Ti ci mancava solo la posizione del piccione

Più passano gli anni e più ti rendi conto che il corpo non è una macchina perfetta da portare ogni volta che vuoi al limite delle sue prestazioni.

A me l’idea di correre al top non mi è mai piaciuta.

Lo sport e la corsa in particolare sono la cartina tornasole della nostra maturità e servono a capire fino a che punto possiamo arrivare, spingendo sulle gambe e gonfiando cuore e polmoni, senza farci male.

Così, dopo tanti anni, è giunto il momento di un confronto diverso con me stesso.

E bene sì, per la prima volta anche io sto lavorando su una stabilità nuova.

Non si tratta di piedi e gambe sospesi o di forza e spinta ma bensì di un punto di appoggio nuovo che si fonda su un equilibro interiore.

Messa in tal modo sembra un quadro spirituale ed evocativo, di un mondo a tratti impalpabile, ma in poche parole è una forma di scioglimento di ogni fibra, stanca di sentire i passi pesanti del runner di città.

Lo so che gli amici puristi dello yoga stanno già facendo le smorfie, ma sapete benissimo che il podista è pigro, ripetitivo e si accontenta di leggere km e tempi per essere sazio di tutto, quindi se ciò serve per uscire dall’incastro mentale dentro il quale siamo incappati da anni, va benissimo direi.

Per non farvi stare ulteriormente in pena ci tengo nel dire che se da pochi giorni sono in grado di tenere per 20 secondi la “posizione del piccione reale” è perché in passato la bandelletta con la sua sindrome mi ha fatto passare delle settimane da dimenticare.

Voglio credere che fare il Columba livia mi liberi dalle tensioni tutta la fascia lata, anche se sembro Sandra Mondaini che scalcia le coperte a letto con Raimondo.

La posizione del piccione reale – Foto – ilgiornaledelloyoga.it

Sentirmi un volatile al tappeto mi fa stare bene, sento il “cuore che si apre” come dice la signorina delle lezioni on line che seguo e che quando ripete  “Fantastico bravi così“, io ci credo veramente….

Approcciarsi allo yoga anche solo come farebbe un turista in un tour di tre giorni per conoscere l’Italia intera non è da demonizzare.

È un primo passo e per chi non sa nulla di Asana e di quante siano le posizioni che si possono raggiungere, ci tornerà con più calma con le braccia lungo il corpo e le dita piantate nella terra a sentirsi una montagna.

Se ciò che ha vissuto sul suo tappetino è servito a sciogliere flessori delle gambe e migliorato la respirazione imitando una lucertola non potrà che fargli bene.

La posizione della lucertola – Foto – ilgiornaledelloyoga.it

Il problema di tutto questo movimento stando fermi è che hai la sensazione di essere più Yoghi che un praticante in erba di Yoga, ma fa nulla, nessuno è nato imparato e a noi ci piace da sempre metterci alla prova.

La signorina dellla lezione è così evocativa che il mio respiro si riempie di gioia e la consapevolezza si espande dalla punta dei piedi, alle caviglie, i polpacci, le cosce, il core, il petto e il cuore, e tutto è in un equilibrio armonico con l’universo.

Il viso è rilassato, lo sguardo è fiero e le rughe fanno meno paura.

Per finire, mi piace tantissimo quando mi porta con la calma di un monaco tibetano sul fronte del tappetino e mi avverte di prepararmi allo Shavasana.

Shavasana sono 10 minuti di relax totale.

La posizione shavasana – Foto – ilgiornaledelloyoga.it

Lei parla e io faccio un viaggio bellissimo, arrivo in Bhutan, passando per il Bangladesh e l’India, respiro e sento il battito del cuore rallentare, mi piace così tanto che mi sono informato e ho letto che Shavasana è una āsana di Hatha Yoga della categoria delle “posizioni supine”.

Il nome deriva dal sanscrito “shava” che significa “cadavere” e “āsana” che significa “posizione”

LA POSIZIONE DEL CADAVERE.

Bellissimo.

Amici miei che volete, io sono un inguaribile ottimista e se questa posizione non mi preoccupa nella sua etimologia sanscrita, è perché l’ho già assunta per ogni arrivo delle tante maratone corse senza una strategia, senza preparazione e incurante degli effetti collaterali.

Perché noi runner siamo avanti, così avanti che ci eleviamo a dei perfetti Yogi, anche stesi dopo il traguardo, con lo sguardo limpido e da ebeti, ma felici per la medaglia al collo e la pace interiore di colui che non ha capito una mazza ed è sempre più convinto di volerlo rifare il prima possibile.

Buona pratica a tutti

Namasté

Marco