Ho iniziato il nuovo anno con un compito pratico: ho messo in ordine un armadio dove tengo tutti gli attrezzi di casa, uno di quegli angoli in cui non guardi mai e nel contempo vi accumuli cose non sempre indispensabili.
Erano mesi che volevo farlo e finalmente ci sono riuscito.
A gennaio siamo spinti da un bisogno di ripartenza concreto, un incipit ideale per mettere in fila i puntini sulla mappa del tempo.
Mentre recuperavo brugole e buttavo via vecchie lampadine fulminate, pensavo che è iniziata la preparazione per la maratona di Roma e siccome sono iscritto pure a quella di Milano è giunto il tempo di impostare un programma di allenamento per le prossime 12/16 settimane.
Questo basterebbe a porre fine a tutti i vorrei elencati nell’ultimo mese. Quelli a tratti inarrivabili e poco facili da realizzare, altrimenti non starebbero ogni anno sulla suddetta lista.
Nella concretezza che il nuovo anno impone, stavo parlando con il mio amico Elvio proprio di auspici tangibili e, senza troppo imbarazzo, lui me ne ha scritti alcuni per cui vale la impegnarsi almeno fino a fine gennaio.
“Una dieta più ferrea, scrivere un nuovo romanzo e il bisogno di emozionarsi di più”.
Senza nulla togliere ai primi due presagi, considero il terzo decisamente più bello e vero.
Sono consapevole che senza le emozioni non starei qui a scrivere, non sarei oggi uscito per il mio giro di corsa in una città sopita, domenica non avrei pranzato a piazza Mattei, davanti la Fontana delle Tartarughe con Alessia e Roberto e non avrei ascoltato quel vecchio disco di Hans Zimmer.
Ma come si fa ad emozionarsi ancora o più di prima?
Dove trovare una fonte di ispirazione in grado di muovere quel motore che arde e freme e ci fa andare oltre le ovvietà, le brutture e le scomodità di questo mondo?
Personalmente ho sempre attinto dalle persone che ho incontrato sulla mia strada.
Le vicende vissute dal prossimo sono fonte di ispirazione concreta, al di là dei mille vorrei, le storie altrui sono disponibili e concrete.
A noi non resta che provare ad immaginare come sarebbe stato se fossimo stati noi gli interpreti di quelle storie.
Come in un film o in un romanzo ti metti a confronto trovando la tua reazione e, come in una terapia a specchio, vedendoti da fuori, ti conoscerai meglio.
Ecco, sta qui il potere delle emozioni, è come quando affronti una gara, per qualsiasi sport che ti richieda una performance, un traguardo o un avversario da superare.
Il carburante che ti accende sono le trepidazioni che provi prima, durante e dopo.
Di conseguenza aver deciso di correre ancora una maratona, quando avevi giurato che quella passata sarebbe stata l’ultima, è una decisione che non si lega affatto con il passato, ma è figlia di un futuro, se pur incerto, e nel contempo necessario per non inaridire il tuo serbatoio di emozioni.
Perché lo dico da sempre che dovremmo vivere di turbamenti e non di imprecazioni, di magici sorrisi e non di volti contriti, solo così saremmo esempio per il prossimo e stimolo per farci superare da altri innamorati della vita come noi.
Buone corse, con chiunque le farete.