Doping fatto in casa: dalla buona fede alla colpevolezza il passo è breve

Doping fatto in casa: la visione del doping da armadietto dei medicinali del bagno fa pensare che tra noi amatori ci sia molta ingenuità farmacologica.

Partiamo da una definizione: “per doping si intende la presenza di una sostanza vietata o dei suoi metaboliti o marker nel campione biologico dell’Atleta.”

In Italia l’organizzazione preposta alla lotta contro il doping è la NADO che agisce come derivazione funzionale della Agenzia Mondiale Antidoping (World Anti-Doping Agency WADA), costituita in virtù della Legge 26 novembre 2007 n. 230 di ratifica della Convenzione Internazionale contro il doping nello sport adottata nella Conferenza generale dell’UNESCO ed in applicazione del Codice Mondiale Antidoping (Codice WADA) del quale NADO Italia è parte firmataria.

E fino a qui è tutto noto, ma a volte ci dimentichiamo che “Ciascun Atleta deve accertarsi personalmente di non assumere alcuna sostanza vietata poiché sarà ritenuto responsabile per il solo rinvenimento nei propri campioni biologici di qualsiasi sostanza vietata, metabolita o marker.”

Il problema non è cosa prendiamo, perché è naturale che nella vita di un amatore ci siano periodi di acciacchi di stagione e infortuni dovuti proprio alla attività podistica.

La cosa di cui non teniamo conto, sempre in buona fede, sono i tempi di assorbimento del principio attivo che è ritenuto dopante e di conseguenza rischiamo di ritrovarcelo anche in gara.

Quale medico curante si prenderebbe la responsabilità di dirci “ok da ora in poi sei pulito“?

Ogni medicinale che prendiamo deve riportare nel foglietto illustrativo al paragrafo «Avvertenze speciali» la frase: «Per chi svolge attività sportiva: l’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping e può determinare comunque positività ai test anti-doping».

Il Doping fatto in casa è una visione maccheronica dello sport, per cui basta un integratore di magnesio e potassio per stare bene, vediamo la questione doping solo come un problema lontano, legato ai campioni o a chi sta lì tra i primi tre arrivati.

Così facendo ci sentiamo immuni dagli effetti di un cortisonico presente nel corpo. Come per dire “tanto sono una schiappa, cosa mai potrà farmi se vado a 6’ a chilometro?”

Il problema è la mancanza di educazione al doping. Si vengono a creare situazioni controverse. Se prendo un farmaco per abbassare i dolori da infiammazioni muscolari dovuti a stress di lunga durata, anche se nella sua somministrazione come collirio, dubito che possa dare così evidenti vantaggi in gara..

Allora verrebbe da pensare che se stai male e prendi farmaci stattene a casa. Ma si sa che per noi la corsa è un momento irrinunciabile anche davanti ai malanni. Fai fatica a mollare una trasferta e perderci soldi per l’uso del Ventolin.

Come se dovessi rinunciare ad un ironman già pagato per un’unghia incarnita curata con una crema cortisonica…insomma noi tapascioni ci saremmo andati lo stesso, sai quanti dopo il dentista e i medicinali presi siamo allo start delle gare?

Chi andrebbe a fare il TUE? (domanda di esenzione a fini terapeutici da presentare alla NADO)

Poi se vogliamo ritenere in termini assolutistici, sarebbe come giudicare due ladri: uno ha rubato una mela per fame, l’altro ha rapinato un pensionato di tutti i suoi risparmi di una vita, entrambi hanno rubato ma le conseguenze hanno un peso, un effetto diverso, da qui a considerare un tapascione con un cortisonico in corpo con cui sta curando una infiammazioni da stress allo stesso livello di un Armstrong ce ne vuole…

La cosa certa è che dobbiamo essere più cauti nei giudizi, perché se così fosse alle manifestazioni a cui prendiamo parte in tanti non potremmo gareggiare.

Anche il Doping fatto in casa va combattuto a tutti i livelli, ma va anche compresa la gravità del dolo. Ci sono due strade o non si fa sconto per nessuno, o si prova a capire che ci sono diversi contesti in cui nasce il reato sportivo.

In fine, una considerazione del tutto personale, se invece di accanirci (vedi i leoni da tastiera) contro chi sbaglia nello sport anche una sola volta, usassimo la stessa forza e veemenza per denunciare coloro che rubano denaro pubblico, sperperano risorse della comunità anziché investirle in infrastrutture e sicurezza forse il nostro sarebbe davvero lo sport più bello del mondo.

Le parole sono pietre, sono pallottole – ha detto Andrea Camilleribisogna saper pesare il peso delle parole e soprattutto fermare il vento dell’odio.

Pensate prima di parlare, di scrivere sui social e dare spazio a chi accusa senza sapere come stanno i fatti o come si chiuderanno le inchieste.

Buone corse pulite a tutti