Jorge la guarda con tutta la vita che gli sta passando davanti. Gli anni difficili dell’infanzia ad Andorra, gli studi a Madrid, i primi batticuori, le folgorazioni, la prima moglie, il mancato arrivo di un figlio, gli incarichi sempre più importanti, le docenze, gli applausi, la direzione dei teatri, le giurie, i successi, gli inchini, i piccoli compromessi, la creazione di un team in un progetto all’inizio, il giorno della fine del set, la sera della prima di uno spettacolo. E Blu. L’incontro in Sicilia, la fascinazione, la paura che non fosse reciproca o che finisse, che la fine arrivasse da lei, o da lui. E che invece è arrivata dal cielo.
-Non posso consigliarti nulla. Non devo. Sei speciale. Se starai al riparo, sarà un riparo speciale. Se starai altrove, sarà ugualmente una cosa tua, forte. E intensa.
I pensieri si affastellano come note in un accordo che diventa dissonante, poi riprende quota a livello armonico per perdersi di nuovo dopo, la voglia di esibire tutto quello che prova, fragilità ed insicurezze comprese, la sensazione infinita di sentirsi finita e piccola. Ed esposta. Altro che riparo! Questa voglia che cozza con una riservatezza millenaria, la smania di sincerità che fa a pugni con la timidezza e che fa rimanere le parole senza suono. Solo gli occhi stanno parlando a Jorge. Occhi affabulati, occhi diretti, occhi insostenibili.
Lui passa oltre, torna a guardare i monitor, il pensiero che torna alla scalinata delle caravelle e al giorno dei provini, alla voce di Blu, a quella dell’uomo, alle frasi disconnesse, al sentore di amore altrove.
-Jorge, stiamo per spegnere. Non diciamo nulla a loro, giusto?
-E’ un giorno rosa, non devono sapere niente.
-Okay, volevo solo una conferma. Ragazzi, preparatevi allo stop! Chiudete sul primo piano appaiato di Vanessa e Virginia. Lei adesso dovrebbe raggiungerla davanti alla tela. Eccola, lo sta per fare. Cominciate a stringere. Stringete. Bravissimi. Adesso, Jorge?
-Adesso!
-Stop!
Eraldo ha lanciato un ultimo sguardo alla ragazza ed ha ripreso il cammino verso il suo laboratorio, Hegel al suo passo, accanto. La botta dello schermo gigante con i volti vicini di suo figlio e della madre di lui lo ha devastato. Gli è stata proprio sferrata a tradimento, all’inizio, come uno scherzo gigante del destino, un poster delle menzogne che non ce la fanno ad arrivare fino al traguardo dell’esistenza terrena, un manifesto del rimpianto e del rimorso in un formato e con una condivisione crudeli e inaccettabili. Gli ritorna su il primo sguardo di Michelle a Verona, nel 1989. Lei che beve acqua dalla fontanella e subito dopo si tampona una lieve ferita al ginocchio con un fazzoletto:
-Ti sei fatta male?
-No, male no, ma, insomma…
-Sei caduta?
-Più o meno, una botta.
-Cammini per la strada e prendi botte? Guarda dove metti i piedi.
Lei lo guarda mentre continua a bere.
-Perché sei qui? Oltre che per fare battute scontate di approccio,
-Non sai nulla della manifestazione?
-Quale?
-Quella per i diritti degli studenti di ogni ordine e grado. La Pantera, le occupazioni in tutta Italia. Non vai all’Università ?
-Sì che ci vado.
-E non avete ancora occupato?
-Non che io sappia.
-Mi sa che sei troppo ricca per occupare.
-Ma pensa? Il militante di sinistra che spara sentenze appena incontra una che si lava.
-Lo vedi? E in che facoltà saresti?
-Lingue e letterature straniere moderne.
-Ma non alla statale, immagino.
-Non lo saprai mai. Io vado.
-Dove?
-Ad occupare.
-Attenta a non prendere altre botte!
Il primo sorriso, da lontano, dopo una decina di passi di allontanamento, di una serie continuamente interrotta. Fughe e avvicinamenti, lentezze ed accelerazioni a scandire i movimenti di una storia che nessuno dei due saprebbe definire, nella durata, nella serietà , nella verità . Nessuno dei due ha mai capito l’inizio, la fine, lo stallo, la pausa lunga, quella breve, la guerra, la pace di Eraldo e Michelle insieme. Mai amici, mai complici, mai confidenti, mai intimi. Molto sesso, molti conflitti, mai il quotidiano, sempre lo straordinario, la ricerca dello stesso. Le altitudini e le bassezze. Tre giri di inferno e mezzo di paradiso. Viaggi di conferma, viaggi di inseguimento, viaggi smessi e poi ripresi, viaggi di accompagnamento, viaggi di conoscenza. Sorrisi ed urla. Farsi male anche a distanza, viversi poco ma amarsi ferendosi. Tradirsi. Fuggirsi. Amarsi male. Amarsi peggio.
Peggio di così è impossibile.
Io ti odio.
Non ci lasceremo mai.
Non è una storia seria.
Non è quello che comunemente si chiama amore.
Sono incinta e non lo voglio.
Lo voglio io.
Non posso tenerlo.
Lo tengo io.
Tuo figlio è nato, non deve saperlo nessuno, vieni a prenderlo.
Ma dove eri finita?
Vieni a prenderlo e io per te da oggi sono morta.
Dove siete?
Annecy. Sbrigati. Non voglio vederlo, non voglio sapere che faccia ha.
Parto subito.
Io per te da oggi sono morta e lui per me non è mai esistito.
Non è mai esistito.
Non è mai esistito.
Fidel, invece, esiste e da oggi è accanto a sua madre sotto gli occhi di tutti.