Il refuso non ti lascia mai solo

Quando scrivo uso fare la prima stesura del testo su carta, in stampatello, con una penna blu, sulla mia agenda celeste perché così i pensieri diventano subito frasi di senso compiuto, senza filtri.

Poi, una volta allargato il canovaccio dell’argomento, passo con le dita alla tastiera.

Capita che il testo ne esce stravolto o è fedele all’inchiostro, dipende dalle condizioni esterne, dalla capacità di farmi ingabbiare da inutili nevrosi o dal confronto con i miei mentori in chat che mi fanno ricredere sulle mie inutili convinzioni.

Resta il fatto che, una volta trascritto l’argomento su file, ecco che lui, il REFUSO si rivela al mio cospetto e ci resterà fino alla pubblicazione e oltre.

Non c’è autore, poeta, giornalista che ne sia dispensato. Non c’è antibiotico contro questa forma batterica distorta della scrittura, non c’è scudo protettivo o antivirus

Puoi leggere il testo 742 volte, anche al contrario, parola dopo parola per isolare il senso e concentrarti sui singoli vocaboli. A volte rileggo per la 743a volta a voce alta, la sera a tavola davanti a tutti per capire se esce fuori la magagna.

Ogni articolo lo faccio passare sotto la scure di mia figlia, l’effetto positivo di questa depurazione da studi classici agisce sulla consecutio temporum, eventuali congiuntivi raccontati così a naso, sintasi in generale e punteggiatura.

Poi però arriva il momento in cui resti solo davanti alla tastiera ed è in quella fase delicata dell’editing che sono dolori.

È in quella solitudine che il REFUSO torna a prendersi gioco di te.

Ti guarda e ti giudica, se ne frega se è nel titolo dell’articolo o nella frase di chiusura. Se apre il testo mettendoti subito alla berlina o si accomiata da tutti con una risata di dissenso azzerando ogni valore del tutto.

Il refuso è la tua anima silente, tu provi ad andare oltre con un contenuto elevato ma le leggerezze umane bloccano ogni margine evolutivo.

Sei convinto del contenuto, lo leggi e lo rileggi consapevole di aver scritto il pezzo della vita, ti esalta e profuma di collettività e condivisione di pensieri, vivi e palpitanti sotto la lente della narrazione.

Ma quando ormai è metà mattina, a più di sei ore dalla pubblicazione, rileggi il testo e scopri che sei fatto di carne ed errori.

La tua penna ti potrà anche far viaggiare ma avrai sempre quel maledetto REFUSO che si burla di te tra due consonanti invertite o una doppia mancante.

Infine, ripensi alla storia del refuso che è stato per un secolo sulla prima pagina del New York Times e di cui nessuno se ne è accorto fino al 2000.

Perché il valore delle parole ti difende dalla tua negligenza, ti porta a un livello alto di comunanza con il prossimo e, nonostante tutto, continua a far bene a te e a chi avrà la pazienza di leggerti, REFUSI compresi.

Marco Raffaelli

 

 

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Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso