Il 16 giugno a Roma si correrà la Mezza Maratona di Roma. Una gara in cui le vie del centro della città, solo per una notte, saranno libere dal traffico e i monumenti così vicini che verrebbe voglia di toccarli. Insomma uno scenario ideale per un piccolo sogno ad occhi aperti.
Così ho pensato: “che bello sarebbe per un turista straniero venire a Roma e correre di notte, con la partenza da Piazza del Popolo per poi tuffarsi nel cuore di Roma, ricalcando lo scenario grandioso della Maratona di Roma.”
Ed ecco la questione che da il titolo all’articolo.
E’ sempre vero che il nostro limite per accogliere quanti più stranieri nelle manifestazioni nazionali sia la certificazione medica degli atleti stranieri stessi? Mettetela come volete ma produrre un certificato medico agonistico, così come richiesto in Italia, è già un blocco all’entrata alle nostre gare per chi viene da fuori.
Per correre una gara competitiva in Italia gli stranieri devono rispettare gli stessi obblighi dell’amatore nazionale. Di conseguenza si richiede al medico straniero di informarsi su una legge scritta solo in italiano. All’estero non esiste la figura del medico sportivo. Quindi ogni atleta deve andare da 4 diverse figure, senza dimenticare i tempi di prenotazione e attesa referti dei 4 medici.
Come prevede il D.M. 18 febbraio 1982 – Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica, gli esami richiesi sono quelli che facciamo ogni anno noi in Italia:
1 – Visita medica,
2 – Analisi delle urine,
3 – ECG sotto sforzo,
4 – Spirometria,
Questo è il regolamento per gli stranieri partecipatanti alla Mezza Maratona di Roma residenti all’estero.
La situazione è quanto meno complicata per coloro che vengono dall’estero e che vogliono correre da noi. Motivo per cui se si iscrive 1 atleta, 9 rinunciano.
Ma siccome voglio capire meglio, leggo che la Mezza di Parigi e ovviamente non è la sola, richiede un certificato medico più snello e indica agli stranieri come comportarsi:
“I partecipanti stranieri devono fornire un certificato medico, rilasciato meno di un anno prima della data dell’evento, in lingua francese o una traduzione francese del certificato medico rilasciato in una lingua straniera, recante una la voce:
▪ «non contre-indicazione à la pratique de l’athlétisme en compétition»
Allora mi chiedo, possibile che noi dobbiamo essere così rigidi in nome di una tutela sanitaria nazionale dell’attività sportiva a 360 gradi anche sul fronte atleti stranieri?
Perché?
Serve in Italia per monitorare la salute di coloro che praticano attività sportiva agonistica giusto? E gli stranieri che c’entrano? li dove in molti paesi europei sono rispettosi dell’autonomia delle persone, perché imporre loro un obbligo che non hanno per consuetudine?
Siccome la materia ha influenza esclusivamente sulla persona, la soluzione potrebbe essere di fare in modo che gli stranieri possano dichiarare di essere in regola con le normative richieste in Italia. Questa assunzione di responsabilità (solo per gli stranieri), solleverebbe dalle relative incombenze l’organizzatore.
Serve per sostenere un volume di affari a fronte di una certificazione obbligatoria di analisi ed esami a livello nazionale? e i francesi, i tedeschi, chiunque venga da fuori che c’entrano?
Una volta scardinato questo sistema, nel giro di pochi anni il movimento potrebbe crescere notevolmente? o non è affatto colpa delle Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica?
Tutto ciò porterebbe alla fine di ogni polemica, tutto il movimento avrebbe giovamento. Atleti, sponsor, politici, organizzatori.
Nel frattempo ci sono grandi eventi all’estero che snelliscono le procedure, accettano le dichiarazioni degli atleti stranieri che si assumono le responsabilità di tutela sanitaria e a noi non resta che parlarne e continuare a farlo ancora, nell’attesa di un dialogo in sede europea per un Certificato Medico Sportivo Unico Europeo valido oltre i nostri confini e utile a chi verrà a correre da noi.