Tinker Hatfield. Fino a ieri non sapevo chi fosse. Confesso.
Nella mia palla di neve sono entrate le Nike Air Jordan, ma non l’uomo che le ha disegnate dal terzo modello al trentesimo.
Esattamente come ho visto tutti i “ritorno al futuro”, li so a memoria tutti e tre, ma non sapevo che proprio Tinker Hatfield ha disegnato le scarpe “auto-allaccianti” e dopo decenni le ha trasformate da utopia in realtà.
Quando si dice Nike si pensa eccellenza, ma se dovessi pensare a chi ci lavora, proprio per l’entità del marchio, immaginerei persone in giacca e cravatta, magari con un paio di sgargiantissime scarpe sportive. Lui no.
Appare su un furgoncino Wolkswagen modificato con due tavole da surf sul tetto, un cappello da musicista jazz, gli occhi di un blu profondo e scintillante di chi non si ferma mai.
Vive ogni minuto come se fosse il suo ultimo assaporando ogni emozione che questa vita può regalare e riportandola su carta per trasformarla in pelle, plastica, cuciture, tecnologia al servizio dei piedi di ogni aspirante atleta esistente sul pianeta.
Nelle sue scarpe c’è un concentrato di vita e studio delle persone.
Una volta mi hanno detto “Se riesci a fare della tua passione il tuo lavoro, non lavorerai un giorno in vita tua”. Credo che a nessuno calzi bene questa frase come a Tinker Hatfield.
Al liceo, in Oregon, vince una borsa di studio per Atletica. Salto con l’asta.
Era un atleta promettente fino a che non si è rotto una caviglia cadendo da un’altezza di cinque metri. Praticamente un primo piano.
Quando la vita ti fa credere che tutto sia finito è il momento in cui ti mette sulla strada che il destino ha scelto per te. Questo accade molto spesso.
Quasi sempre non ce ne accorgiamo ma raramente la nostra vita è una linea retta che da A va a B.
Solitamente da A a B si snoda un percorso lunghissimo e tortuoso del quale non capiamo il senso.
Per quanto ci sforziamo di nuotare contro corrente ed andare verso la nostra meta, arriva sempre una folata di vento che spazza via il nostro castello di carte perfettamente confezionato a cui sembra mancare un solo ultimo piano.
Anche le persone che la vita ti mette davanti difficilmente sono disposte a caso. Hanno tutte una funzione più o meno importante. Sono come il timone della nostra barca che ci guida in una direzione specifica che non sempre corrisponde con il luogo in cui vogliamo andare. Ma anche di questo raramente ci accorgiamo.
Pensiamo di essere il capitano, ma siamo al massimo un’ufficiale in seconda.
Fu così che Tinker conobbe Bill Bowerman. Al tempo, per usare un’espressione a lui poco gradita, il suo Coach. Per sua stessa ammissione “docente di reazione competitiva”. Bill Bowerman allenava talenti e gli insegnava a vincere, ma era anche cofondatore della Nike e grande appassionato di calzature per lo sport. Le modificava cercando di risolvere i problemi che potevano affliggere i suoi atleti o semplicemente cercava di ottimizzarle per raggiungere risultati perstazionali sempre migliori.
Fece lo stesso per quel ragazzo zoppicante la cui carriera sembrava finita e fu così che iniziò la loro collaborazione e l’inizio della sua nuova vita.
Una vita fatta di domande a cui era fondamentale dare una risposta. Diciamolo. Farsi delle domande, approfondire un tema, limarlo e raffinarlo, osservarlo mentre si avvicina alla perfezione è la chiave per il successo.
Un successo che va al di la dei soldi e di quello che possono comprare. Un successo che offre qualcosa che effettivamente i soldi non possono comprare. La soddisfazione di aver fatto il meglio con gli strumenti di cui si dispone.
Così nascono le Nike Air. Un cuscinetto riempito di gas per migliorare l’ammortizzazione seguito da una domanda.
“Perché non renderlo visibile? Portare fuori quello che è dentro e unire forma e funzione” ecco qui che la suola delle Nike air si apre lateralmente svelando una trasparenza e il suo sistema di ammortiizzazione.
Dopo la disfatta sportiva c’era ancora una laurea da prendere. Quindi “perché non laurearsi in architettura?” La somma di arte e Problem solving per eccellenza. L’architettura, da quando l’uomo ha avuto la necessità di mettersi un tetto sulla testa che non fosse creato da madre natura, è stata la più grande manifestazione della necessità di fondere forma, funzione e contenuto.
Si tratta di tre necessità fondamentali nella vita di un essere umano. Ogni oggetto che utilizziamo deve essere bello, altrimenti non attira nemmeno la nostra attenzione, funzionale, perché ne dobbiamo trovare un’utilità ed espandibile concettualmente, ovvero soddisfare la necessità di adeguarlo al tempo e allo spazio in cui viviamo.
Perché le scarpe dovrebbero essere differenti?
Nessuno più di uno sportivo che ha dedicato la sua vita alla pista di atletica può sapere quale sia il valore della scarpa giusta.
Un atleta potrebbe anche andare in giro con una pelle di leopardo addosso, ma quello che porta ai piedi è il fondamento della sua attività. Sono le scarpe a fare la differenza. Le scarpe proteggono le ossa, i muscoli, i tendini e le terminazioni nervose dei nostri piedi.
Possono favorire o impedire infiammazioni o infortuni. Possono dare reattività o ammonizzazione a seconda delle nostre necessità. È questo che fuso con la passione per l’atletica e lo spirito di osservazione e la creatività di un architetto, produce trenta modelli della scarpa più venduta al mondo.
Quando poi la tecnologia ti tende la mano producendo materiali sempre più piccoli e performanti ecco che il progetto E.A.R.L. spicca il volo ed il sogno degli anni 80 diventa realtà.
Quelli un po’ datati come me ricorderanno Marty McFly che scende dalla DeLorean con un paio di scarpe grigie che, non appena poggia i piedi a terra si allacciano da sole.
Wow!
Mai avremmo pensato che il disegnatore di quelle scarpe da film di fantascienza le avrebbe un giorno realizzate.
Invece dopo anni di attesa del momento giusto, del circuito elettrico sufficientemente piccolo, dell’avanzare inesorabile della tecnologia dei materiali, un uomo visionario, caparbio, un atleta, un surfista, un architetto, le ha fatte diventare realtà.
Grazie a Tinker Hatfield esistono un paio di Nike E.A.R.L. che si allacciano da sole.
L’episodio si conclude con lui che dice…no. Non ve lo dico. Andatelo a guardare ed emozionatevi come è successo a me.