“Ma non è che mi sputtano in libreria?”. Di paura, tre anni fa, ce n’era tanta prima dell’uscita di “Corri. Dall’inferno a Central Park”.
Non bastava aver fatto per una vita il giornalista. Anzi, quella poteva essere un’aggravante nel caso di una storia banale o cucita male. La stessa paura ce l’ho adesso, dopo aver raccolto il gentile invito di Marco Raffaelli a raccontare questo anniversario del libro.
E la domanda, più o meno la stessa, risuona ancora nella testa: “Ma non è che mi sputtano su Storiecorrenti?”.
Primo, perché tutti i pezzi che leggo qui sono scritti benissimo (e non vorrei abbassare la media).
Secondo, perché a parlare di se stessi si rischia, a ogni paragrafo, di inciampare nel vezzo.
Allora, da dove comincio per non fare autogol ai miei buoni propositi?
Da un grazie a braccia aperte, rivolto in ginocchio come sotto la curva di uno stadio, a tutte le migliaia di persone che hanno adottato il libro e fatto loro, riempiendo il mio niente con il loro tutto.
Ogni giorno dal 22 marzo del 2018, grazie al grande affetto e alla grande generosità dei lettori, accade un piccolo miracolo legato al libro.
A volte, più di uno. In un passa parola di amore commovente e travolgente. Oltre le numerose ristampe (l’ultima pochi giorni fa), le recensioni, i premi, i “gadget” spontanei, la pubblicazione anche in lingua inglese e la trasposizione teatrale (con un tour in Italia e all’estero iniziato e poi congelato dalla pandemia).
Una corsa sulla scena che ha trasformato in runner “sfegatati” i componenti del cast: l’attore Sebastiano Gavasso, la musicista Giovanna Famulari e il regista Ferdinando Ceriani.
Tutto questo è niente di fronte a quello che mi hanno dato i runner e il resto dei lettori sparsi: la vera ricchezza, fatta dei loro nomi stampati nel cuore e della condivisione quotidiana di emozioni, cadute e rinascite.
Togliendo di fatto la mia firma dalla copertina del libro perché ormai appartiene solo A loro.
Tutti insieme in questo viaggio dall’inferno a una meta di cui Central Park è solo un vestito con dentro un sogno.
Che può essere favola o riscatto. O tutti e due insieme.
Molti hanno proprio cominciato a correre e a sognare, così giurano, dopo aver letto il libro.
Altri, così hanno scritto, hanno ripreso a farlo anche dopo un dolore che gli ha squarciato il cuore e fiaccato le gambe.
Mille giorni di me e di noi, facendo il verso a una canzone di Baglioni. E allora non posso far altro che rimettermi un’altra volta in ginocchio e ringraziare.
Tutti, lasciando le parole a una di noi, Ludmilla Sanfelice (che tante belle storie fa correre qui), perché non spetta a me parlare del libro.
E mi fa piacere che lei, conosciuta grazie al libro, rappresenti in un certo senso i lettori. Pochi giorni fa ha ricordato in un post di aver letto “Corri” quando mancavano pochi giorni alla sua prima maratona (Roma, 2019). “Ho pianto, provato ansia, ricordato i miei mostri, rivissuto i momenti in cui ho trovato i miei nuovi compagni di avventura. Stamattina sono uscita con una nuova motivazione, alleggerita dalle vecchie zavorre e ho corso più leggera”.
Grazie Ludmilla, grazie Marco, grazie a tutti. Lo so, sono ripetitivo. Ma è così che, in fondo, fanno i bambini quando ricevono un regalo bellissimo.
Buone corse (rispettando le misure di sicurezza) e buona rinascita a tutti.
Perché, come canta Renato Zero, “nessuna notte è infinta”.
E sarebbe pure ora.
Roberto Di Sante