Ci sono stati anni in cui tornavi dalle vacanze e il solo ed unico pensiero era: “come cazzo faccio a finire i compiti?”.
Non riuscivi a fartene una ragione sul come ti erano potuti sfuggire quasi 100 giorni di spensieratezza, trascorsi senza toccare neppure un libro.
Sembrava come se ti avessero infilato in un tubo attaccato ad una acceleratore spazio temporale e di colpo ti avessero spedito al 1° Settembre dove tutto era diventato altro. Il bello però era che avevi fatto tantissime cose.
Eri partito e tornato con mamma, papà, sorella, zio, zia e cugine in quei viaggi di un mese che si facevano solo negli anni 70/80. Avevi partecipato a partite di pallone con risultati epici, sfrecciato in corse con la bici sotto casa, stravinto a match di tennis batti muro, giocato a baseball con campi senza fine, e nascondini dove qualcuno ancora deve essere ritrovato.
Avevi trascorso intere serate, con i tuoi amici, poggiato alle macchine sotto casa a produrre tonnellate di anidride carbonica. Avevi assunto a tuo passatempo pomeridiano la noia, quella allo stato puro, perfetta, pulita, essenziale.
“Eppure ti bastaaaava fare un tema a settimana…“ ti ripetevano ad inizio scuola quegli stronzetti del primo banco della fila di centro e te che pensavi ….“ ma tu ci hai mai giocato a tre tre giù giù per un intero pomeriggio?”.
Per non parlare della lista infinita degli esercizi di matematica che non avresti risolto neppure avendo a disposizione tutti i giorni necessari per costruite San Pietro, Colosseo e linea C messi insieme.
Ci sono stati anni in cui tornavi dalle vacanze e lo stato di ansia da produzione scolastica per fortuna era ricompensato dall’attesa affannosa di vedere cosa c’era nella cassetta delle lettere.
Luogo di speranza, conferme, delusioni, aspettative. Certezza calligrafica che poteva deporre a favore di un’amicizia che sarebbe potuta diventare altro.
Tornavi dalle vacanze senza manco una foto del tuo viaggio o di quello degli amici ma bastava sapere che loro erano di nuovo lì, sotto casa, con il super santos, la maglietta a righe, le ginocchia sbucciate, visi neri dalla polvere e sorrisi accesi dalla gioia di iniziare nuovamente a correre, fino alla fine, fino a non avere più fiato, fino ad arrivare davanti al piazzale di scuola anche senza compiti, anche senza cartoline ma da bambini felici e anche un po’ più sereni di oggi.