Empatia

Empatia, secondo l’enciclopedia Treccani, è la capacità di porsi nella situazione di un’altra persona.

Pare che sia una caratteristica più sviluppata nel genere femminile, ma devo dire che anch’io in più di in occasione ho provato empatia per qualcuno. Ma la volta in cui con più forza ho provato un senso di immedesimazione empatica è stato l’altro giorno nei confronti di Unai Simon, il portiere della Spagna.

Campionati Europei di calcio 2020, (che in realtà si giocano nel 2021).

E’ il 20’ minuto di Spagna-Croazia, ottavi di finale; le squadre sono sullo 0 a 0.

Pedri, difensore Spagnolo, fa partire dalla trequarti un innocuo retropassaggio al suo portiere.

Il buon Unai Simon, portiere ventiquattrenne dell’Atletico Bilbao e della Nazionale Spagnola, vorrebbe stoppare il semplice retropassaggio col piatto destro, ma gli capita qualcosa che -ahimè- conosco bene, e ho battezzato sindrome del piede fantasma: il pallone, anziché fermarsi contro il piede, sembra smaterializzarsi per un attimo per ricompare immediatamente dietro di me, continuando la sua corsa sulla sua traiettoria come se io fossi un ectoplasma.

E quindi la conosco bene la sensazione. Ho ben presente sia lo stupore, quando il pallone anziché fermarsi contro il mio piatto destro passa oltre, e prosegue indisturbato la sua corsa; e sia il senso di vergogna, la voglia di sprofondare; e quell’alzata di mani per chiedere scusa ai compagni di squadra.

La stessa cosa è successa ieri al povero Unai Simon. Con due piccole ma sostanziali differenze:

Uno, io non gioco in porta, ma sulla fascia. Quando mi capita questa surreale cagata, di solito la palla rotola verso il fallo laterale, e gli avversari guadagnano una rimessa gratuita: sicuramente imbarazzante, ma raramente risolutiva. Il povero Simon invece era portiere, e la sua cagata ha regalato il gol del vantaggio agli avversari. Brutta storia.

Due, io non gioco gli Europei, trasmessi in mondovisione. Le mie figuracce rimangono circoscritte agli altri quindici giocatori in campo e qualche spettatore sporadico; se proprio va male siamo a fine partita e ci sono fuori gli altri sedici della partita dopo. E’ una figuraccia, ma so che poi andremo a bere, e in qualche modo mi vorranno tutti ancora bene. Unai Simon no. Lui era di fronte a milioni di telespettatori, e difficilmente potrà metterci una toppa versando da bere a tutti.

E così capisco bene cosa deve aver provato quando ha visto la palla scorrere via, e quando ha alzato le mani per chiedere scusa a tutti. Solo che nel suo caso “tutti” non erano solo i suoi compagni di squadra, ma un’intera Nazione.

In una situazione così non so come avrei reagito.

Forse avrei finto un infortunio, avrei chiesto il cambio. Forse avrei meditato di cambiare sport; e magari anche nazione.

Unai Simon no.

Ha chiesto scusa, è rimasto in campo, e nel corso della partita ha fatto un paio di buone parate, oltre ad un autentico miracolo, salvando il risultato per la sua squadra che poi ha pure vinto la partita, qualificandosi per il turno successivo.

E al turno successivo contro la Svizzera è risultato ancora determinante, salvando la porta durante il tempo di gioco, e parando addirittura due o tre rigori, portando la Spagna in semifinale.

E insomma, la storia di Unai Simon è un po’ la storia di tutti noi, che nel calcio come nella vita compiamo errori.

Un sacco di errori.

Involontari, a volte plateali e imbarazzanti.

Potremmo avere la voglia di lasciare tutto e fuggire via, crogiolandoci nell’autocommiserazione. Del resto già ci aveva avvertito il Poeta, “lentamente muore chi non trova grazia in se stesso”: è tanto facile cedere alla voglia di buttare tutto e lasciarci lentamente morire dentro.

E invece questa bellissima storia di sport ci insegna che anche per noi, maldestri col piede fantasma e l’errore facile, c’è sempre la possibilità di riscattarsi. E la rinascita passa passa proprio dal chiedere scusa, dai quei guantoni alzati al cielo di Unai Simon.

Riconosciamo il nostro errore, chiediamo scusa a tutti, e torniamo a lottare per quello che riteniamo giusto.

Probabilmente avremo l’occasione di riscattarci.

Magari porteremo la nostra squadra in semifinale.

#StorieDaCaffè