Il Rugby dopo un anno di covid

Da marzo 2020 il mondo del Rugby ha dovuto interrompere, come tutti, la propria normale attività, in osservanza, prima ancora che delle regole governative, della salute del proprio movimento.

Se cercate nei libri la definizione del Rugby la troverete in “gioco sportivo di contatto” taluna si spinge all’uso del termine “combattimento”, parole queste che tutto ricordano tranne il “distanziamento”.

Come hanno affrontato quest’anno difficile i  tecnici e i giocatori? in particolare coloro che vivono l’attività di base.

Il movimento del Rugby non si è fermato neanche durante i mesi di lockdown.

 

Daniele Pacini

Per capire meglio ne abbiamo parlato con Daniele Pacini, Responsabile tecnico rugby di base della FIR – Federazione Italiana Rugby.

Daniele, da professionista del Rugby e appassionato di sport, cosa ti ha lasciato questo momento così difficile?

Per provare a spiegare cosa sta passando il rugby pensa a cosa è lo spirito profondo di questo gioco e ponilo in relazione a quanto accaduto nella vita di tutti i giorni.

Un’essenza che si trova nell’intrepretare parole chiave quali il rispetto, delle regole ad esempio, la responsabilità, di cittadini prima che di sportivi, il divertimento, che è sicuramente nel giocare ma anche nello stare anche soltanto assieme, e la comunità, ossia un insieme di persone che vivono il Club di Rugby non solo ed unicamente per una partita ed un risultato, ma per il piacere di contribuire ad un obiettivo comune.

Siamo da mesi come cittadini concentrati su un obbiettivo comune, fermare la pandemia; voi siete maestri davanti a nemici che vorrebbero conquistare il territorio. Come avete affrontato la battaglia contro un avversario invisibile?

La cultura e la resilienza, che il gioco ha connaturato in sé, hanno spinto tanti Club, la stragrande maggioranza sul territorio nazionale, a non mollare, a non chiudere in attesa del ritorno alla “normalità” nonostante le difficoltà. Così ai placcaggi ed alle mischie durante il lockdown si sono sostituiti gli allenamenti casalinghi che, tramite le varie piattaforme digitali, hanno coinvolto i giocatori e le giocatrici settimanalmente, arrivando persino, nei più piccoli, a vedere le mamme ed i papà accanto ai propri figli per tenersi in forma.

E la parte tattica della disciplina, gli allenatori e le altre figure che fanno vivere il mondo del rugby come si sono adeguate?

Gli allenatori, gli arbitri ed i dirigenti hanno continuato ad operare con riunioni di pianificazione e formazione, con instancabile capacità di adattamento al nuovo contesto.

La difficoltà vi ha unito più di quanto ti saresti aspettato? 

Tutto questo ha permesso per mesi di tenere unita la comunità dei Club, la quale in tarda primavera si è riversata sui campi, con entusiasmo e voglia di ricominciare, seppure nella consapevole osservanza dei rigidi protocolli previsti. Ad oggi l’attività di base, quella non di alto livello, si svolge senza la possibilità del contatto.

 Come è oggi la situazione sui campi di allenamento? 

Se oggi vi affacciate ad osservare un allenamento di un Club di Rugby dell’attività di base, quella non di alto livello, troverete prima di tutto genitori ed appassionati che in qualità di volontari si sono trasformati in “misuratori” di temperatura corporea, in “compilatori di auto-dichiarazioni”, in “convogliatori” verso percorsi per evitare il contatto tra i vari gruppi squadra in entrata ed in uscita, e in “sensibilizzatori” nel ricordare ai più giovani l’uso della mascherina quando non nell’esercizio delle attività sportive. 

Voi come allenatori riuscite a fare il massimo che potete?

Sul campo gli allenatori ai placcaggi ed alle mischie hanno sostituito gli esercizi individuali ed i giochi distanziati e senza contatto, alle partite del fine settimana le uscite di gruppo in bicicletta e le passeggiate, magari con il pranzo al sacco, per vedere una parte storica della propria città o una bel sito in natura.

 Cosa manca a tutto questo mondo?

Ci mancano da morire il contatto, le partite ed il successivo terzo tempo, ma siamo sicuri che se interpretiamo fino a fondo la cultura e lo spirito del Rugby, ne usciremo più forti e più uniti di prima.

Noi ne siamo certi, uniti e fiduciosi che il rugby supererà anche questa partita e arriveremo a meta tutti insieme.

Marco Raffaelli

 

Foto – FIR