Bertrando nel guardarsi allo specchio nel bagno più grande dell’ultimo piano di Palazzo Fidia si sente improvvisamente più giovane di trent’anni. Ci sono decisioni che ci alleggeriscono e che ci aspettano pazientemente.
Quella di lasciare Sanremo ha avuto l’effetto potente di un balsamo sempiterno, una sorta di cura che ponteggia tra anima e corpo, li sfiora accarezzandoli, abbandonando il buio ogni istante di più. Si guarda ancora e gli scappa un sorriso, che diventa risata non appena chiude gli occhi e gli sembra di sentire Marko.
- Ce l’hai fatta allora, eh?
- Non c’era altro da fare.
- Eh, ma lo stavi per fare. Alla tua età ancora questi colpi di testa, questo istinto giovanile che non cede mai, questa mancanza di misura.
- Lo avrei fatto per te
- Non farmi ridere. Lo stai già facendo tu.Bertrando sta sentendo nel cuore il dialogo, più vero che se fosse vero, occhi chiusi, in piedi, le mani a palmi aperti appoggiate allo specchio, il corpo abbandonato a far pressione contro lo specchio stesso, ad affidarsi, quasi, alla sua immagine.
- Beh, sai bene che lo avrei fatto per te.
- Semmai lo avresti fatto per noi. Per eternare noi, non per eternare me.
- Eternare…
- Ti piace, eh? Molto tuo, in effetti, questo verbo.
- Ho fatto bene?
- Certo che hai fatto bene. E non per quello scemo nella diretta.
- E faccio bene a stare qui?Bertrando vede un sorriso gigantesco che attraversa il bagno, si ingrandisce su tutta la parete e poi vola via, schiantato dal suono del telefono. Era convinto di aver spento il cellulare.
- Pronto?
- Pronto, signor Berna, mi spiace disturbarla. La chiamo dall’hotel de Paris di Sanremo.
- Ho dimenticato qualcosa?
- No, non ha dimenticato nulla.
- Ah, pensavo. Nella fretta…
- No, no, abbiamo controllato, però c’è il marito di Victoria Danse che vorrebbe parlarle. Posso passarglielo?
- Sì, me lo passi. Non lo conosco ma non c’è problema. Victoria è lì, credo.
- Eh… non so, glielo passo.Cristiano prende il telefono della reception con velocità e potenza.
- Pronto, signor Berna?
- Sì, sono io.
- Sono Cristiano Cavalcabò, Victoria è mia moglie.
- Sì, certo, piacere.
- Piacere mio. La chiamo perché Victoria, non riusciamo a trovarla, insomma. E volevo sapere se è con lei.
- Io sono a casa a Milano.
- Ah. E’ già a Milano.
- Magari avrà avuto la mia stessa idea ed è tornata a casa anche lei.
- Non lo so. Speravo avesse notizie. Qui mi dicono che dovrei chiamare la polizia e mi sembra eccessivo. Ho creduto opportuno chiamare lei.
- Ha fatto bene ma io non ho idea di dove possa essere. Vedrà che si è allontanata per smaltire un po’ lo stress. A me dispiace aver fatto quel che ho fatto ma si è reso necessario. Per onestà, per coerenza. Dopotutto l’ho invitata io, è stata una mia idea sia venire a Sanremo che venirci con lei e allargare il duetto di una serata a tutto il festival. Purtroppo ho cambiato idea.
- Per carità, capisco benissimo, non deve certo render conto a me.
- Credo di non dover render conto proprio a nessuno.
- Certo.
- Vedrà che tornerà presto. E’ giovane, ha i suoi impulsi, la sua naturalezza. So che le starà vicino nel modo più giusto.
- Ci proverò.
- Me la saluti. Buona serata.
- Grazie, altrettanto.Cristiano si guarda attorno, non riesce a sintonizzarsi con una realtà così surreale ed improvvisa e sentenzia:
- Dobbiamo salire in stanza, non mi sembra ci sia altro da fare.
Il concierge annuisce e prendono l’ascensore.
E mentre sale ha paura davvero di trovare il corpo di Victoria senza vita, una scena sopra le righe, sangue ovunque o, forse no, i classici barbiturici sul comodino.
Ha il timore della scena, il timore delle conseguenze, il timore di non capire più nulla. Il concierge apre la porta della stanza con la scheda e non c’è alcuna traccia da luogo del crimine. La camera è ordinata, gli abiti metà in valigia metà nell’armadio, il letto non è disfatto, qualche effetto personale sul comò, le tende del terrazzo abbassate come se fosse giorno, quelle della stanza tirate, le serrande alzate con un panorama sulla città e sul mare che gridano di prestare attenzione e che alla bellezza non ci si deve abituare mai. Cristiano fa squillare ancora a vuoto il cellulare di Victoria per controllare che non sia nella stanza ma nulla vibra o suona o trema.
Arriva un messaggio:
Vorrei che l’alba che verrà ci sorprendesse insieme. A pianificare un domani più definito. Ti amo più di questa pelle e di queste ossa.
Georgia Joanna ha consegnato il suo sentire più profondo a Cristiano in un messaggio. Il cuore vibra ad altezze indefinibili ( dove sono i giorni normali? Dov’è finita la noia? La smania? )
- E’ lei?
- No. Sarà uscita a fare un giro, se ha lasciato tutto qui, non credo sia successo nulla. Ora esco anche io e la troverò, Sanremo non è una metropoli.
- Certo, infatti. Se ha bisogno di aiuto, non esiti a chiedere. So che stanno arrivando anche i signori della produzione.
- Immagino. In blocco.
- Beh, ha sposato una donna famosa.Si sorridono, una complicità provvisoria. Scendono, il percorso inverso, l’ascensore, le scale che portano all’atrio e Cristiano, salutando, esce fuori, il cellulare tra le mani e una risposta da dare alla donna che lo sta facendo volare e che lo fa sentire mille miglia lontano da qui:
Finisco una cosa qui e sono da te. Ben prima dell’alba. A curarti pelle ossa anima e cuore.