Roma e il running: dove eravamo rimasti?

A Roma si sta per concludere un’estate di calde speranze sul fronte podistico. Nonostante le migliori intenzioni faccio fatica a capire cosa stia succedendo.

Il movimento del running è fiacco ultimamente.

Senza slanci di spessore. Ripetitivo, chiuso su se stesso. Tutto uguale e niente di cambiato.

Maratona di Roma a parte, per cui finalmente è stato aggiudicato in via definitiva l’affidamento in concessione del servizio di organizzazione.

Il resto del panorama sembra senza grandi novità.

Siete pronti a rifare per la milionesima volta la stessa gara? Avendo di nuovo solo il modello di scarpe, a spendere sempre più soldi per l’ennesima trasferta alla maratona internazionale?

Mettici un po’ dieta per sentirsi più vivi, un brivido di eccitazione per qualche ripetuta in pista, poco entusiasmo in giro e parecchia routine.

Mescola bene ed ecco che siamo già a fine anno. Stappa la bottiglia e ricominci da capo, stesso passo, stesso pasto.

Diciamocela tutta, per noi che viviamo il running con un approccio competitivo è come suonare il De Profundis!

Nell frattempo, se ci sono organizzatori che rischiano investendo denaro e idee in una gara che sfida la notte di Roma e il traffico cittadino, si vedono arrivare il conto del Comune per il servizio dei Vigili di 30 mila euro.

Ma il percorso non era stato stabilito da tempo? Il tavolo dei servizi sapeva benissimo quante forze in campo ci volevano, allora perché presentare una spesa proibitiva a pochi giorni dalla gara?

Se è vero, come dice Valerio Piccioni che “Lo sport su strada è stato in questi decenni il modo in cui milioni di italiani hanno cominciato a fare sport”, perché ogni volta non c’è una politica dello sport che protegga l’imprenditore virtuoso e assicuri contiunità e innovazione a vantaggio dell’utente finale?

Quale è il rischio? Che i runner sentano il bisogno di tornare alle origini, come in tante capitali europee: corsa tranquilla, una chiacchiera con gli amici, corsette tra padre e figlia, tra studenti a ridere e scherzare.

…insomma una corsa più gioiosa e meno problematica, smontata di tutti gli orpelli ego-tecnologici (il garmin più aggiornato, la maglietta fica, la scarpa ultraleggera.)

Una forma diversa di consumare il prodotto running con più relax e sorrisi e via a tutte le diatribe su dopati, tema che a noi che corriamo per stare bene ci interessa come quando la NASA scopre un nuovo esopianeta.

Le foto degli imbucati che per noi che compriamo pettorali a tutti i costi, hanno la stessa valenza di uno che arriva davanti alla sbarra del casello ma senza il telepass, di fatto sono perdite di energie e tempo e nevrosi da leoni da tastiera.

In fine proviamo ad andare oltre le diatribe sui balzelli delle gare e discussioni su assegnazioni di cui non ne possiamo più.

Sarebbe bello pensare ad un tavolo di impegni con attorno i presidenti delle società romane, per valutare anno per anno le cose da migliorare o le idee da portare avanti.

Una energia nuova, che si ponga come attore centrale nel panorama del running, in grado di essere forza propositiva e, se necessario, vincolante, per proteggere, non solo in strada, tutti noi che corriamo.

Ben tornati runners!