Dove sono i giovani nel mondo del podismo amatoriale?

Questo è uno spaccato del mondo del podismo amatoriale visto dal bordo di una gara.

Domenica prossima correrò per la diciottesima volta la Tre Comuni, una manifestazione podisitica organizzata dall’Atletica Nepi, si corre sulla distanza poco sopra i 22 km, esigente e severa come una domenica mattina di gennaio.

Nata nel 1980 ha fatto la storia del podismo romano e a cui intere generazioni di amatori vi hanno preso parte in un confronto fisico spsesso impari.

Eventi che non sono alla moda, poco inclini ai social, lontani dagli echi dei campi di atletica e dai cross per giovani promesse, usarli per affrontare il tema del rinnovamento del running nazionale non è corretto.

Ormai è una scena che conosciamo bene quella che si presenta in occasione delle nostre  manifestazioni podistiche, in particolare sulle gare medio lunghe e non solo, dove l’età dei partecipanti va dai 35 – 55 anni.

Ogni domenica nelle gare siamo sempre gli stessi, invecchiati e stanchi, un mondo, quello del podismo amatoriale in cui da anni non si leggono messaggi di storie rivolti agli “under 25”, segnali che siano propedeutici al loro avvicinamento al running.

Per carità va tutto bene e siamo contenti di leggere del novantenne premiato per la sua tenacia ma tra record master M80 a seguire, statistiche di partecipazione alle gare tendenti ai master “senior”. Stimoli organizzativi e premianti rivolti solo ai senior nell’organizzazione di gare.

In questi giorni, dopo la Corsa di Miguel, abbiamo visto la storia di Antonio Rao che a 90 anni ancora taglia traguardi fiero della sua condizione fisica. “Ho cominciato a 14 anni perché non riuscivo mai ad acchiappare un mio amico. Da allora non mi sono più fermato” racconta.

Ma perché non abbiamo storie di chi oggi ha 14 anni? È così difficile raccontare la fatica senza farla diventare nemica dei ragazzi?

La Deejay Ten di Linus ha rotto le regole portando moltissimi giovani a correre, ha creato un evento più simile alla festa all’interno dell’evento sportivo della corsa, ha pianificato messaggi e comunicazione con un target rivolto principalmente ai giovani riuscendo a coinvolgerli in maniera emozionale verso un happening sportivo fuori dagli schemi usuali che chi organizza dovrebbe incominciare a studiare se vuole andare oltre la categoria master.”

Oramai il mondo del running è proiettato ad “inseguire” la categoria sportiva più ricca di soldi: il master over 40 che ha disponibilità da spendere per attrezzature, viaggi, gare.

Il resto non conta, i giovani non spendono e quindi l’investimento su di loro si può tralasciare, poco produttivo e scarsamente profittevole.

In tutto questo la fidal è colpevole di non saper colmare questo vuoto generazionale perché lei stessa interessata e coinvolta ad alimentare questo remunerativo “filone master”…

Meglio far correre per la diciottesima volta una gara in provincia a un master stanco e annoiato…

 

 

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