Io li detesto i Puntuali.
Sono un ritardatario, un ritardatario patologico, come dice mia moglie. Uno di quelli che riesce a fare ritardo sempre e comunque, con irritante regolarità.
E in quanto ritardatario non amo particolarmente i Puntuali; sarà forse invidia, o forse perchè non sono mai pronto a riceverli; ma i troppo Puntuali mi irritano.
Stasera però per la prima volta ho apprezzato un Puntuale.
E non un puntuale qualunque: il Re dei Puntuali. E devo dire che non mi sono limitato ad apprezzarlo, ma ho coinvolto tutta la famiglia nella sua attesa, ho spiegato la sua storia a Vale e Fabri, ho messo musica per lui e al suo arrivo ho brindato e festeggiato.
Doveva arrivare alle 21,55; e alle 21,55 spaccate è arrivato.
E credo che il mio apprezzamento ed il mio entusiasmo se li meritasse tutti, perché non è che veniva a piedi da casa sua. Nè si è limitato a prendere un auto, un treno o un aereo per arrivare puntuale.
No, il tipo in questione si chiama Perseverance, ed è partito dalla Terra sette mesi fa, sapendo che stasera alle 21,55 sarebbe dovuto atterrare su Marte: e ce l’ha fatta, spaccando il secondo.
Il ragazzo merita un minimo di presentazione, e qualche minuto di attenzione.
Il nostro Perseverance è un robot, un rover per la precisione (una specie di macchinina piena piena di strumenti scientifici) protagonista della missione Mars 2020. L’obiettivo dichiarato della missione è gettare le basi per l’esplorazione umana di Marte.
Perseverance infatti, tra mille altre cose, ha il compito di studiare il sito del possibile atterraggio su Marte, avviare la produzione di ossigeno (che servirà ai futuri astronauti a respirare e come propellente per il ritorno a casa), raccogliere campioni di minerale che, in collaborazione con la prossima missione, saranno -per la prima volta nella Storia- spediti indietro sulla Terra.
Vi risparmio dettagli tecnici ed approfondimenti, ma vorrei riuscire a rendere giustizia all’estrema complessità della missione, che è incredibilmente affascinante.
Provo a spiegarlo così: io stasera avevo appuntamento con gli amici su zoom alle 22,30.
Ho una casa a piani, mi dovevo collegare dal pc dello studio su un soppalco nel salone, ho cenato in cucina al terzo piano, e ho in casa un ascensore.
Quindi ho finito di cenare, ho fatto tre piani in ascensore, sono salito a piedi dalla rampa che porta allo studio, ho acceso il pc alle 22,41 e sono giustamente deriso dagli amici per l’insensato ritardo.
Perceverance, il mio nuovo idolo, è partito il 30 luglio 2020 da Cape Canaveral (Pianeta Terra); ha viaggiato nello spazio per 480 milioni di kilometri (QUATTROCENTOOTTANTA MILIONI DI KILOMETRI) alla velocità di circa 20.000 km/h (VENTIMILA KILOMETRI ALL’ORA), è entrato nell’atmosfera marziana, si è sganciato dal modulo che l’ha portato fin lì, ha effettuato la manovra che l’ha rallentato fino a 1800 Km/h, ha sganciato lo scudo termico incandescente e consumato dall’attrito, ha aperto un paracadute che lo ha rallentato fino a 300 km/h, ha scansionato il suolo marziano per individuare il punto di atterraggio, ha sganciato il paracadute, ha acceso i razzi che hanno fermato il modulo di supporto a 10 mt dalla superficie di Marte ed è stato infine calato dal modulo con delle corde elastiche che lo hanno portato ad “ammartare” alle 21,55 esatte del giorno stabilito.
Come si fa a non amarlo?
Me lo immagino Perseverance, piccolino e tutto solo nella sconfinata desolazione di Marte, meraviglioso ambasciatore del genere umano in un mondo sconosciuto.
Me lo immagino e mi si riempie il cuore di orgoglio.
Perchè è vero che non siamo niente al cospetto dell’immensità dell’Universo. Ed è innegabile quello che continuano a ripeterci le religioni “Memento homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris”: siamo polvere, destinati in un battito di ciglia a tornare polvere.
Ma siamo una razza strana, noi umani, non ci rassegniamo mai.
L’aveva già capito Dante, settecento anni fa:
“A questa tanto picciola vigilia
dè vostri sensi, ch’è del rimanenete,
non vogliate negar l’esperienza
di retro al sol, del mondo senza gente”
Siamo polvere, ma in quella polvere c’è una scintilla, e in quel poco tempo che ci è concesso qualcosa ci spinge ad andare cocciutamente sempre un po’ più in là.
Così ci siamo spinti fuori dalle caverne, poi oltre quella valle, oltre le montagne, sempre più lontano; abbiamo superato le Colonne d’ercole, abbiamo attraversato l’Oceano, poi abbiamo raggiunto il nostro satellite, e ora con un nostro emissario ci accingiamo ad esplorare un altro Pianeta.
Vai Perseverance, piccolo mostriciattolo puntuale, non fermarti davanti a nulla.
Dentro di te c’è una scintilla: forse è la nostra parte migliore.
Storie da Caffè