Molti conoscono la storia di Yusra Mardini, anche grazie al recente film uscito sulla piattaforma Netflix dal titolo “Le nuotatrici“.
Yusra è l’esempio di come lo sport possa essere il mezzo di pace e integrazione più potente di qualsiasi guerra.
Yusra Mardini è nata nel 1998 in Siria e dall’età di 3 anni muove le prime bracciate con la sorella maggiore a Damasco dove vive con la famiglia.
Allo scoppio della guerra e alla caduta di una bomba inesplosa proprio dentro la sua piscina mentre nuotava, la famiglia decide di lasciare un paese ormai allo sbando.
Con sua sorella Shahed affrontano un viaggio che non vorremmo vedere neppure nel peggior film di guerra ma che è cronaca di tutti i giorni sulle coste del mediterraneo.
La sua storia ci aiuta ad affrontate il tema della “cittadinanza” ovvero di quel rapporto tra un individuo e lo Stato, di uno status, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.
Approfondiamo il quadro attraverso dei casi concreti che ci interessano più da vicino, ovvero l’acquisizione della cittadinanza per i figli minorenni nati in Italia da genitori non italiani.
Non possono richiedere la cittadinanza prima dei 18 anni e devono dimostrare di aver frequentato almeno 10 anni di scuola in italia, senza pensare al procedimento burocratico molto complicato e costoso.
Calando il discorso in una realtà che ci è ancora più vicina : gli atleti agonisti e le competizioni nazionali e internazionali. Avete mai riflettuto su come è regolamentato l’accesso per questi atleti italiani senza cittadinanza?
Per quanto riguarda i campionati italiani possono partecipare tramite l’iscrizione a una società, poi ci sono diverse norme che cambiano da federazione a federazione, ma in linea generale possono accedervi.
Mentre per le competizioni internazionali, non possono rappresentare l’Italia e partecipare ad esempio a Olimpiadi o Campionati Mondiali.
Sicuramente i casi non sono così frequenti, ma basti pensare agli esempi di atleti minorenni come Benedetta Pilato che a soli 14 anni ha debuttato in un Campionato Mondiale di Gwangju arrivando seconda nei 50 rana. E di Federica Pellegrini che ha partecipato alle Olimpiadi a soli 16 anni ad Atene 2004. Cosa succederebbe se un atleta di spicco, minorenne, nato in Italia da genitori non italiani volesse prendere parte a una gara internazionale? A oggi perderemmo un campione da portare alle Olimpiadi.
La situazione è diversa persino per rifugiati e apolidi:
Innanzitutto definiamo chi è un rifugiato e chi è anche un apolide: un rifugiato è un individuo che a seguito di guerre, violenze, persecuzioni o discriminazioni, politiche religiose o di razza, è costretto a lasciare il suo paese per “rifugiarsi” in un altro che gli assicura protezione. E ormai sono milioni i rifugiati nel mondo.
Mentre un apolide è, dal greco a-polis (senza città) è un individuo che non possiede la cittadinanza di nessuno stato, per diversi motivi come: se figlio di apolidi, se per motivi burocratici uno stato si è dissolto o ha dato vita a nuove entità nazionali.
Oppure se fanno parte di un gruppo sociale a cui è revocata la cittadinanza sulla base di una discriminazione, questo è il caso degli ebrei al tempo della Germania nazista. Condizione che ha interessato anche Anna Arendt rifugiata e apolide in America dal 1943 per sfuggire alle persecuzioni tedesche.
Secondo l’UNHRC, ( Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite) gli individui displaced e stateless sono 10-12 milioni e soprattutto per gli apolidi c’è l’obiettivo di porre fine al fenomeno entro 10 anni.
Queste persone che vivono situazioni molto gravi e tragiche, qualora fossero atleti di livello, hanno da poco avuto la possibilità di partecipare alle competizioni internazionali come le olimpiadi grazie alla SQUADRA OLIMPICA DEI RIFUGIATI (CIO) approvata dal comitato esecutivo del comitato internazionale olimpico. La loro bandiera e quella dei 5 cerchi Olimpici dato che non rappresentano nessuna nazione.
Tra di loro c’è come porta bandiera Yusra Mardini.
La vita di Yusra cambia quando decide di partire per il viaggio della speranza verso l’Europa nell’agosto 2015, quando di notte con una tempesta in arrivo tenta con sua sorella su un gommone pieno di profughi, la traversata dalle coste turche fino all’isola greca di Lesbo.
Il Maltempo e un carico troppo pesante mettono a rischio il viaggio, provano a buttare in mare i bagagli dei profughi, ma non basta, così Yusra e Sarah, insieme a due uomini a turno si tuffano nelle acque, di un mare in burrasca per mantenere in equilibrio la barca. Andranno avanti così per più di tre ore per raggiungere finalmente, sani e salvi le coste greche.
Da quel momento il viaggio prosegue perché per raggiungere la Germania, terra di destinazione, Yusra e Sarah attraversano i Balcani a piedi e in treno, passando per Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria.
A settembre, trovano accoglienza a Berlino.
Yusra torna a nuotare grazie a un allenatore che ne comprende le capacità che la porteranno come Apolide e sotto i colori della bandiera con i 5 cerchi alle Olimpiadi di Rio del 2016 nella nuovissima squadra dei rifugiati riuscendo a vincere la batteria dei 100 farfalla, senza arrivare alle semifinali, nonostante tutto il pubblico le fece molti applausi per il suo coraggio e per quello che ha passato.
Resta nella memoria il discorso del presidente del CIO rivolto alla squadra durante la cerimonia di apertura di Rio:
“Cari atleti rifugiati, state mandando un messaggio di speranza a tutti i milioni di rifugiati nel mondo, siete stati costretti a lasciare le vostre case per colpa di violenze, rabbia o solo perché eravate diversi, ora con il vostro talento e il vostro spirito umano state dando un grande contributo alla società.”
Yusra oggi è la più giovane ambasciatrice UNICEF. Dal 2020 è ricordata con una targa al Giardino dei Giusti di Milano. Nel 2021 partecipa alle Olimpiadi di Tokyo 2020, sempre nella squadra dei Rifugiati, poiché la Guerra Civile Siriana è tuttora in corso.
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