Il Crollo 

wall street

Si è chiuso un altro martedì nero per i mercati europei. Londra e Francoforte hanno bruciato oltre 100 miliardi di euro, tutti gli indici con perdite superiori al 4%. Solo Milano è riuscita a fare peggio, chiudendo con un pesante -5,2%. Fabio è ancora in ufficio, e i segni rossi delle borse colorano lo schermo del suo monitor.

Sbuffa e scalcia, e con la testa è già al weekend. Davanti alla sua scrivania c’è l’ultimo dei clienti, che, preso dal panico, si è presentato a chiedere spiegazioni.

Vede signor Fabio, i pochi risparmi che le ho affidato sono la mia assicurazione sulla vecchiaia, se continuo a restare sui prodotti che la sua banca mi ha fatto comprare, rischio di non ritrovarmi più nulla”.

Fabio è un promotore finanziario. Un carattere duro, severo con se stesso come con nessuno. Segue i clienti dal primo contatto fino alla chiusura. Un diploma di ragioniere, trentacinque anni, coccolato e protetto dalla banca.

Certo la capisco, Signor Petrillo, ma dobbiamo essere prudenti, uscire adesso sarebbe ancora peggio. Proviamo a passare su obbligazioni del nostro gruppo, le posso garantire che si tratta di prodotti a zero spese e zero rischi”.

Faccia tosta, come i sanpietrini su cui si allena ogni giorno. Fabio è un maratoneta, discreto fondista da giovane, oggi gira l’Italia a caccia di podi facili da portare a casa.

Fa una bella vita: single, casa di proprietà, belle macchine, amici nei locali alla moda e donne. Inizia l’attività di vendita di prodotti finanziari in piena euforia New Economy, con il Nasdaq che segnava + 6400 punti e il Down Jones oltre i 14.000, in pratica un altro mondo.

Marco entra nel suo ufficio. Il collega di sempre, un traffichino come si deve, piazza nei portafogli tutto quello che gli dicono di vendere e Fabio ha imparato da lui.

“Ciao Marco, scusa ma non li posso più sentire, a me ‘sti vecchi m’hanno rotto il cazzo, so’ pieni di soldi e vorrebbero capire pure cosa gli carico sul conto titoli. Hanno scoperto l’investimento diversificato, e pensare che viaggiavano con titoli di stato in portafoglio al 14%. Adesso vorrebbero lo stesso trattamento, ma se lo devono scordare.”

“Non mi dire che te la sei presa” , gli risponde l’amico, “fregatene, il sistema reggerà, noi abbiamo il culo parato e dei soldi di quei vecchi fottitene, non avrebbero avuto il tempo di spenderli. 

“Ho la testa piena di cose e temo di crollare presto o tardi”.

Marco è scaltro, freddo sul lavoro, un riferimento per i ragazzi in filiale, non solo per il lavoro. Si muove nei giri giusti della capitale. Ha tavoli riservati nei migliori locali e privè dove poter consumare qualsiasi cosa, frutto delle consulenze che offre ai suoi clienti di periferia.

“Fabio, ti alleni questa sera?” 

“Si mi alleno, ho un medio a 3.40 da fare, manca un mese a New York e se toppo il pronostico devo pagare la cena a quel rompi palle del Direttore Commerciale. 

“Cos’altro vuole quello stronzo?” 

“Il tempone, le chiusure che si becca con i miei clienti non gli bastano, vuole una maratona da campione. Mi serve ancora quella roba, me la porti questa sera?” 

Le amicizie di Marco sono sempre utili, anche per lo smercio d’ogni tipo di sostanza: dalle droghe sintetiche agli anabolizzanti per i cavalli.

Ti porto tutto quello che vuoi. A proposito ho la rossa, te la ricordi? L’hai conosciuta due settimane fa, mi ha chiesto di te.” 

“Lascia stare, non è serata, passo solo a prendere il flacone”. 

Non ce la faccio più a tenere questi ritmi, non so cosa mi stia guastando di più, se il crollo del sistema finanziario, gli allenamenti o i composti che metto in vena. Tutti i giorni in strada, compresi i bi-giornalieri. Eppure non basta. A New York devo fare 2h20’ il miglior tempo e stare tra i primi 50 assoluti.

Il locale dove si vedono Marco e Fabio è uno dei tanti, una stagione di lusso, poi via soppiantato da un altro più in voga.

“Ciao Fabio, ce l’hai fatta ad arrivare, ma che hai? Stai peggio di prima, tu non mi vuoi dare retta, smetti per un po’ con queste corse”.  Gli sbotta l’amico appena lo vede, e nel frattempo si sistema la giacca e si pulisce il naso appena riempito di coca purissima.

“Dammi la roba e me ne vado a dormire, sono a pezzi”. 

“Non rompere, te la do dopo, resta, fatti un bicchiere e una bella scopata, che è quello che ti serve”.

“No, non rompere tu, dammi il flacone e basta”.

Marco non perde troppo tempo nel convincere l’amico, ha già sulle gambe una moretta e nel naso altre due strisce di roba purissima, gli molla il flacone e lo manda a quel paese. Fabio scappa via, impaurito dalla sua stessa stanchezza, innervosito da quei corpi devastati da alcol e droghe, ha fame, deve mangiare e prendere la roba prima di domani.

Nel flacone c’è una sostanza nuovissima. Marco ha il suo fornitore, un farmacista cliente della banca, quanto di meglio. Il prezzo è scontato, ma la fornitura a singhiozzo. Le punture le ha sempre fatte, ha iniziato con il padre, durante la sua malattia, anni di cure per poi finire a marcire in un letto di ospedale. Conosce gli aghi, sa come prendere il muscolo, da solo, allo specchio, non ha mai sbagliato un colpo.

Si guarda, nudo, nel bagno di casa, si fa schifo da solo.

Ha perso altri quattro chili nell’ultimo mese, le costole sembrano scoppiare fuori, i muscoli delle gambe sono contorti come le radici di un albero, ma fa i mille a 3’ a km per 12 volte di seguito. Il livello dei globuli rossi non è mai stato così alto.

Di New York non gliene è mai fregato molto, è stata una scommessa tra colleghi, si è rivelato poi solo un appiglio. Vuole vedere dove potrà mai scendere, capire dove finisce la sua vita, in quale voragine chiudere ogni speranza. La corsa in quelle condizioni è la cartina torna sole del suo presente. Sente un livore che se lo mangia, il suo corpo è un germe deforme, la purezza del gesto è narcotizzata da un’avidità segno dei tempi.

Finalmente ci sono, corro come so fare, solo, anche in mezzo a milioni di persone, sono al 35° km. Harlem, rientrato sulla Fifth Avenue, so già come finirà, 2h.20’ secco. New York non è come dicono, sono 42000 passi, nulla di più.

Marco aveva ragione, i suoi cavalli guadagnano sempre. Il Direttore commerciale ha vinto ancora, sapeva quanto poteva spremere al suo galoppino.

Fabio è steso su una barella del servizio medico della gara, dopo l’arrivo ha avuto un collasso, non c’è nessuno ad aspettarlo. La medaglia al collo è un inutile pendaglio. Ha freddo vuole tornare a casa, è arrivato tra i primi venti, ha il corpo gelato, ha fatto tutti contenti, tranne se stesso.

Il fondo è arrivato, meno male.