THE RUMBLE IN THE JUNGLE (Una favola nella giungla)

Perchè si raccontano le favole ai bambini?

Si dice che “Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono. I bambini lo sanno bene che i draghi esistono. Le fiabe insegnano che i draghi possono essere sconfitti”

Ci sono però delle Storie, accadute veramente a uomini in carne ed ossa, che hanno tutte le carte in regola per diventare favole.

O forse sono già delle fiabe, ma non ce ne siamo accorti.

Prendiamo la storia dell’incontro di pugilato di Ali contro Foreman.
Non è solo una storia di pugilato.
Non è solo una storia di sport.
Ha in sé tutti gli elementi di una fiaba, di quelle da raccontare ai bambini, per aiutarli a diventare grandi.

Proviamo a raccontarla:

C’era una volta un paese dell’Africa nera chiamato Zaire, governato dal Colonnello Mobutu, un Dittatore malvagio che sfruttava il suo popolo e la sua terra in favore degli Stati Uniti, ricavandone ricchezza e potere.

Il Colonello Mobutu era alla disperata ricerca di un modo per riabilitare il suo stato agli occhi del mondo intero, quando ebbe un’illuminazione e decise di organizzare il più importante incontro di boxe della storia del pugilato.

I protagonisti erano Muhammad Ali, il vecchio campione che aveva perso tutto per essersi rifiutato di andare a combattere la guerra del Vietnam, contro George Foreman il venticinquenne nuovo campione del mondo che godeva della la sinistra fama di “killer”, per la forza dirompente dei suoi pugni.

Era come un passaggio di consegne tra la vecchia concezione della Boxe basata su velocità e agilità (“vola come una farfalla, e pungi come un’ape” era il motto di Alì), contro quello che era visto da tutti come il futuro dello sport, incentrato sulla forza fisica e la potenza dirompente dei pugni di Foreman.

Ma era anche lo scontro ideologico tra due mondi: quello dell’impegno e della lotta di classe rappresentato dall’”outsider” Ali, contro il portavoce del potere e dell’ideale Americano incarnato da Foreman.

Ancora una volta era Davide contro Golia.

E così salirono sul ring, nella notte di Kinshasa, davanti alle telecamere di tutto il mondo e a cinquantamila spettatori indemoniati che gridavano a squarciagola un solo ritornello: “Bomayè, Alì Bomaye!”;

letteralmente: Uccidilo Alì, uccidilo!

Ma quel Bomayè non era solo diretto a Foreman: era la voglia di un popolo intero veder distrutta la segregazione razziale, lo sfruttamento, l’oppressione, la paura.

Fu così che nella notte appiccicosa di Kinshasa, con l’aria resa irrespirabile dal tasso di umidità al 95%, alle 4 del 30 ottobre 1974 suonò la campana che sancì l’inizio dell’incontro del secolo, passato alla storia come “Rumble in the Jungle”, la rissa nella giungla.

E subito Foreman iniziò a pestare Alì.

E per le successive sette riprese il match sarà a senso unico, con Foreman indemoniato che scarica la potenza dei suoi pugni sull’avversario, e Ali che spalle alle corde non può far altro che incassare;

schiva quando può, si protegge quando riesce, ma la maggior parte delle volte incassa, molleggiando sulle corde del ring.

Quei pugni che spaccano casse toraciche, che sono il simbolo del futuro della Boxe, per sette lunghissimi round colpiscono incessantemente Alì, che chiuso alle corde eroicamente incassa.

Incassa ma non molla.

Pare sempre sul punto di cedere, ma resiste.
E più Foreman lo spinge alle corde, più lo colpisce e più si stupisce, insieme al mondo intero, di quanti colpi riesca ad incassare Alì.

Foreman moltiplica le energie, capisce che il colpo finale è vicino, che umanamente non si possono incassare tanti pugni senza crollare a terra distrutti, e in ogni colpo concentra le forze per quello che sembra sempre essere il pugno definitivo.

Ma Alì resta in piedi.

Appoggiato alle corde, ma in piedi.

E così round dopo round Foreman inizia a stancarsi: le ha provate tutte, ha colpito con tutta la sua immensa forza per decine e decine di volte, ma non è bastato.

Il pubblico capisce che qualcosa sta succedendo, vede i pugni di Foreman sembrano perdere velocità, lucidità e forza, mentre il loro campione per qualche inspiegabile motivo è ancora in piedi; e il grido della folla si fa sempre più forte.

“Ali, Bomayè!”

Si, perché ora Alì è davvero uno di loro: le ha prese, ne ha prese davvero tante, come è successo ad ognuno di loro la vita lo ha messo alle corde e lo ha colpito in tutti i modi.

Ma lui è ancora in piedi, sostenuto dal suo grande cuore: e se non è crollato dopo tutto quello che ha subito, allora può succedere di tutto.

Bomayè!

Perché forse non sempre vince il più forte o il più prepotente.

Bomayè!

Perché si può soffrire per sette riprese o per tutta la vita, ma se si ha la forza di non arrendersi, prima o poi ognuno può avere la sua occasione.

E l’occasione arriva alla fine dell’ottava ripresa.

Alì è come sempre alle corde, e ne ha prese davvero tante. Foreman sa che potrebbe bastare un ultimo pugno, un ennesimo ultimo pugno, per buttarlo finalmente al tappeto.

E’ stanco anche lui, stanco di picchiare, e in quell’ultimo pugno mette davvero tutta la forza che gli rimane.

Ma Ali, schiva. Il gigante si sbilancia, e apre la guardia, trascinato dalla potenza del colpo andato a vuoto, e Ali colpisce velocissimo col sinistro.

Foreman è stanco, sorpreso e sbilanciato: non fa in tempo a proteggersi, e stavolta tocca ad Ali liberare un destro in cui mette tutto quello che ha, e colpisce Foreman sotto l’orecchio, in quel punto dove inizia la mascella e si definiscono i destini dei pugili.

Bomayè!

Grida la folla impazzita.

A Foreman cedono le gambe, piega il busto in avanti e inizia ad incespicare.

Bomayè!

Continua a urlare il pubblico, incitando Alì a colpire il gigante indifeso per abbatterlo definitivamente.
Ma ormai non ce n’è più bisogno.

Alì ritira i guantoni, saltella e segue con lo sguardo l’avversario, che crolla a terra come una gigantesca quercia abbattuta.

Alì alza le braccia al cielo, e come nelle grandi sceneggiature, come se anche la natura percepisca la straordinarietà dell’evento, scoppia un fragoroso temporale; talmente forte da far saltare i collegamenti satellitari, isolando Kinshasa dal resto del mondo.

Bomayè!
Ripete la folla in delirio, ancora incredula per quello che è successo:

Davide ha sconfitto Golia.

Bomayè!
Continuano a gridare sotto il diluvio cinquantamila anime, come se fossero una voce sola.
Uccidilo! Uccidi il drago!

Perché i draghi esistono.
Ma se si ha abbastanza coraggio da affrontarli, i draghi possono essere sconfitti.

#StorieDaCaffè

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