Quello che sento fuori casa

Quello che sento la mattina dalla finestra di casa sta cambiando e se devo dirla tutta non è che mi piaccia poi molto.

La giornata inizia con il suono ovattato di un volo che passa alle 6:30. Traccia sonora di un mondo che di fatto non si è fermato del tutto.

Proviene da nord ed è diretto a Ciampino. È un aereo commerciale, strappa la tela silenziosa che ha avvolto la notte, poi non ne passeranno più fino al giorno dopo.

Io, intanto, ho aperto la finestra a far entrare i segnali di una primavera ormai vigorosa, e nel frattempo la città si è svegliata.

È strano come cambiano i suoni, ogni giorno, in questa lunga quarantena si percepisce la stessa atmosfera di una domenica mattina, un silenzio di fondo, senza il caos lontano dei movimenti urbani. Se non fosse che Caterpillar di Radio Due ha già avviato la trasmissione con Ardemagni e Solibello a ricordarci che è un martedì di metà aprile.

Ma non sono questi i suoni che mi stanno facendo pensare che qualcosa sta cambiando.

Perché è durante la giornata che si comprende meglio che le nostre vite si stanno adattando al lockdown imposto e forse stanno reagendo con un atteggiamento non utile alla vittoria sul virus.

La via sotto casa è troppo trafficata, le persone che passano non diminuiscono e i suoni lontani sono meno ovattati di prima.

Quindi che dobbiamo fare?

Tanti romani stanno facendo la loro parte e hanno una pazienza incredibile. Ma il pensiero va alle attività commerciali, ferme, agli stipendi che non arrivano, alle serrande abbassate da troppo, troppo tempo.

Tutto questo genera preoccupazione e di conseguenza una smania che non puoi controllare.

Il 3 maggio, visto così, è davvero lontano, il solo pensiero che mi viene in aiuto è la divisone del tempo esattamente come sappiamo fare noi maratoneti, necessaria reazione alla gestione della fatica.

Come quando prepari una gara sai che sono 6 parti da 7 km ciascuna e dentro questa divisione ci metti tutto il tuo lavoro.

Dosi le energie sapendo aspettare quando è il momento di andare oltre il limite imposto.

Un recinto che non è misurato dal livello di glicogeno nel sangue, ma dal confine disegnato da un virus perfetto nella sua nefandezza.

Ora è indispensabile vivere il tempo facendo meno rumore, pensare che è un silenzio produttivo in vista di cosa potremo fare a breve, altrimenti, il lungo periodo rischia di non avere margini evolutivi.

Restiamo in ascolto, restiamo a casa e superiamo anche questo muro, insieme ma distanti.

Buona giornata amici

Marco

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso