Stefano, l’assenza delle gare e il bisogno di esprimersi

La storia di Stefano l’abbiamo raccontata tante volte in questi anni, dai suoi primi allenamenti, grazie agli amici al campo delle Terme di Caracalla a quando fece il suo ingresso nelle squadra Purosangue in cui corriamo insieme a Roma.

La sua non è stata una vita semplice, oggi ha 63 anni, cresciuto nelle difficili periferie romane, fino a 23 anni ha vissuto con la famiglia e ha studiato poco. Al culmine di un rapporto contrastato con i genitori, una sera, decide di uscire di casa per non tornarci mai più. Da quel momento inizia a vivere per strada.

Anni di notti nei ricoveri per barboni della stazione, mense Caritas e aiuto del prossimo. Non deve essere stato facile nulla nella sua vita, ma lui lo diceva sempre: “se hai un sacco a pelo e un paio di coperte, si può fare”.

A 63 anni non sei più giovane. In un mondo ordinato e lineare, avresti tutto dalla vita: famiglia, casa, lavoro, affetti, passioni, speranze. Stefano oltre agli anni non ha nulla di tutto questo, quasi nulla.

Stefano ha la corsa che lo aiuta ad accendere il suo mondo, una finestra da cui vede tutto diverso, almeno per un po’.

Per fortuna, da alcuni anni, ha ottenuto una piccola casa ai margini della città, un appartamento con poche comodità ma che per lui è tutto.

A volte, per non saltare gli allenamenti che facciamo all’alba in città, non ci fa neanche ritorno, dorme dove capita pur di essere presente con i suoi compagni di squadra al raduno atletico.

La domenica Stefano non lavora, le mance che mette in tasca fino al sabato gli bastano per vivere una vita seppur al confine del nostro mondo.

Oggi è il giorno per essere come gli altri. E’ felice, non ha fretta e al campo delle Terme di Caracalla dovrà eseguire una serie di ripetute che lui porta a termine meticolosamente, rispettando la tabella del suo coach.

La fuga dai genitori di tanti anni fa era il segnale che in lui qualche cosa si era spento, rendendolo indifferente a ciò che gli accadeva attorno, perdendo il contatto con la realtà, isolandolo in un mondo tutto suo, incomprensibile agli altri.

Poi, finalmente è arrivata la corsa. In questi ultimi 8 anni Stefano ha corso ogni distanza da zero alla sua amata 100 km del Passatore.

Ma come sta oggi Stefano senza le sua amate gare?

In tempo pre covid, anche grazie all’aiuto della sua squadra, Stefano era sempre in qualche manifestazione, valvola di sfogo e strumento necessario per fare nuovi incontri, riducendo l’isolamento e migliorando le sue capacità relazionali.

L’esercizio fisico può aumentare l’autostima e la motivazione, può migliorare l’umore e la concentrazione, ridurre l’ansia e lo stress di una persona con disagi mentali.

Stefano non si sente più prigioniero della sua mente. Grazie allo sport si è liberato dalle sue catene e ha trovato un nuovo modo per esprimersi, ordinato e preciso come i tanti chilometri che corre ogni giorno.

A causa dell’annullamento delle gare in città soffre la mancanza del gazebo della squadra, di quell’attimo in cui, anche solo per una mattinata, era uguale a tutti gli altri.

Lo sport fa da livella sociale e ci rende tutti uguali davanti alla fatica e alla linea d’arrivo, il suo confine con il mondo di noi “normali”.

Speriamo di tornare a correre insieme Stefano e di riaprire quella finestra sul tuo e sul nostro vivere, per essere amici e sostegno nel contempo.