Ci siamo, tra poco il numero 30 apparirà sul percorso: manca poco meno di un km.
Ho appena superato il cartello con la scritta 29 e non so assolutamente nulla di ciò che accadrà dopo.
Come molti principianti ho seguito una tabella di allenamento che non prevedeva sedute che superassero i 28 km, e sono già oltre il limite sperimentato.
So di essere ancora in una zona confortevole e che i guai potrebbero venire dopo, perché come è noto la maratona inizia dopo il trentesimo chilometro.
La mia mente ha una voce tranquillizzante, mi esorta a ricordare che ho lavorato bene, ho sudato e sofferto il giusto, e che il mio corpo è preparato per affrontare la fatica che verrà.
Nei chilometri percorsi, non ho strafatto, ho tenuto il ritmo prestabilito, ho integrato, ho bevuto, ho usato ogni spugnaggio.
Sono stata prudente e non ho ancora dolori che possano rappresentare un allarme, un monito a qualcosa di irreparabile e ad un eventuale ritiro.
Poi quella parola spezza ogni rassicurazione: muro…
…il muro del chilometro 30, quel muro che se si presenta compromette la gara, ti elargisce dolori che non hai mai provato e ti costringe a chiudere i 42 chilometri con una sofferenza inaudita, oppure a demordere e crollare ben prima del traguardo, in un mare di lacrime.
Se penso alle diverse descrizioni che ho letto di quello che succede alle gambe, al respiro, se penso alla mancanza di concentrazione, alla nausea provata da chi ha incontrato il muro, se penso, ecco se penso…
…e invece respiro e respiro ancora, mi muovo passo dopo passo e sento che sto per superare una comfort zone… si è così rifletto… il temuto andare oltre il km 30 è superare una comfort zone.
Allora mi ricordo di quante ne ho superate di zone di comfort, di quanta fatica ci è voluta, di quanto mi sia dovuta mettere in discussione, ma soprattutto di quanto il desiderio di raggiungere quell’obiettivo che si trovava al di la dei miei confini di vita, fosse stato forte e inevitabile.
Così, sorvolando con caparbietà sulle volte in cui non è andata un granchè, mi concentro e mi rendo conto che il superamento del comfort, di ciò che sembra il meglio per noi, resta legato alla nostra preparazione ed alla volontà di andare oltre ciò che siamo.
La mia mente ritorna lucida e mi ripete ancora una volta che sono pronta, che mi sono preparata in maniera adeguata, che finora ho gestito bene la gara…
e mentre vedo in lontananza il numero tanto temuto, rilasso i muscoli del viso, espiro via ogni paura e sicura del mio training, certa che la mia mente continuerà a trovare pensieri rassicuranti, mi dirigo verso ciò che desidero più di ogni altra cosa: una medaglia per la distanza regina.
Buone corse
Chiara Agata Scardaci