Il bambino che voleva essere tedesco

C’era un bambino che voleva essere Tedesco.

Per volere della sua mamma il bambino deve rimanere anonimo, perciò lo chiameremo il Tedesco, ma vi assicuro che il bambino è italianissimo.

Solo che, a nove anni, ha deciso che non gli piace come si comportano gli italiani, perlomeno quelli del Sud che ha tutti i giorni sotto gli occhi; al contrario, nutre una profonda ammirazione per l’ordine e la disciplina dei Tedeschi.

Così ha deciso di essere Tedesco.

Tanto che in molte occasioni nel chiacchierare con la sua -italianissima- famiglia, parla in prima persona plurale, del tipo “Noi Tedeschi non ci comportiamo così” oppure “a Noi Tedeschi piace questo…”.

Allo stesso modo, spesso e volentieri per definire il resto dei familiari e dei suoi concittadini usa la seconda plurale, un “Voi Italiani” ammantato di malcelato disprezzo.

Sta di fatto che il bambino in questione ha una sorella, che sempre per volere della sua mamma manterremo anonima chiamandola semplicemente la Sorella. E ogni volta che il Tedesco parte con la storia di “Noi Tedeschi” e “Voi Italiani”, la Sorella immancabilmente scatta: “Smettila con questa fesseria! Tu sei Italiano!”

“No no. Voi siete Italiani” (sul Voi c’è sempre una punta di disprezzo) “Io sono Tedesco”.
“Non sei Tedesco! Mamma!”

Che poi è una famiglia che chiacchiera molto, e questo siparietto può avvenire anche più di una volta al giorno.

I bambini, come la maggior parte dei bambini, oltre alla mamma hanno anche un papà, che per volere della di lui moglie manterremo anonimo, chiamandolo semplicemente il Papà.

Bene, un pomeriggio il Papà era in auto coi bimbi, e la Sorella fece una qualche osservazione sul fatto che il corso principale della loro città fosse dedicato all’ultimo re d’Italia.

Il Papà colse la palla al balzo (ci sono certi papà che hanno la fissa per cogliere certe palle al balzo, è più forte di loro), e partì con un’appassionata spiegazione sul fatto che Vittorio Emanuele II (cui è dedicato il suddetto corso) era il Re che unificò l’Italia, ed era il nonno di quel vergognoso personaggio che risponde al nome di Vittorio Emanuele III, ultimo re d’Italia, colpevole di numerose nefandezze, tra le quali di aver avallato il Fascismo, controfirmato le leggi razziali, ed essere vigliaccamente fuggito dopo l’armistizio, lasciando l’Italia allo sbando.

“Perché papà, non si deve mai fuggire?”
“Beh certamente non se sei un Re. Quando capisce che una guerra è perduta un buon Capo, e tanto più un buon Re, deve rimanere al suo posto fino all’ultimo, per poi consegnarsi al nemico e cercare di ottenere le condizioni di resa migliori possibili per il suo Popolo.

Quell’ometto (piccolo di statura e di spessore) invece fuggì immediatamente dopo la comunicazione dell’Armistizio, lasciando allo sbando cittadini ed esercito.

Quei giorni di incertezza diedero alle truppe Tedesche il tempo di riorganizzarsi e arroccarsi in posizioni difensive. Per sconfiggerli sono state poi necessarie settimane di dure battaglie con migliaia di Italiani morti, che quel miserabile ha in buona parte sulla coscienza”

“Che brutto Re!”
“Che vergogna!”

“Ma non è tutto ragazzi” e qui il buon Papà, che tra i suoi tanti vizi ha anche quello di un convinto e persistente antifascismo, decise di sfruttare l’attenzione provocata dal racconto per cogliere un’altra palla al balzo.

“Pensate che quell’altro pagliaccio di Mussolini non è stato da meno: dopo aver passato un ventennio a riempire la testa degli Italiani di chiacchiere tipo Vittoria o Morte, Boia chi molla, Credere Obbedire Combattere e altre idiozie legate al culto della sua personalità, è stato beccato dai partigiani mentre cercava di fuggire in Germania travestito”

“hahahaha travestito come?”
“Con occhialoni e baffi finti”
“hahahahaha”
“No scherzo, si travestì da soldato Tedesco (i soldati avevano un salvacondotto per ritirarsi), e fu preso mentre tentava di attraversare la frontiera.

Ma il succo non cambia: un altro capo che nel momento della disfatta abbandona i suoi e tenta di salvarsi la pelle.

In questo c’è da dire che Hitler –che comunque era un mostro- quando i russi sono entrati a Berlino almeno ha avuto la dignità di rimanere fino all’ultimo nel bunker di comando, e poi spararsi; senza tentare fughe da miserabile”

Finito il predicozzo il bravo papà si fermò al semaforo rosso, contento di aver instillato nei suoi pargoli un sapiente mix di rettitudine morale e di sano antifascismo.

Ma prima ancora che scattasse il verde, ebbe l’ennesima conferma che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.

“Hai visto papà? Noi Tedeschi siamo i migliori anche quando perdiamo le guerre. Non come voi Italiani”

“La smetti! Tu sei Italiano!”
“Nooo. Voi siete Italiani, Io sono Tedesco!”

“Non sei Tedesco! Papà!”

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