Caso Alex Schwazer parla il legale della FIDAL

Avv. Giorgio De Arcangelis, lei ha assistito la FIDAL nel procedimento penale a carico di Alex Schwazer incardinato avanti il Tribunale di Bolzano, da poco conclusosi.

Vorremmo farle alcune domande per capire qualcosa di più di quanto finora emerso dagli articoli di giornale.

Si è trattato di una sentenza di assoluzione quella emessa all’esito del procedimento, come è stato scritto?

Il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Bolzano dott. Pelino non è una sentenza (che viene pronunciata solo all’esito di un giudizio), ma un provvedimento che accoglie la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero del Tribunale di Bolzano dott. Bramante e motiva l’accoglimento, disponendo l’archiviazione del procedimento penale, per palese insostenibilità dell’accusa.

Alex Schwazer era indagato per il reato di cui all’art. 9 co. 1 legge n. 376/2000 (ora art. 586 bis cp) per aver, in ipotesi, illecitamente fatto uso di sostanze dopanti (testosterone) al fine di migliorare le sue prestazioni atletiche.

Perché la Fidal era parte del procedimento? E quale “atteggiamento” ha tenuto nel corso del procedimento?

La Fidal era parte del procedimento, che non era ancora il processo ma una sua anticipazione parziale e, cioè, un incidente probatorio – che è un modo di acquisire una prova che potrebbe disperdersi con il trascorrere del tempo (si trattava di analizzare le urine in tempo utile) – in quanto persona potenzialmente offesa dal reato, così come la IAAF e la WADA per la caratura internazionale dell’atleta.

Mentre la FIDAL ha avuto sempre un atteggiamento neutrale, di attesa, per poi prendere posizione solo all’esito, la IAAF e la WADA hanno da subito preso posizione contro l’atleta per difendere il loro operato (come era in fondo prevedibile).

Quale era la sensazione di chi partecipava al procedimento man mano che si andava avanti?

La percezione, fin dall’inizio, era di trovarsi di fronte ad approssimazione e leggerezza, peraltro insospettabili in strutture mondiali rigorose e complesse come IAAF e WADA.

Con l’opposizione reiterata alla consegna di campioni d’urina da analizzare al Tribunale di Bolzano, che è stato costretto a chiedere l’assistenza dell’autorità giudiziaria tedesca per ottenerli, ed altre condotte oppositive (come, ad esempio, l’opposizione all’esame del contenitore del campione) si è avvertito qualcosa di diverso dal solito: quasi una resistenza all’accertamento della verità.

Da subito si è avuta la sensazione di trovarsi davanti ad un gran pasticcio (il nome del luogo di nascita dell’atleta scritto sui campioni, la data anomala del prelievo e, cioè, il 1° gennaio, la violazione della catena di custodia delle provette, la resistenza del laboratorio di Colonia alla loro consegna ai RIS) che avrebbe, comunque, consentito al GIP di chiudere l’incidente probatorio, consegnando alle parti una sostanziale assenza di prova del reato. Il che avrebbe, comunque, consentito l’archiviazione del procedimento.

Il GIP ha voluto, però, completare la sua indagine, accertando tutti gli eventuali ulteriori aspetti scientifici che potevano giustificare l’anomalia dei risultati peritali e, cioè, l’abnorme quantità di DNA riscontrata nel campione delle urine dell’atleta.

All’esito ha dovuto ammettere, con il proprio consulente (il Col. Lago Comandante dei RIS), che, escluse tutte le altre, l’unica ipotesi scientificamente sostenibile utile a spiegare i risultati delle analisi fosse la manipolazione del campione d’urina (“ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica ed il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati”).

Lei ha letto ovviamente il provvedimento di archiviazione. Cosa ne pensa?

Il provvedimento è tecnicamente ineccepibile nel suo decisum. Un po’ enfatico (non me ne voglia il dott. Pelino) nella descrizione delle condotte, ma di una chiarezza estrema.

Paradossalmente, però, denunciando le lacune della catena di custodia del campione, la resistenza di WADA e IAAF all’accertamento da parte dei RIS, insieme ad altre vicende emerse nel corso dell’incidente probatorio legate a contatti tra la Iaaf e il direttore del laboratorio di Colonia, a mio avviso, tale provvedimento non aiuta Schwazer, che deve superare ancora lo scoglio del TAS ed ha bisogno di una opinione pubblica che lo sostenga, ma anche della non ostilità degli organi sportivi internazionali.

WADA e IAAF si sono dichiarate contrarie ad una “riabilitazione” di Alex prima della scadenza della squalifica e la WADA “inorridita” dal provvedimento del Gup. Cosa ne pensa lei?

La reazione di IAAF (ora World Athletics) e WADA, come riportata da alcune testate giornalistiche, è scomposta e traduce un nervosismo ingiustificato, oltre che una mancanza di rispetto per l’autorità giudiziaria italiana.

Quale è invece la posizione della Fidal rispetto al provvedimento?

Così come, nel corso del procedimento, ha tenuto una condotta di massima collaborazione con l’autorità giudiziaria volta all’accertamento della verità (ha favorito l’esame delle urine dei propri atleti per compararne i risultati a quelle oggetto dell’accertamento peritale), così adesso la Fidal ha una posizione di massimo rispetto verso la decisione assunta dall’Autorità Giudiziaria.

 

Marco Raffaelli