Una didattica senza distanza

Avete notato quanto il mondo della scuola abbia bisogno di acronimi? La didattica a distanza, velocissima, è diventata la DAD. Come se non bastassero le UDA, i PDP, i PEI, i BES, i DSA, il DPO… bleah!

Ma soffermiamoci su quel “velocissima”.

No, non mi pare che la corretta attuazione della didattica a distanza sia altrettanto tempestiva e veloce.

Molti di noi hanno interpretato questa delicatissima fase emotiva del pianeta e del pianeta scuola come… assegnazione di compiti sul registro elettronico.

Ehm.

Non proprio.

No, direi di no.

Non è così che possiamo ricreare un quotidiano che ha bisogno di qualità oltreché di scadenze e di programmi che “devono andare avanti”.

I programmi, gli argomenti devono andare avanti, certo. Ma anche la trasmissione degli stessi e le idee e il coinvolgimento e le domande e i dubbi e il passo.

La vicinanza emotiva.

L’incrollabilità dell’istituzione scolastica quando tutto attorno cede, a livello di abitudini, di attività, di dinamiche familiari e sociali.

Qualche genitore mi ha detto, in questi giorni, lasciandomi con le lacrime negli occhi:

“state veicolando un messaggio importantissimo ai nostri figli, ovvero che qualsiasi cosa succeda bisogna andare avanti.”

Non ci avevo pensato.

Tutto preso com’ero dal come e dal cosa, in modo naturale e misurato.

Però è vero.

Stiamo insegnando loro a non fermarsi, ad andare avanti come delle spade. Spade non contro un muro e nemmeno contro il burro, ma spade di impegno, di cultura e di immaginazione.

L’immaginazione che davvero ha il potere, in questi giorni, di spegnere le ansie dei mille articoli e dei duemila aggiornamenti, dei bollettini di morte e delle dichiarazioni di guerra.

E non è fare gli struzzi, si intenda bene.

E’ trovare il proprio ruolo in una battaglia senza nemici.

E’ essere e continuare ad essere amici in giorni così cruciali.

E’ appunto andare avanti.

Non perdiamo, vi prego, quest’occasione quasi epica che potrebbe restituire all’insegnante quel prestigio sociale di cui ci riempiamo tanto la bocca perché non esiste più.

In questo momento siamo fondamentali e non possiamo limitarci a dare quattro indicazioni sul registro elettronico per compiti che non verranno mai valutati come si deve.

Responsabilizzarli. Arrivando a non sospettare nemmeno che quelli di loro che non hanno la webcam possano leggere durante l’interrogazione.

O a copiare i compiti.

Un impegno quotidiano, questo sì.

Con spiegazioni ed interrogazioni e idee nuove. Mi stanno venendo delle idee nuove ogni giorno e il bilancio, per ora, può dirsi veramente positivo: alcuni consegnano compiti molto più accurati e me li fanno vedere in diretta, li leggono, li inquadrano, danno loro un’importanza che forse a febbraio non avevano.

E quando qualcuno perde la connessione per un minuto, pretende che gli si ripeta quello che si è detto nella classe virtuale.

Oggi che abbiamo analizzato “Solo e pensoso” di Petrarca, li ho invitati a riscrivere il sonetto come se fosse l’opera contemporanea di un blogger innamorato e qualcuno ha paragonato la solitudine del cuore pieno di senso di colpa e di pudore di Petrarca con l’odierno senso di smarrimento che stiamo vivendo.

Beh, la prossima settimana che toccherà a Boccaccio allora sì che ci divertiremo con le analogie con l’oggi…Fiesole, il casale, la fuga dalla peste, il trascorrere il tempo inventando novelle…

E quanto fa bene a me vederli ogni giorno!

E i sorrisi e i volti e le battute sono quelle di un giorno di scuola normale.

Beh, i pigiami no… quelli no, e ho cominciato a dir loro, quando mi dicono “professore, voglio tornare a scuolaaaaaa” che è tipico dell’essere umano concentrarsi su quel che manca e che quando torneranno a scuola guarderanno con nostalgia a questi giorni comodi, distesi, di qualità, nei quali il tempo sembrava sospeso e in cui, senza sospettarlo, stanno crescendo più del previsto.

Umanamente e culturalmente.

Mi sembra, non voglio sbagliarmi, che ci stiano mettendo più cura, forse perché da noi percepiscono un certo sforzo di dare qualità al nostro lavoro, al loro e alle giornate di tutti.

Alcuni di loro vanno inseguiti, vanno veicolati nelle duemila credenziali e password, nei codici dei corsi, negli orari delle dirette.

Non è semplice, nemmeno un po’, ma lo sappiamo che non è proprio nulla rispetto a chi sta combattendo la guerra vera.

Elvio Calderoni

 

Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.