Donn&Ultra, una storia tutta da scrivere

Ann Trason, Camille Herron, Megan Guterl, Courtney Dauwalter, Jasmin Paris, Silvia Morelli.

Queste donne hanno due cose in comune: sono ultramaratonete e hanno vinto gare lasciando dietro tutti gli uomini. Eppure, fino al 1972 alle donne non era consentito partecipare alla maratona e fino al 1980 la distanza più lunga in programma ai giochi olimpici erano i 1.500. Si diceva che le lunghe distanze mal si adattassero al nostro corpo.

Non si hanno molte notizie sugli inizi della partecipazione femminile alle ultramaratone (qualsiasi gara al di sopra dei 42km).

Si sa con certezza (DUV alla mano) che le prime tre edizioni della Western State, la 100 miglia più vecchia, sono state senza donne e la quarta, nel 1978, registra la presenza di un’unica donna.

Jasmin Paris

Il Passatore, invece, già alla prima edizione, nel 1973, registrò 15 donne arrivate. In questo caso sappiamo, però, che nonostante la costante presenza delle donne in gara, il posto d’onore spettava solo agli uomini, almeno fino alle prime, fondate, rimostranze: nel 1982 l’atleta Anna Messina, che nell’81 era arrivata seconda “rimase perplessa, perché alla partenza a piazza della Signoria, nella zona riservata la giuria chiamò i primi 25 uomini del 1981 e scrisse:

«Ritengo che riservare alle donne lo stesso trattamento riservato agli uomini (posto riservato alla partenza, invito con indennizzo per le spese…!) sia un atto di giustizia e di uguaglianza»”.

Così riporta Dolcini nel suo libro 100 km del Passatore 1973/1992.

A quasi quarant’anni di distanza, le donne si sono fatte spazio quindi non solo nella maratona ma anche nelle ultramaratone e nonostante la percentuale di partecipanti donne resti sotto il 20%, i numeri aumentano di anno in anno e i risultati sono in costante miglioramento.

Il divario uomo/donna diminuisce e, da qualche anno, questo occupa molte pagine sui vari magazine dedicati alla corsa e attrae l’attenzione di medici sportivi e ricercatori.

Courtney Dauwalter

Si cerca di capire se questi risultati siano casuali, o collegati a determinate atlete e particolari condizioni di gara, oppure se questo sia un trend che avrà, nel tempo, il risultato eclatante dell’annullamento del divario uomo/donna.

Uno studio del sito RunRepeat, chiamato “State of Ultra running”, ha analizzato più di 5 milioni di risultati tra il 1996 e il 2018 rivelando un 11,1% di differenza tra il tempo di arrivo degli uomini e quello delle donne sulla distanza della maratona, del 3,7% oltre le 50 miglia e dello 0,3% sulle 100 miglia.

Oltre le 195 miglia, le donne sono più mediamente veloci degli uomini dello 0,6%.

Chiaramente, studi come questo che si basano su medie e percentuali possono essere fuorvianti, perché il numero delle atlete partecipanti è ancora troppo basso e si abbassa man mano che la distanza aumenta.

Di conseguenza i valori possono essere influenzati dalla migliore preparazione media delle poche donne partecipanti, rispetto ai colleghi uomini.

Però ci sono sicuramente indicazioni interessanti che arrivano da studi scientifici e che dimostrano come alcuni dei vantaggi fisici che favoriscono gli uomini nello sport, servano meno sulle lunghe distanze.

Per esempio, la bassa percentuale di grasso corporeo. Sembra che, in realtà, fino a un certo livello, il grasso corporeo possa essere un vantaggio nell’ultrarunning, specialmente se abbinato al fatto che le donne sembrano bruciare – o ossidare – il grasso corporeo meglio degli uomini durante la pratica aerobica.

Lorena Brusamento

 

Nicholas Tiller, ricercatore in fisiologia dell’Università della California, sostiene che le donne hanno una distribuzione maggiore di fibre muscolari a contrazione lenta e più mitocondri (la parte della cellula che produce energia).

Le donne sarebbero, quindi, meglio equipaggiate per usare l’ossigeno e bruciare il grasso e si stancherebbero più lentamente. Inoltre, dice Tiller, gli altri vantaggi fisiologici maschili, come per esempio il VO2 max, potrebbero essere meno utili nell’ultrarunning, in cui lo sforzo è ampiamente all’interno della soglia aerobica.

“Se vuoi andare a 50km/h, non è detto che avere un motore di 4.000cc nella tua macchina ti aiuti”.

Gli studi sono molti ma ancora non sono definitivi e considerando che la strada da percorrere e il distacco da recuperare è tanto, è tutto da provare.

Il fatto è, però, che se c’è uno sport in cui il divario uomo/donna sta diminuendo questo è sicuramente l’ultramaratona.

Ora, non è che stiamo declamando o auspicando la superiorità di genere.

La cosa non potrebbe interessarci meno. Ma ci esalta questo senso di possibilità che riusciamo ad intravedere, questo accorciare le distanze, questo dimostrare che si può.

È forse solo questione di tempo, forse basta aspettare che molte più donne si convincano che è possibile ritagliarci uno spazio tutto nostro in cui metterci alla prova e competere.

Quando sempre più donne decideranno di cimentarsi in qualcosa che fino all’altro ieri non era “appropriato” o non era “fisicamente possibile” secondo dettami dettati dalla società, forse allora i risultati si vedranno più chiaramente e quelle statistiche e medie avranno più valore.

È tutto questo che ci ha attirato e che ci ha spinto a creare uno spazio in cui le donne ultramaratonete vengono messe in evidenza, in cui venga loro data una voce ancora più forte e in cui altre donne possano riconoscersi e magari arrivare a pensare ‘posso’.

Donn&Ultra non dà consigli su come iniziare e sicuramente non dà consigli su come perdere peso correndo più a lungo. Perché a noi non interessa.

Lo sport è sfida con noi stesse, il nostro corpo ha valore per quello che riesce a fare e per ciò che riesce a raggiungere quando si spinge oltre i limiti.

Monica Francioso

www.donneultra.com