Ho cominciato a correre poco più di un anno fa, quando non si poteva. Cioè, si poteva se era jogging ma non se era running.
Quello che facevo io era jogging, in effetti, ma non lo sapevo ancora. Perché non avevo mai corso prima in vita mia. Oddio, qualche volta avevo corso, per non perdere l’autobus, magari quello sì, ma senza troppa convinzione. Non m’è mai dispiaciuto perdere gli autobus, tranne quando piove.
Poi c’è stato il lockdown, e i runner sono diventati untori, e sembrava fosse colpa loro se c’era il virus nel mondo. E in quel momento, a me, m’è venuta una gran voglia di correre. Ho pensato: «Lo faccio per qualche mese, poi smetto. Lo faccio finché ce l’hanno tutti coi runner, poi smetto».
Per questo ho cominciato. Un minuto di cammino, un minuto di corsa, così ho cominciato.
Non ne sapevo niente della corsa, non sapevo ancora quant’è lungo un chilometro, né quanto tempo ci vuole per correrlo tutto.
Non sapevo che le scarpe da corsa sono diverse da quelle per passeggiare, non avevo mai portato un cronometro al polso, non sapevo cosa fosse un allungo né una ripetuta.
Non sapevo chi fosse Kipchoge, ma nemmeno Zatopek. Non avevo mai letto Bornto run ma avevo già sentito parlare dei Tarahumara, in un libro di Antonin Artaud che non mi ricordavo di aver letto.
Poi ho imparato. Sto ancora imparando. Ho imparato quant’è lungo un chilometro e che il primo che corro è sempre quello più faticoso. Ho capito quali scarpe mettere per correre e come si usa un cronometro. Ho scoperto chi è Kipchoge e chi è stato Zatopek, ho letto Born to run e mi sono ricordato di Artaud.
La prima volta che ho corso 10 chilometri senza fermarmi mi sono sentito invincibile. La prima volta che mi sono infortunato mi sono sentito perso. E tra l’altro non avevo idea che nelle mie gambe ci fossero così tanti muscoli e che ognuno di quei muscoli avesse un nome tutto suo.
La prima volta che sono andato da un fisioterapista per uno stiramento quello mi ha chiesto: «Cos’ha?» e io gli ho risposto: «Mi fa male qui» disegnando con l’indice un cerchio grosso come una mela, e allora lui mi ha detto: «Eh ma lì si incrociano almeno quattro muscoli diversi, mica possiamo riaggiustare tutta la gamba?».
Poi lo stiramento se n’è andato, c’è voluto un po’ di tempo ma se n’è andato, e io ho ripreso a svegliarmi la mattina presto per andare a correre, a cercare compulsivamente sul telefono un nuovo paio di scarpe da comprare e a immaginare un prossimo obiettivo da raggiungere.
Poi l’obiettivo l’ho trovato: una mezza maratona, ho pensato. Non l’ho mai corsa una mezza maratona. Ce ne sarà una il 7 novembre, a Roma. Chissà se riesco a preparami. Se ci riesco, sarà un’altra prima volta per me, la prima volta che corro una mezza maratona. Vediamo.