Dipinti in cerchi – diciassettesima puntata

Jorge assiste al momento della chiusura di sua moglie nella bara come a un pezzo di vita, interamente quella di BluRose, per tre quarti la sua, che viene serrato in modo incontrovertibile. Il rumore dei chiodi, l’ultimo sguardo sul suo volto, l’ultimo controllo sull’assenza di respiro, l’incapacità di lasciar andare un corpo o di concepire come possibile, o addirittura auspicabile, la separazione del corpo dall’anima.

Troppo per chiunque. Anche per un uomo di successo, ipersolido nel suo percorso di crescita umana e professionale, con tante storie d’amore alle spalle, di media importanza, di trascurabile intensità, fiammeggianti ma poco durature, Uno che ci mette un istante a inquadrare una situazione, a capire il da farsi, a muoversi nella direzione giusta, col passo adatto, con le pause e le accelerazioni naturalmente esatte, senza doverci riflettere. Adesso non capisce proprio quale sia il da farsi, invece, si lascia andare al cammino tracciato dalla necessaria burocrazia, sale sull’aereo con la bara ( ancora in cielo, amore mio? Perdonami se non ti porto subito sulla terra ), lascia il suolo turco maledicendolo.

Maledicendo il suolo come il cielo. Per fortuna il volo stavolta è un diretto e spera di trovare un briciolo della sua energia mettendo piede a Genova, tra qualche ora. Un’energia che dovrebbe tenerlo in piedi un passo dopo l’altro, che dovrebbe consentirgli di raggiungere Merano il prima possibile, di dare il via alla più grande scommessa professionale della sua vita, proprio mentre la sua esistenza sentimentale si spegne. Prende il suo posto, vestito con la giacca di velluto blu a coste larghe e la camicia bianca potrebbe sembrare in viaggio d’affari o addirittura in vacanza.

Preferisce tenere gli occhiali da sole per nascondere sia gli occhi che i pensieri. Ogni tanto si alza e va a toccare la bara che è stata piazzata in una sorta di piccolo ripostiglio quasi completamente in orizzontale, sembrava non entrasse, ma nessuno ha avuto il coraggio di proporre a Jorge che il corpo di sua moglie viaggiasse in verticale e, alla fine ,hanno trovato una soluzione adeguata, spostando scaffali e piccoli arredi da backoffice, presenti sul velivolo. Controlla che non si sposti, che sia stabile, che non crolli come tutto il suo mondo emotivo, privo di riferimenti e di certezze. Prima fra tutte, il biglietto.

L’assenza, d’accordo, la consapevolezza di non avere a che fare più con BluRose lo spezza, lo piega il fatto di non sapere cosa sia di lei, se riesce ad amarlo anche da fuori il mondo, ma il biglietto lo arrovella da quando l’ha letto. L’ipotesi che non sia destinato a lui l’ha contemplata per la prima volta solo quando è tornato a guardare BluRose in obitorio.

L’amore è una cattedrale in fiamme. E cerchiamo sempre di seguire la scia del fumo che fa. Grazie per il tempo passato insieme. Un tempo interrotto, un tempo rubato ad altri, probabilmente anche a noi stessi.

Un tempo rubato ad altri. Un amore da inseguire. Un amore cattedrale in fiamme. Non sente che gli somigli molto questa definizione. Non somiglia a lui, non somiglia a lei, non somiglia al loro amore. Non somiglia alla costruzione del loro amore, al punto in cui erano arrivati. Viscerale, necessario, ma non fiammeggiante, non da inseguire, non da rubarlo ad altri, men che mai a loro stessi. In volo gli tornano brandelli di conversazioni, sorrisi, battute, appuntamenti, ritardi, sorprese. Si ritrova a cercare falle della loro unione, piccoli discorsi lasciati andare, incomprensioni, segnali.

Lo scanner rapido della memoria non trova nulla, nessun ricordo che vada in quella direzione. Certamente, se BluRose avesse voluto avere una storia parallela, avrebbe potuto. A volte passavano anche cinque giorni senza vedersi, a causa dei rispettivi impegni di lavoro. Non si può escludere a priori, pensa Jorge, almeno dal punto di vista pratico-logistico, ma gli sembra impossibile sotto l’aspetto strettamente sentimentale. Non ricorda un momento di crisi, una battuta d’arresto, un’assenza di cuore, una mancanza, una distrazione. BluRose sembrava costantemente protesa verso di lui e concentrata e presente. E pretendeva lo stesso, che le veniva puntualmente dato. E quindi, un’avventura trascurabile avrebbe potuto anche aver luogo, senza alcuna conseguenza, ma non una storia con tutti i crismi, come invece sembrava raccontare il biglietto con la cattedrale in fiamme, la scia da seguire, il tempo interrotto e rubato, il ringraziamento da saluti finali.

E se fosse invece un semplice annuncio di suicidio questo ringraziamento per il tempo passato insieme? Ma sarebbe meglio un suicidio o un tradimento? Nessuna delle opzioni può in alcun modo tranquillizzare Jorge. Prima di spegnere il cellulare, scrive a Malvina:

Arrivo in Italia domattina presto. Il funerale sarà in forma privata, a Genova. Almeno così vorrei e questo avrebbe voluto lei. Non so se riuscirò ad esserci a Roma. A presto.

L’aereo decolla e lo raggiunge un sonno profondo. Nello stesso istante lo striscione sul Ponte Morandi viene riavvolto, vengono ritirati tutti i manifesti con l’immagine di Orlando Spilimbergo e distribuiti quelli con la foto di Bengala Bassani, in gran fretta e su larghissima scala.