Ex ciclista professionista, specialista nelle fughe da lontano e considerato uno dei migliori gregari nei primi anni novanta.
Ha all’attivo 27 vittorie – tra cui due tappe al Giro d’Italia – e oltre 1500 corse, tra cui 12 Giri d’Italia, 9 Tour de France (dove ha indossato la maglia a pois) e 9 partecipazioni ai campionati del mondo; attuale Commissario Tecnico della nazionale italiana maschile di ciclismo su strada.
E’ stato un vero piacere, oltre che un onore, scambiare due chiacchiere con Davide Cassani.
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-Ciclista professionista fino al 1996, commentatore delle gare ciclistiche per la RAI, CT della Nazionale Italiana di Ciclismo dal 2014. In quale delle 3 vesti ti sei sentito più realizzato?
“Ma, sai, il mio sogno da bambino era quello di correre in bicicletta e il primo amore non si scorda mai. Quindi l’esperienza di ciclista è stata senz’altro la più importante della mia vita, perché l’ho cercata per tanti anni e quando l’ho raggiunta mi sono sentito felice, appagato. Anche se poi fare il commentatore sportivo è stata una esperienza straordinaria e non ti dico quella da commissario tecnico che sto vivendo adesso. Mi sono innamorato del ciclismo quando mio padre mi portò a vedere un campionato del mondo, a Imola nel ’68, avevo 7 anni. La maglia azzurra è sempre stata la mia seconda pelle.”
-Cosa ti ha insegnato ognuna di queste esperienze nella vita di tutti i giorni?
“Il ciclismo mi ha insegnato a lottare, mi ha fatto capire fin da subito che per ottenere un obiettivo bisogna “pedalare”, darsi da fare, sacrificarsi. Il lavoro del giornalista mi ha fatto capire che, intorno ad una corsa, ci possono essere anche tante altre cose belle e importanti da vedere, come un museo, una cattedrale. E mi ha insegnato ad essere più informato. Per parlare in televisione ho capito che le cose bisogna saperle, quindi ho cominciato a studiare, ad approfondire, a relazionarmi di più con tutto il mondo che mi circondava. Il lavoro da Commissario Tecnico? Bè, gestire una squadra non è semplice. Da corridore dovevo gestire me stesso, dovevo cercare di dare il meglio, da commissario tecnico ho imparato a far dare il meglio a tutti i corridori che ho, e a farli andare d’accordo.”
-Dal ciclismo professionistico al podismo amatoriale. Come è stato il passaggio?
“Per tanti anni ho corso solamente in bicicletta. Quando ho smesso mi sono detto: “Adesso cosa vuoi fare di bello?”. Visto che viaggiavo molto e non potevo andare sempre in bicicletta, essendo “malato” di sport, ho cominciato a correre, spinto in ciò da un mio carissimo amico, Gianfranco Comanducci della RAI, che mi ha “sfidato” in una mezza maratona a Firenze, tanti anni fa, nel 1999. Ho cominciato così. Ed essendo un po’ agonista (togliamolo quel po’!) ad un certo punto mi sono detto: “Ok, correre mi diverte, però devo avere un obiettivo”, e così ho accettato una nuova sfida del mio direttore di RAI Sport, che non pensava che, con soli due mesi di preparazione, avrei potuto chiudere una maratona in meno di 3 ore. Ho fatto la preparazione, sono andato a Milano, ci ho provato, e ho chiuso la maratona in 2 ore 59 minuti e 30 secondi. Una fatica della ……! Però sono riuscito nell’obiettivo!”
-Cosa hanno in comune e cosa di diverso Davide ciclista e Davide runner?
“Il Davide ciclista era veramente maniacale. Non essendo un fenomeno cercavo comunque di ottenere il massimo da me stesso, quindi non lasciavo nulla al caso. Ero un vero professionista, e cercavo di trarre il 100% dal mio fisico.
Il Davide runner ci mette un po’ di quella costanza, ma ci mette anche molta più voglia di divertirsi, di stare bene, quindi si pone degli obiettivi “facili”, raggiungibili. Ha un approccio un po’ più amatoriale alla corsa.
Anche se, quando arrivo a ridosso dell’evento, torno con la mentalità del professionista, e per una settimana non lascio nulla al caso. E la cosa mi piace, mi diverte, perché mi fa tornare indietro con il tempo.”
– Sono “compatibili” i due sport?
“Posso dirti che io mi trovo benissimo nel fare l’uno e l’altro. Correndo vado poi bene in bicicletta, e il ciclismo mi permette di andare forte anche in corsa. Ed è veramente l’ideale, perché così corro meno, con meno rischi di farmi male. Tanto per dire, quando ho fatto la maratona in 2 ore e 45 min i lunghi li avevo fatti in bicicletta. In corsa avevo fatto al massimo 26 km. E in questa maniera non mi sono mai fatto male, non ho avuto problemi. Quindi un giorno bici, un giorno corsa, quando posso, non mancano mai!”
-Maratona in 2 ore e 45 minuti, passatore in 9 ore e 28 minuti. Non male! Prossimi obiettivi?
“No, non male. Sono contento, perché mi ero messo in testa di fare una maratona in meno di 4 minuti al km, e ci sono riuscito. Per quanto riguarda, invece, la 100 km, avrei voluto farla in 9 ore, ma non ci sono riuscito perché non mi ero allenato abbastanza. Però le emozioni che ho vissuto in quella corsa sono state davvero tante. D’altronde quando parti senza sapere se hai la forza di arrivare perché entri in qualcosa di sconosciuto – io al massimo avevo fatto 60 km – è una bella sfida. Gli ultimi 20 km erano interminabili, le gambe non volevano più saperne di andare, ma era una situazione che avevo già provato da corridore, in qualche tappa del Giro e del Tour, e quando sono arrivato al traguardo ero l’uomo più contento di questo mondo, soddisfatto perché ce l’avevo fatta. Prossimi obiettivi? Ho ricominciato ad allenarmi, forse farò un’altra maratona. L’obiettivo? Stare dentro le 3 ore, perché se devo andare sotto le 2 ore e 45 minuti…no! Ho quasi 60 anni, e non voglio “morire” di allenamento per cercare di abbattere un mio record.”
-Quanto è importante per te avere un obiettivo?
“E’ fondamentale. E’ l’obiettivo che ti permette di gratificarti per quello che fai. Se io non ho un obiettivo, mi dico “ma si va, vado a correre domani…anzi no, vado dopodomani”. Perdo un po’ il gusto di fare le cose. In qualunque cosa devo sempre avere un obiettivo, nel lavoro come nello sport.
Però non bisogna porsi obiettivi troppo difficili, altrimenti diventa tutto uno stress. Bisogna porsi obiettivi raggiungibili, ma non facilissimi.”
-Anche Massimiliano Rosolino è un runner. In un’intervista ci ha raccontato che sta preparando la sua prima maratona. Ultimamente avete fatto un allenamento in bici insieme. Che consigli gli hai dato?
“Si a dicembre siamo usciti in bicicletta insieme…Ma io non devo dare consigli a Rosolino, perché lui è stato un grande campione e, quindi, sa esattamente quello che deve fare, come lo so io. Ho visto che in bicicletta sta migliorando, così come sta migliorando nella corsa, e poi ha diversi obiettivi in testa…e quindi è sulla strada buona per diventare un ottimo triatleta. Se io avessi il suo nuoto piuttosto, mamma sarei proprio forte…e invece niente…perché non so nuotare…anzi…annego proprio!”
Grazie ancora Davide. E in bocca al lupo per i tuoi prossimi obiettivi!
Claudia De Arcangelis