Per molti la fase 2 iniziata il 18 maggio con molte riaperture e ancora maggior libertà ha rappresentato un’ulteriore svolta positiva, un riassaporare sempre più libertà, un ritorno a molte attività usuali interrotte dal lockdown e quindi la possibilità di sperimentare un nuovo e rinnovato benessere.
Per altri…invece no.
Oggi scrivo a loro.
A coloro che hanno ripreso a correre lontano da casa e insieme agli amici a distanza di sicurezza, a coloro che hanno potuto andare a trovare parenti e amici, che hanno organizzato passeggiate nei parchi e sul lungomare, che sono andati a comprare le scarpe nuove in un negozio e sono tornati a giocare a tennis…ma che non hanno ritrovato la loro vita precedente, che non arrivano a sera e possono dire “oh ecco! Finalmente sto bene, la normalità sta tornando e nonostante la mascherina e il distanziamento sociale sento di aver ritrovato me stesso e la mia vita”.
Si tengono nascosti, non lo dicono, perché tutti gli altri sono contenti, fiduciosi, tutti scrivono sui loro profili Facebook e Instagram che effettivamente ce l’abbiamo fatta.
La realtà è oggettivamente migliorata, ma per alcuni non basta per sentirsi meglio. Per sentirsi usciti dalla crisi che il lockdown ha generato.
Ma dirlo sembra irriverente… sono tutti felici e io che faccio? Rovino la festa? Faccio il depresso o l’uccello del malaugurio? Sono strano io? No no…me lo tengo per me….
E il malessere allora più scavare piccoli buchi. Ai quali dobbiamo stare attenti.
Le emozioni e i pensieri negativi, se li ignoriamo, prendono spazio e riempiono questi piccoli buchi.
E allora noi, come piccoli carpentieri, ci dedicheremo a quei piccoli buchi. Senza avere fretta di chiuderli con una passata veloce di malta. Ci staremo intorno, li osserveremo, andremo a cercare il materiale buono con il quale riempirli.
E il materiale buono dove lo trovo?
Lo posso andare a cercare in quel bagaglio di risorse che ho creato e curato durante i due mesi di isolamento….
Aaah! Ecco a cosa serviva fare tutto quel lavoro mentale!
Ecco perché ho cercato la motivazione per alzarmi al mattino ed andare a correre anche se non c’erano gare!
Ecco perché ho dedicato del tempo ad imparare a respirare ascoltandomi!
Ecco perché sono andato a cercare più volte su google cosa significasse antifragilità e ci ho lavorato sù!
Ecco perché ho stretto i denti e non mi sono abbandonato sul divano a mangiare patatine fritte!
Il materiale buono è tutto lì, dentro di noi.
Il lavoro da fare oggi è ricordare di averlo e ricordare dove lo abbiamo messo (la nostra mente è come la casa: non ruba ma nasconde!).
Non serve pensare a chi sta peggio di noi…mal comune mezzo gaudio non funziona.
Bisognerà usare le strategie di fronteggiameto e gestione che abbiamo affinato quando ci siamo ritrovati privati della nostra vita, impauriti e chiusi in casa.
Abbiamo trovato un modo in quel periodo, troveremo un modo in questo.
La cosa bella delle strategie e dei processi mentali che creiamo è che anche se li abbiamo generati per una situazione particolare questi rimangono come procedure acquisite da riutilizzare, adattandoli in ogni altra occasione in cui siamo in sofferenza… come le addizioni: le imparo alle elementari per fare i compiti poi mi tornano buone quando devo calcolare se ho soldi abbastanza per comprarmi le caramelle e anche il gelato!
Anche coloro i quali oggi non si sentono sollevati e felici per questa fase 2 torneranno a tirare quel sospiro di sollievo come quando finiamo un allungo o tagliamo un traguardo.
Qualche giorno fa Kilian Hornet ha rilasciato un’intervista che conclude con questa frase: Dentro ogni crisi c’è un’opportunità.
Andiamocela a prendere!
Cecilia Somigli
cecilia.somigli @ gmail.com
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