In 5 giorni 4 milioni di euro. Un dato che, relativamente a un film italiano, è una rarità assoluta. Non ci riesce nemmeno Verdone, tanto per fare un nome. A CASA TUTTI BENE di Gabriele Muccino è arrivato a questo primo traguardo. L’analisi da fare sul risultato e sul film stesso è assai complessa. La prima riflessione è : perché Muccino attira così tanto livore nei suoi contemporanei? Sì, livore.
Alcuni tra i miei migliori amici lo detestano, sin da L’ULTIMO BACIO e prima della parentesi americana ( speriamo sia tale, perché, e qui comincio subito a dirlo, l’Italia ha bisogno di qualcuno che la racconti con questo sguardo che sarà pure nevrotico ma non ha paura degli accenti di verità, dove sostanza e forma si compenetrano in modo coerente e inatteso ), sputando fuoco e aggettivi severissimi.
Nessun regista italiano scatena questo tripudio di posizioni così nette e i detrattori hanno di solito lingue ( o penne ) affilatissime, anche tra i recensori professionisti, non solo tra quelli da divano o social network.
La risposta, sin dal 2000, è difficile da dare: sarà quell’ansia nei dialoghi? Quel tenersi pericolosamente in bilico tra Scola e Fabio Volo? Sarà la ruffianeria, la riconoscibilità, la coscienza? Certo è che Muccino anima dibattiti e accende discussioni che poi trascendono il fatto puramente filmico.
Inevitabilmente si finisce a parlare di noi, di come siamo, degli errori che abbiamo fatto, dei rapporti irrisolti, di amore, famiglia, figli, società, tradimento, separazione, divorzio, soldi, lavoro. Ci sono altri registi che portano a questo? Ve le immaginate due coppie uscire dal cinema dove si proietta la solita media rassicurante commedia italiana arrivare, dal fim, a parlare di loro?
Non accade. Succede solo con Muccino. E, anzi, non succedeva da RICORDATI DI ME, almeno. E questa è una buona notizia, c’è poco da fare. Che il cinema veicoli discussioni, che porti a casa, in macchina, sul web, nelle sale d’aspetto, se stesso è un fatto che non si verifica spesso e che riesce a ridurre la distanza tra cinema e società.
Anche il livore, punto di partenza che andrebbe analizzato in modo non superficiale, spia di chi si sente messo a nudo, forse, da un regista che può anche risultare ruffiano ma che è di certo sensibile ( e che forse per questo allontana, a volte ), è indice del coinvolgimento che Muccino riesce a provocare. “Io Muccino lo odio da sempre” “Io lo detesto proprio come persona! “ “Perché deve far pagare i suoi problemi personali a noi? “.
Frasi che in queste settimane si rincorrono un po’ ovunque e che alimentano il dibattito per un film che non può non risultare importante.
Personalmente, ho vissuto A CASA TUTTI BENE, titolo chiaramente ossimorico quanto la locandina in cui tutti sorridono, come un ritorno a casa. Di Muccino, dei suoi attori e di una vicenda italiana ben scritta e meglio ancora recitata.
Sembrava di rivedere tanti amici dopo tanti anni, in cui nessuno li aveva raccontati come avrebbero meritato. Una festa che è anche una festa del cinema italiano. Una festa che è anche una dimostrazione di regia, laddove l’unità di luogo ( l’isola ) avrebbe potuto rendere teatrale un cinema mosso per sua natura quale quello di Muccino, invece no: è cinema quando Valeria Solarino e Carolina Crescentini, dopo essersi tenute a freno per tutto il film, si picchiano furiosamente, è cinema quando Accorsi ( che sembra rinato anche lui ) cerca di non accendersi troppo in una relazione suicida con sua cugina, o quando Marescotti, nel bel mezzo di questa reunion di cui è artefice, afferma che la famiglia per lui è un incubo, o quando Tognazzi, in un climax sempre più insopportabile, rivela tutta la sua bassezza e la sua disperazione.
Se ne parlerà a lungo, di questo sguardo disincantato e lucido, sempre pronto però a nuove improbabili accensioni e a nuove illusioni, a 16 come a 45 anni, uno sguardo che attualizza Germi, Scola e Monicelli ( che però non avevano tutti questi nemici ) e che fa male, raggela conquistando, ti lascia a bocca aperta e ti fa chiedere ( perché ormai siamo abituati alla serializzazione di qualsiasi storia ) che fine faranno le tante storie rimaste aperte.
Aperte in una compiutezza che mi pare indiscutibile e che compatta la filmografia di Muccino facendo entrare aria e vento, proprio come la mareggiata responsabile di una resa dei conti tanto amara quanto improcrastinabile.