Correre non è un dovere e non voler correre è un diritto sacro santo.
L’ostinazione e la tenacia di un uomo è espressa in tantissime forme. La corsa è una di queste ma non è la sola moneta di scambio atta a misurarne la sua volontà.
La noia di un’azione ripetitiva rischia di esaurire ogni proposito di avanzamento. L’azzardo è di passare sulla riva opposta di quel fiume endorfinico generato dalla corsa dove tutto è possibile.
Chi può decidere cosa è giusto o sbagliato, se remare a favore di tale deriva statica o correre all’infinito?
Così sono nati i diritti di chi corre che fanno da contraltare ai doveri stesi sul filo immaginario della perseveranza che unisce la linea di partenza e d’arrivo.
Il Diritto di non correre
Ci sono persone felicissime che vivono una vita lontana 1000 miglia dalla corsa. Non bramano l’allenamento, non smaniano per il prossimo pettorale, non indosseranno mai alcuna medaglia, eppure vivono una vita piena di tutto e soddisfatti della loro immobilità, pienamente convinti che il divano sia la scelta più giusta per finire la giornata, in pace e in serenità. Perché correre non è il rimedio universale a tutti i mali interiori.
Il Diritto di saltare gli allenamenti
Vivere la corsa consapevoli del proprio valore comporta anche la libertà di non volersi allenare nel giorno imposto dalla tabella di preparazione, indipendentemente dalla voglia che si ha o dalle condizione meteo. Spesso facciamo l’errore di elevarci a paladini della volontà umana, quando sappiamo bene che lo sport non è l’unica forma espressiva di un proposito di ferro.
Il Diritto di non finire una gara
È forse la scelta più evoluta del runner di oggi. La raggiunge solo dopo una forte autonomia. Cosciente che potrà, se vorrà, finire la stessa gara un domani, se verrà. Il diritto per un atleta di non finire una gara, di vivere il gesto sportivo scollegato dalla performance evolutiva. Un riallineamento di una garanzia necessario per non sottostare al capestro secondo il quale: se parti devi sempre tagliare il traguardo. Di non subire una sfida che non è entrata nelle proprie corde emotive e non concede alcuno spazio alla voglia di mettersi alla prova. Fine gara. Meglio.
Il Diritto di rifare 100 volte la stessa gara
Il diritto di esserci ancora una volta su quella linea di partenza che è di fatto un dovere del nostro animo. Una ragione all’apparenza infantile, ed è qui la forza di rifare e rivivere la stessa gara. A noi la frase “il gioco è bello quando dura poco” non ci è mai piaciuta e come una giostra che gira e da cui non vuoi scendere rimetti il gettone per ripartire senza una sbavatura, infantile punto di vista di una strada che è espressione del più bel capriccio atletico possibile.
Il Diritto di fare qualsiasi gara senza un vero perché
Non pensare ad alcuna strategia di squadra, stare fuori dei canali ufficiali da medaglie iridate e scoprire eventi inattesi e nuovi. È questa la libertà espressiva dello sport, deve aiutare a correre dove non avresti mai potuto. Arrogarti il diritto di prendere parte qualsiasi manifestazione senza addurre la benché minima giustificazione. Perché nessuno ci può dire se una gara è meglio di un’altra. Fatele tutte e decidete da soli la relativa scala di valore.
Il Diritto di correre su qualsiasi terreno
Il parco sotto casa potrebbe essere il solo posto dove correrai, ma ricordati che non hai limiti, non sei il Truman del running. Nessuna scarpa ti dirà dove correrai. Fissa un punto all’orizzonte e raggiungilo con l’adeguata consapevolezza dei tuoi limiti e delle tue dotazioni. Il resto saranno tutti i terreni del mondo sotto i tuoi piedi.
Il Diritto di correre ogni tanto
La ripetitività del gesto della corsa dovrebbe essere, nella sua funzione di avanzamento, forma espressiva di libertà ed emancipazione del gesto stesso e lo si otterrebbe solo esercitando il diritto autonomo di correre quando vogliamo, non quando dobbiamo. Che sia una volta l’anno, o una notte al mese, un giorno intero, non conta sono certo che in quella corsa singola non resteremo delusi mai.
Il Diritto di correre e non dirlo a nessuno
In mezzo a tutto questo frastuono tornare alla radice dell’uomo sarà terapeutcio, a quel legno cavo che batte nel bosco e segna il ritmo della corsa verso la preda braccata. Questo è il suono del mondo, sottofondo perfetto per una corsa che non ha bisogno di grida, di annunci e proclami. Correre e viverlo interiormente ti farà essere più forte di qualsiasi avversario.
Tu corri, se vorrai, ne hai il diritto comunque.
Marco