Venticinque anni di passione per il cinema…

Il cinema, si sa, è tra le industrie e le arti che stanno maggiormente soffrendo dell’impatto con l’emergenza epidemiologica.

La cosa è paradossale perché il cielo sa quanto abbiamo, invece, bisogno di svagarci e di sognare e quanto farebbe bene immergersi nel buio di una sala cinematografica e nella luce di una storia piuttosto che impararsi a memoria gli allarmanti titoli delle pagine web e della stampa che provano con ogni mezzo a sbranarci l’anima e la speranza.

Qualche set sta timidamente riaprendo, molte sale, invece, probabilmente non riapriranno più, messe in ginocchio dal nuovo rapporto costi-benefici causato dalle norme del famigerato distanziamento.

Ebbene, noi, quest’anno dovevamo festeggiare 25 anni di festival. Sì, il mio festival, il Videocorto Nettuno.

Che nacque come un gioco di una festa del mio compleanno, con corti girati nel pomeriggio e proiettati, su Vhs, a casa mia, la sera stessa. E che è diventato non solo uno dei festival più longevi della penisola ma anche – la falsa modestia sarebbe fuori luogo – apprezzatissimo dagli addetti ai lavori e dal pubblico per l’energia che sprigiona nei tre giorni estivi che lo caratterizzano.

Fino a un mese fa non sapevamo se saremmo riusciti a realizzare queste nozze d’argento.

A metà luglio è arrivato l’ok e abbiamo messo in moto la macchina, chiaramente nel rispetto di ogni norma aggiornata al 2020, post lockdown, diciamo ( detesto l’abusato modo di dire “ai tempi del Coronavirus” ).

E il miracolo si è ripetuto, nel migliore dei modi. E’ venuta fuori l’edizione più bella di sempre, con una giuria che aveva come presidente Pino Quartullo, esempio straordinario di quanto gli artisti non si cibino del proprio ego ma di quanta attenzione possano riservare ai lavori degli altri, dote non comune.

E con lui, tra gli altri, Tiziana Foschi ( ex Premiata Ditta ), Gianni Ferreri ( l’Ingargiola di Distretto di polizia, per intenderci ), Antonio Pisu che è già partito per il festival di Venezia dove presenterà fuori concorso il suo EST, Francesca Antonelli, ormai una musa riconosciuta del cinema indie, Paolo Di Paolo, scrittore apprezzatissimo tra i più dotati della sua generazione, nonché infaticabile divulgatore della letteratura e della parola.

E che dire dei corti in concorso? Ogni anno mi viene detto che il livello è altissimo ma mai come in quest’edizione mi è stato ripetuto, tanto che i miei figli, con i quali condivido, insieme a mia moglie, quest’avventura straordinaria, hanno detto, sfiniti:

“Ogni anno dite sempre la stessa cosa, che il livello è più alto dell’anno scorso…”.

Cosa cambia, rispetto a prima, nel fare un festival “in presenza”?

Intanto c’è la fierezza di riuscirci, perché buona parte delle rassegne di corti ( e non solo ), quest’anno, sta preferendo la modalità a distanza.

E poi ci sono le persone che, stordite dal tornare ad emozionarsi davanti ad un grande schermo acceso, hanno gli occhi brillanti e colmi di gratitudine.

Non so quanti “grazie” ho contato in queste tre favolose serate.

Sorrisi che valevano tutte le fatiche ( tra queste, le liste di prenotazione, il numero massimo da rispettare alla lettera, la raccolta dei recapiti di tutti gli spettatori etc. ), la riconoscenza che si percepiva in ognuna delle file. E l’attenzione, la disponibilità a tornare ad emozionarsi, la sorpresa, quasi, come fosse la prima volta al cinema. Un rito che dal privato dei propri divani e degli schermi sempre più piccoli è tornato ad essere collettivo e su grande schermo: le risate all’unisono, gli applausi a schermo aperto, la commozione trattenuta o esplosa.

Ed ecco che il Forte Sangallo è diventato, da monumento simbolo della città di Nettuno, ad oasi inematografica pronta a dissetare persone che non vedono una sala cinematografica da almeno sei mesi e a far credere loro che certo che si può continuare a sognare.

Ma a sognare insieme, in modalità sincrona, sentendosi parte di un tutto. E non solo un numero di una regione più o meno colpita dal virus.

Siamo altro, siamo molto altro, solo che tocca ricordarselo bene.

Post Scriptum

Effetto del festival: ho smesso da tre giorni di leggere i dati dei contagi, appuntamento fisso da fine febbraio, verso le 16 quelli del Lazio, alle 18 la mannaia delle rilevazioni nazionali.

Adesso basta.

Adesso campo.

Elvio Calderoni

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Elvio Calderoni
Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.