Per uno sport autistico – Il pranzo nel bosco

"Illustrazione di Francesco Rongoni, giovane autistico"

Cari amici di Storie Correnti, oggi affrontiamo un’altra delle belle esperienze che il trekking ci dona. Come avrete visto dall’illustrazione del mio amico Francesco Rongoni, oggi parliamo di pranzo nel bosco.

Con un paio di ore di camminata, ci siamo addentrati di circa otto chilometri nel bosco di faggi ed abbiamo raggiunto luoghi selvaggi e lontani da ogni presenza umana. Viene da pensare che qui il bosco è rimasto incontaminato ed identico a secoli fa.

Si avvicina l’ora di pranzo e lo stomaco vuoto rende meno tonica l’energia del corpo ed annebbia la  mente; si è come meno energici nel camminare ed incapaci di pensare.

Di colpo si avverte di avere del sudore addosso e nasce il desiderio di mangiare.

Messi gli zaini a terra, la prima operazione è togliere la maglietta oramai sudata, asciugarsi, infilare una maglietta asciutta e mettere sopra una felpa. La prima cosa, quindi, è mettere in sicurezza fisica il corpo che dovrà riportarci indietro.

È meraviglioso come il trekking sappia diradare la nebbia di problemi simbolici ed immaginari che ci assedia nella civiltà e ci ponga di fronte a problemi veri: la fatica, la fame, la sete, a volte le intemperie del clima.

E mentre il cibo esce dagli zaini penso a quanto in città la fame sia spesso abitudine o desiderio di gratificazione del cibo per compensare lo stress di una vita frenetica. Per chi cammina nel bosco, invece, la fame è verace e si avvertono i propri muscoli che chiedono allo stomaco altra energia.

Spesso il mio pranzo è riso integrale con tonno e pomodori e poi qualche albicocca. Bisogna saziarsi senza appesantirsi perché c’è da camminare.

Ma mentre lo stomaco si riempie i muscoli riprendono vigore e la mente torna vigile.

Ed ora zaini in spalla, è ora di tornare indietro.

 

Federico De Rosa