La Storia Ricorrente 40a puntata

Bertrando ha chiesto ad Irene di controllare in diretta la conferenza stampa dei signori Danse. Di assistervi. Ha rotto i ponti con tutti i suoi assistenti, non vuol sentire nessuno e di nessuno si fida.

Ha dato ordine di non cercarlo per tre giorni, il tono seccato dall’altra parte, i ferri corti, l’incomprensione e la differenza di intenti. Tutte cose che segnano, che pesano, anche sul cuore di un prossimo settantenne che ne ha vissute tante, belle, brutte, leggere e pesanti. Perché l’esperienza, a volte, fa a pugni con l’energia e la voglia di crederci ancora e se manca qualche candela pulita al motore non conta la capacità di valutare con buon senso e saggezza le situazioni quanto la consapevolezza che tutto questo sia insufficiente contro la mancanza di forze.

Irene gli ha detto sì ma ha Sveva davanti, il suo cuore spezzato in questa sala da thé / pasticceria vicino Sant’Ambrogio, specializzata in dolci francesi, dove per entrare bisogna citofonare. Ce l’ha trascinata Sveva, le parole veloci, gli occhi verso uno sguardo normale, i giri che invece rallentano, così come l’angoscia, così come i battiti.

-Tomaso?

-Ehi… che sorpresa!

-Come stai?

-Sto bene. Pomeriggio di lavoro. Sto lavorando al sito con gli altri.

-Ah, sei impegnato. Lo immaginavo.

-Perché? No, comunque ho finito, per oggi.

-Perché ti volevo chiedere un favore.

-Dimmi.

-Potresti seguire almeno l’inizio della diretta dei Danse da Sanremo?

-I Danse?

-Sì, i genitori di Victoria. Bertrando mi ha chiesto di controllare cosa dicono. Lui in questo momento ha rotto i contatti con il suo gruppo e…

-Certo. Ci penso io.

-Poi ti spiego perché non posso farlo io, ovviamente.

-Eh, infatti, me lo stavo chiedendo.

-Chiaro.

-Sei già fuggita con qualcuno migliore di me? Peccato, ti avrei dato il meglio…

-Temo che non ti libererai di me così facilmente. Grazie. A dopo.

Tomaso, riattaccando, è come se sentisse nella sua automobile, di ritorno dalla Brianza, l’eco delle parole di Irene. Sta vivendo in una bolla strana, il tempo si dilata e poi accelera improvvisamente a seconda di quanto sia pieno e quanto sia vuoto di Irene. Non vuole forzare le cose ma le chiederebbe di vivere con lui già da stasera. Deve mettere in stand by più di un desiderio, non vuole bruciare, vuole conservare. In pochi istanti è sui social che trasmettono le dichiarazioni da Sanremo dei Danse. Gli fa uno strano effetto rivedere i genitori di Victoria con cui ha condiviso più di una vacanza e qualche festa comandata. Quando tutto sembrava dorato e quando tutto concorreva a pensare che Tomaso e Victoria fossero perfettamente incastrabili.

Due anni importanti. Gli anni in cui Vicky si trasformò da figlia di famiglia a eroina del web, con Tomaso primo testimone di un’ascesa irresistibile, a cui diede qualche idea imprimendo più di una svolta, nei numeri, nel taglio del personaggio, nei canali di comunicazione da privilegiare, nel linguaggio. Trova i volti dei genitori invecchiati di colpo, si rende conto che c’è qualcosa di grave nell’aria. Accanto a loro il viso assorto di Cristiano. Immobile, catatonico, un’espressione unica a volte nascosta dagli occhiali da sole, a volte apertamente assente. Le parole snocciolate della mamma, intervallate da brevi incisi da parte del papà:

se ci siamo catapultati a Sanremo è perché siamo preoccupati davvero. Sentiamo che Victoria tornerà presto tra le nostre braccia, tra quelle di suo marito e quelle di tutti voi. Sentiamo che è qui vicino e che nulla di grave può essere accaduto. La delusione è qualcosa con cui lei, che ha fatto una gavetta di cui spesso si tende a non parlare, a dimenticarla, ha già fatto i conti. Ma questa volta si è sentita sola, forse. E non sappiamo cosa pensare. Forse l’abbiamo lasciata sola, non lo so. Di certo Bertrando Berna non doveva prendere una simile iniziativa senza consultarsi con lei. Ha mancato di rispetto, di strategia, di rispetto per la persona e per l’arte, per la musica, per tutto lo show business. Ma siamo vicini, siatene certi, e, anzi, scusateci se fino ad ora non ci siamo fatti vivi, non abbiamo rilasciato dichiarazioni ma volevamo arrivare a Sanremo a capire la situazione. Non so se Cristiano vuole aggiungere qualcosa…

Cristiano, con un istante di esitazione di troppo, fa cenno di no con la testa.

Sicuro?

Il padre lo guarda e gli passa il microfono, lo mette in mezzo tra lui e sua moglie, come a fargli capire che deve parlare per forza. Cristiano lo guarda, guarda il microfono, si toglie gli occhiali, ha dentro tutte le parole di convenzione del mondo, discorsi misuratissimi ed adatti alla situazione, ma non riesce a pronunciarne nemmeno uno. Non dice una parola, passano venti secondi eterni.

La madre gli strappa il microfono dalle mani, sdegnata, sprezzante, impaziente:

evidentemente sconvolto. Ci sentiamo appena avremo notizie. Grazie a tutti per i messaggi così pieni d’amore per Victoria. Grazie da tutti noi.

Un inutile senso del ritmo, un piglio surreale da giornalista attempata, le rughe del sole di tante estati, addolcite da milioni di massaggi con creme viso, lo sguardo veloce, le mani nervose, i polsi stretti, i polsini della camicia bianca larghissimi, la coda bassa e la fronte ampia completamente esposta a chi la guarda, un volto intelligente, tesissimo, eppure misurato nella sua tensione, controllato.

La diretta si chiude e lei va subito a controllare il numero dei followers collegati sui vari social.

-Rivediamola. Non vorrei avessimo detto qualche stupidaggine.

-Sì.

Il papà di Victoria le si avvicina, col telefono in mano.

-Tu sei proprio sconvolto, eh?

-Sì, ma due parole potevi trovarle.

-Non… non mi veniva proprio nulla. Scusatemi.

-Ma sei sicuro di non sapere nulla tu?

-No, purtroppo no.

-Dai, rivediamola. Giorgio, vai nella hall, ci sono i giornalisti per le esclusive. Cristiano, vai anche tu.

-No, io adesso ho bisogno di tornare in camera.

-Vengo con te. Devo riprendere i vestiti di Victoria.

-Riprenderli?

-Filmarli. Ce li stanno chiedendo ovunque.

-Ci penso io.

-Tu non sai nemmeno che abiti aveva scelto, figurati. Sbrighiamoci che dopo andiamo alla polizia a capire quale genio sta conducendo questa indagine.

-Davvero, le foto le faccio io.

-Ma per cortesia…

Cristiano si sente un ragazzino delle medie che sta per venire scoperto. Manda un messaggio a Georgia Joanna:

Perdonami. Sto salendo con la madre di Victoria. Ha bisogno di fotografare i vestiti. Non so cosa fare.

-Poi mi spiegherai il motivo.

-Di cosa?

Cristiano attende la risposta, o almeno la visualizzazione, mentre salgono in ascensore.

-Di tutto. Di questo imbambolamento paralizzato. Del nulla che trasmetti.

-Sono solo un po’ frastornato.

Nessuna visualizzazione, nessuna risposta. Quarto piano, il piano della stanza che Victoria Danse ha scelto per alloggiare a Sanremo durante le prove e che avrebbe dovuto ospitarla anche durante il festival.

-Si vede. Dov’è la stanza?

-Eh, dovrebbe essere di là.

-Dovrebbe? Ma ti sei dato alla droga?

Cristiano finge di sbagliare ala del piano, torna sui suoi passi, ma procede pianissimo, lo sguardo fisso sul cellulare. Comincia a sudare e a pensare che gli infedeli sono tutti una razza. Vigliacchi strutturali, ad ogni latitudine e ad ogni gradino della scala sociale, nessuno immune da certi meccanismi e da dinamiche consunte e consuete.

Nessuna visualizzazione, nessuna risposta.

Cristiano appoggia la scheda sulla maniglia. Entrano, lui cerca di tossire, di far rumore, di far parlare lei in qualche modo per avvertire Georgia Joanna:

-Eccoci, tu non li avevi visti?

-Cosa?

-Gli abiti

-Ma se li ho scelti insieme a lei. E’ tutto buio, apri le serrande. Che cattivo odore che c’è. Ma tu hai dormito qui stanotte?

-Sì, certo.

-E perchè non hanno rifatto la stanza?

Cristiano si guarda intorno. Non c’è traccia di Georgia Joanna, nemmeno il suo profumo, le scarpe, i bracciali, gli abiti. Per la prima volta è contento che il suo campo visivo non sia invaso dal suo sguardo anima.

Elvio Calderoni

Elvio Calderoni
Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.