Quel che resta del giorno

Per la foto grazie a Sky tg24

Sappiamo bene che tutto questo clamore attorno a 33 sport e 50 discipline tra poco finirà e sarà soppiantato dall’inizio del campionato di calcio.

Le prime pagine dei giornali sportivi e non solo torneranno a mettere i nostri campioni di Tokyo 2020 in “altri sport”, forse già da ottobre.

Ma il problema non è il calcio, e neppure i miliardi di euro che fa girare: è sempre sport e fa bene a tante persone.

La questione è più narrativa se non proprio giornalistica, sta qui il limite della capacità attrattiva della fatica. Non siamo in grado di raccontarla per sport che non hanno visibilità.

Molti lettori non hanno capito bene la grandezza di ciò che è successo in questa Olimpiade.

Non tanto nel risultato, 40 medaglie, mai vinte prima, ma più che altro come si è arrivati a vincerle.

Perché oggi è bello vedere solo un lato della medaglia, in un frame che ci appaga di tutto, meglio se l’analisi dura poco perché andare oltre, non ci va, non conviene, è fatica.

I ragazzi della spedizione italiana a Tokyo hanno lavorato in silenzio per anni, senza luci né telecamere.

In un clima di vita ascetica, dove ogni cosa era misurata al centimetro, al grammo, al secondo.

 

Lo avete provato anche voi nelle 12 settimane di preparazione per una maratona. Tutto doveva girare intorno alla vostra tabella: le ore di sonno, le pietanze da servire a tavola, i lavori da fare in strada.

Ecco adesso pensate di fare questa vita per una vita, rinunciando alle feste, alle serate con gli amici, alle abbuffate anche a Natale.

A incastrare affetti, lavori, impegni, senza poter mai dire no al campo, all’allenatore, al recupero, all’ultima ripetuta fatta anche sotto la neve e con le lacrime per il dolore ai muscoli.

Questo è il rovescio da cui fuggiamo ma che va raccontato.

Le piste di atletica su cui questi campioni hanno consumato scarpe e giorni infiniti erano le stesse dove correvamo noi amatori.

Sarebbe stato come se Chiellini avesse palleggiato al campetto sotto casa con mio nipote prima degli Europei 2020.

Avere i piedi buoni toglie già un bel problema per chi vivrà di sport con la palla ai piedi.

Stessa cosa non succederà per chi vorrà emulare i campioni olimpici nazionali dell’atletica.

Per uscire primo dai blocchi di partenza non basta avere i muscoli. Ricordate Mennea che fisico minuto che aveva?

Si allenava tutti i giorni e se così non fosse stato la famosa “scuola di velocità” inventata a Formia da lui e dal suo allenatore Vittori non sarebbe mai esistita.

Non basta correre come un ghepardo.

Il successo nell’atletica e non solo arriva dopo una lunghissima preparazione durante la quale le domeniche in cui provare a capire quanto vali contro un avversario o a che punto sei con i tempi sono sporadiche e nel contempo necessarie.

L’atletica è silenzio e ragione, forza e convinzione. Un poker che se giocato nella stagione giusta non trova avversari davanti.

Allora proviamo a seguire ancora gli “altri sport” consapevoli che abbiamo molti più strumenti per farlo: bacheche dei social, storie e dirette da cui vedere la vita dell’uomo più veloce del mondo e delle atlete della ginnastica ritmica, per citarne alcuni dei 40 medagliati e non solo.

Farci sentire così vicini li farà correre ancora più forti, si alleneranno sapendo che non sono soli e a Parigi 2024 magari chissà, ci sarà qualche figlio nostro a saltare in pista con loro.

Per la foto grazie a Sky tg24