“Il mio collo lungo, la sagoma del viso. Da sotto il naso a sinistra si allarga una cicatrice fresca che spunta sulla guancia e torna a nascondersi, poi cola giù dalle spalle e dalle cosce fino alle estremità fasciate. Conosco già il paesaggio irregolare della mia pelle. Solo adesso che me lo vedo addosso mi rendo conto che è mio, sono io. Trattengo il respiro, fisso lo sguardo e immagino il mio corpo fuori da qui, nei miei posti, nelle cose che faccio, negli occhi di chi mi vede e nel mondo. Capiranno che sono ancora io?”
La vita e il corpo di Veronica Yoko Plebani vengono segnati per sempre, all’età di 15 anni, una sera, così senza preavviso da una meningite fulminante batterica a cui sopravvive riportando la perdita delle falangi delle mani e delle dita dei piedi..
Yoko nome giapponese che le ha voluto dare la madre , appassionata di filosofia orientale, il cui significato può assumere significati diversi a seconda di come vengono scritti.
Yoko : Figlia del sole”, “figlia dell’oceano”, “figlia delle foglie”, è molto altro è testarda, iperattiva ed estroversa è affamata di vita…
E’ sicura di se, ha sempre praticato sport ( danza, ginnastica artistica, atletica e snowboard in modo amatoriale)
Ecco che la bellezza spunta dove meno ci aspettiamo come il fiore di una primavera fuori stagione.
Le cicatrici che solcano il suo corpo diventano un poetico ricamo, una nuova mappa su cui costruire il futuro; il dolore si trasforma in una spinta, in voglia di correre più veloci degli altri per andare a prendersi tutta quella vita che si rischia di perdere e che si nasconde nella musica, negli abbracci e nei baci, nei rumori delle città quando è sera.
E nonostante il suo corpo sia cambiato e segnato per sempre appena esce dall’ospedale nel novembre del 2011 partecipa alla 5k il giorno prima della Maratona di New York attraversando il traguardo con 28 corridori del Monza Marathon Team con gli amici e quella maglietta: «Io corro per Veronica». Percorre in piedi gli ultimi metri…
Tutto questo grazie anche al papà, quel papà maratoneta per passione, che mentre Veronica è in ospedale chiama la mamma di Bebe Vio, vista in tv.
Lei gli dice: «Falle fare sport».
Lei che proprio per Bebe aveva fondato con il marito Ruggero «art4sport», associazione che lo promuove fra chi ha disabilità e ha subito accolto Veronica Yoko.
Massimo, che ama le sfide estreme, tipo corse nel deserto o per 100 chilometri, la prende in parola. Mentre Veronica è in ospedale le dice:
«Quando esci ti porto a New York».
Entra così a far parte del team di art4sport, nel quale comincia la pratica sportiva agonistica delle discipline di canoa e snowboard. È veloce diventerà la sua specialità e proprio per questo che nel 2012 conquista il primo posto nei Campionati italiani Junior di paracanoa nella discesa classica fluviale 2000 m.
Veronica Yoko Plebani oggi è un’atleta paralimpica ha 25 e non solo ama il suo corpo trasformato e tutto quello che può ancora fare, ma è anche diventata paladina della body confidence.
Laureata in Scienze Politiche Sociali e Internazionali con una tesi sulle pari opportunità e sulla rappresentazione delle donne nello sport, da anni Veronica Yoko si occupa di diversità, uguaglianza e inclusività.
Capo dell’associazione art4sport, nonché fondatrice, è la testimonial degli eventi siglati “FIDAPA”
Si allena 20 ore a settimana praticando triathlon, canoa e snowboard e si è specializzata in gare paralimpiche.
Ha già partecipato a due Paralimpiadi, quella invernale di Sochi 2014 e quella estiva di Rio 2016, in due sport diversi, lo snowboard prima e la canoa poi. A Tokyo in una nuova incarnazione sportiva, con il triathlon.
” Mi piace il fatto di riuscire a mettere insieme nuoto, bici e corsa in un’unica disciplina, iniziare in un modo e terminare in un altro”
Yoko è come un fiore sbocciato nelle avversità, un fiore affamato di vita il più raro e il più bello di tutti.