Prepariamoci a correre

In un bellissimo film a tema carcerario, tratto dal capolavoro letterario “Le ali della libertà” di Stephen King, uno dei detenuti, una volta scontata la pena, dopo anni di detenzione, non riesce a reinserirsi nella società.

Il mondo è andato avanti e per lui, che un ruolo ben definito in prigione lo aveva, non c’è posto.

Dopo pochi giorni si toglie la vita.

Uno dei personaggi chiave del film, ritiene che questo sia successo perché alla fine tutti i prigionieri si “istituzionalizzano”.

“Queste mura (quelle della prigione, dice) prima le odi, poi ci fai l’abitudine e alla fine non puoi farne a meno”.

Un po’ quello che è successo a noi in questo periodo di detenzione forzata.

Ci siamo “domiciliarizzati”.

All’inizio, schiacciati dalla mancanza di libertà e privati dei nostri ritmi, ci siamo improvvisati accompagnatori di cani e frequentatori seriali di supermercati e farmacie pur di uscire da queste quattro mura.

Poi ci siamo abituati. Abbiamo riscoperto il piacere di dormire fino a tardi la mattina, di gustarci la colazione con calma, abbiamo cominciato a fare ordine in casa e a preparare torte, abbiamo allenato la fantasia e riesumato vecchi giochi da tavolo.

Nel frattempo abbiamo cominciato a dimenticare tutte le password del pc dell’ufficio.

Eravamo entrati in una fase di sovrallenamento, di sovraccarico da vita quotidiana e abbiamo dovuto rallentare.

Ci hanno detto di togliere le scarpe da ginnastica e di indossare le pantofole per disintossicare i muscoli, ci hanno detto che continuare a correre era pericoloso.

E dopo tutto questo tempo “rallentato” cosa succederà domani?

Forse, anche se non facciamo altro che lamentarci di questa nostra prigionia, non abbiamo molta voglia di scoprirlo, di ricordarci che rumore fa la sveglia, di salire su una moto e schivare buche e pedoni, di prendere la metro e stringerci come sardine, appiccicati a perfetti sconosciuti, di sederci a tavola per riscoprire gli untuosi sapori della cucina di mensa.

Diciamoci la verità, non ci va di ricominciare con gli impegni che si susseguono uno dietro l’altro, solo per arrivare a sera, stremati.

Però lo dobbiamo fare e lo faremo; è sempre dura ricominciare ad allenarsi dopo un periodo di inattività, ma lo faremo perché abbiamo una motivazione grande, dipende sempre tutto da quello, dalla motivazione.

Dobbiamo farlo per essere riconoscenti a tutti quelli che in questo periodo hanno continuato a lavorare per farci arrivare il cibo in tavola, per curare i nostri animali domestici, per soccorrere i malati; abbiamo un dovere nei confronti di tutti quelli che in questo periodo il lavoro lo hanno perso, dei ristoratori che hanno chiuso, di quelli che avranno difficoltà a ripartire e di quelli che non ripartiranno più perché non ce l’hanno fatta, perché i posti letto erano pochi, perché il loro sistema immunitario era debole, perché sono stati sfortunati.

E allora prepariamoci, perché verrà il giorno in cui saremo chiamati a ripartire, a far ripartire il nostro mondo; prepariamoci a fare quello che ci riusciva così bene e che ci piaceva così tanto, prepariamoci a indossare le nostre scarpe da ginnastica e a correre di nuovo.

Giuseppe Pensieroso

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso