata in cantina. Ti apre ad una verità negata da molti e di cui tutti conoscono. Andrebbe letto a scuola, nelle ore di educazione fisica, durante i viaggi con le squadre giovanili alle trasferte dei meeting sportivi. Basterebbe a poco lo so, ma forse farebbe meno danni di tanti profili nei social network di campioni troppo belli per essere veri.