Dipinti in Cerchi- sesta puntata

Il mondo dello spettacolo italiano sta per cambiare pagina: sta per essere presentato il progetto DIPINTI IN CERCHI. Un sottofondo culturale come quello di ricreare il circolo di Bloomsbury che circa cent’anni fa faceva capo a Virginia Woolf. Ma cosa sarà? Televisione? Teatro? Cinema? Un reality? Proprio alla vigilia dello svelarsi della lista dei dieci prescelti, scompare in un incidente in mongolfiera BluRose Dati, la moglie del regista e ideatore del programma, Jorge Carrasco. Assistiamo dunque ai passi prima timidi poi via via più sicuri di Malvina, l’assistente di Jorge che a Merano prende in mano il tutto in un momento così delicato. Piano piano conosciamo tutti i protagonisti del progetto, cinque professionisti e cinque non professionisti. Le loro reazioni alla notizia di esser stati scelti, il loro rapportarsi con i social, i dissidi le difficoltà, le emozioni.

Malvina ha appoggiato delle schede sul pianoforte dell’appartamento. Ha buttato un occhio sul ponte romano che si intravede dalla finestra del salone ed è tornata al pc con la tazza di caffè in mano. Ha fatto una call con l’amministratore delegato della società che produrrà Dipinti in cerchi, ha riprovato a chiamare Jorge senza successo, ha bevuto il caffè di un sorso ed è tornata al cellulare:

• Sì, Walter, mi è tutto abbastanza chiaro. Non so se la sede del tutto dobbiamo rivelarla in conferenza stampa o tramite social, diretta o comunicato, tutto qui. Solo questo non so. E non so la tempistica, ovviamente. Per il resto è tutto incastrato. I concorrenti sono stati avvisati tutti, hanno firmato tutti tranne uno, per il momento ma credo che arriveremo a meta in giornata. Tobia Spilimbergo, sì. Lo so, ma insistiamo per bene. Se c’è lui è il colpo grosso. Più di Michelle, probabilmente. No, Jorge non sta per tornare, non ancora. Non mi ha detto più nulla e non risponde né alle telefonate né ai messaggi.

Nelle orecchie ha ancora quella frase “Forse salta tutto” che non ha trovato echi nelle mosse, nei passi e nelle parole di tutta la squadra. Anche se continua a farle paura. Sta continuando a spostare persone, a prendere impegni, a occupare capitali, tempo ed energie con questo senso di sospensione che le pulsa sulle tempie come un interrogativo legnoso, rigido e spaventoso. “Forse salta tutto”. Eppure sono usciti i nomi dei protagonisti e domani le città saranno tappezzate da questi dieci volti che diventeranno familiari a tutti: dai panettieri ai marchesi, dai clochard ai banchieri, a chiunque, insomma, guardi le strade, che sia da un bus o da un auto blu, a chi sia un po’ curioso e a chi lasci qualche maglia aperta sul mondo e sulle possibilità. Come sta facendo lei, come ha sempre fatto lei, con talento ed elasticità in ogni fibra. Non si aspettava questo dal primo giorno meranese, non questa valanga di responsabilità, non questa scomparsa di Jorge. Si fa una doccia prima di andare al Kurhaus a vedere a che punto sono i segretissimi preparativi. Nessuno sa che il luogo prescelto per il programma è quello. Nessuno dovrà saperlo fino all’inizio.

Jorge ha vissuto le tappe verso il corpo senza vita di sua moglie come un’agonia. Come un atto necessario e dolorosissimo verso il quale andare senza velocità. Come si può andare incontro al dolore pieno, supremo, a passi veloci? Ha bevuto un caffè nero in un chiosco appena fuori dall’ospedale e ha sentito l’onda spietata dell’emozione non appena ha inquadrato l’edificio. Giallo, basso, talmente basso che sembra impossibile possa contenere morti e malati di ogni età e di qualsiasi provenienza. Ha chiesto in inglese delle indicazioni più rassicuranti verso la camera mortuaria, non si è accorto di chi lo stava aspettando – un pubblico ufficiale? Un medico legale? Un poliziotto? – perché non vedeva più nulla, gli occhi pieni di lacrime e il soffitto che gli sembrava sempre più basso e schiacciante man mano che i metri di lontananza dall’evidenza della morte di BluRose venivano mangiati e tutta la sua anima urlava tutti i sentimenti del mondo fuorché quello della rassegnazione.

Vedrai che respira.

Vedrai che è tutto un errore.

Vedrai che appena entri nella stanza BluRose apre gli occhi.

Non piangere, che se apre gli occhi nemmeno te ne accorgi.

Non piangere, anche se ti stai avvicinando sempre di più e ti sembra di sentire il profumo.

Non piangere, non devi piangere, nemmeno quando scopriranno il volto dal lenzuolo e ti accorgerai che certo che è lei ma proverai a scuoterla, a parlarle, ad urlare.

“Is your wife?”

Jorge non riesce a rispondere. Le prende il viso tra le mani. Sembra stia davvero dormendo, sembra sia felice e in prossimità di svegliarsi. La bacia sulle labbra. Indugia.

“Please, mr. Carrasco, please!”

Lo bloccano in due l’istante prima che lui tenti di sollevarla per abbracciarla. Jorge scoppia a piangere in un urlo prolungato e assordante.

“Please! Silence, please!”

Non c’è bisogno di risposte, né in inglese né in italiano. Dopo l’urlo e mentre il volto di BluRose viene ricoperto, Jorge crolla su una sedia faticando a non perdere i sensi. Gli occhi gli impediscono di vedere tutto quello che gli sta attorno.

Michelle, sei dentro.

Il messaggio le arriva alle 21,15.

Sì, lo sapevo da qualche giorno. Grazie, comunque.

Il testo della risposta non tradisce la minima emozione, invece il corpo di Michelle Monnati Blanchard, dopo quel brevissimo messaggio, comincia a tremare. Prende il telefono in mano, le cade per il tremore, lo raccoglie, cerca di raccogliere le energie e gli intenti necessari a smettere, si accende una sigaretta, le cade anche quella, la raccoglie, si è spenta, la riaccende, cerca di tenerla tra le dita, si accorge che il tremore sta passando, cerca una coperta, si avvolge in essa e schiaccia invio su un messaggio vocale:

“Jorge, ti ringrazio. Ho appena saputo. Ti ringrazio tanto. Vedrai che non ti deluderò. Saremo grandi.”

Michelle appoggia il telefono sul comodino, accende l’abatjour infastidita dal troppo buio, poi la spegne, riprende il telefono e cerca sul web notizie sul programma. Appare la foto con la lista dei nomi. Per lei tutti sconosciuti tranne Tobia.

Butta un occhio ai non professionisti e si chiede cosa ci facciano in un programma del genere, quale scommessa ci sia dietro. Riguarda le foto del provino che ha superato quasi un mese fa, con l’acconciatura e gli abiti di Virginia Woolf. Super credibile, intensa nello sguardo, anche somigliante, prova di una volontà ferrea e di una dieta altrettanto rigida, il personaggio che insegue da una vita.

Il fascino dei suoi 48 anni vissuti senza tempo, come se la bellezza non fosse in prestito ma uno stato di cose sempiterno e non una partita infinita con le stagioni che passano. C’è chi dice ne abbia 54, in realtà, perché sulle prime occorrenze che apparvero sul web e dalle prime interviste sembrava fosse nata nei pressi di Verona nel 1969 in un santuario arroccato su una rupe, la Madonna della Corona. Una nascita avvolta di mistero e di nebbia, proprio come quella che spesso, in inverno e in primavera, circonda il santuario.

Perché è nata lì? Una gravidanza indesiderata di una suora? Ma venne poi adottata? Nulla di certo su queste origini, sull’infanzia, lei sempre evasiva e con un sorriso glaciale pronto ad invadere il viso e ad affascinare quello dell’interlocutore che faceva presto a scordarsela la domanda inopportuna, l’occhio di bue acceso sul buio del passato. E la biografia ufficiale, quella che la vorrebbe nata nel 1975, parla di Verona sì, ma di Verona città, cresciuta nella residenza di una famiglia italo-francese, i Monnati Blanchard appunto, una dimora del ‘700 ristrutturata e sita accanto alla cartiera dei Monnati, tra i primi della zona a puntare sull’industria della carta. Tanti buchi neri nel passato di Michelle, tanti interrogativi che hanno sempre accompagnato e ispessito l’aura che la contraddistingue in ogni apparizione.

Un divismo per sottrazione, una carriera senza appunti dal punto di vista degli esiti artistici, con molte falle caratteriali, periodi di assenza inspiegabili, dove però arrivava sempre un’idea geniale, una giustificazione che spazzava via i quesiti senza risposta. E l’attrazione sempre più ininterrotta, negli ultimi anni, per Virginia Woolf e per il suo mondo, il suo destino, i suoi scritti. Tanto che appena Jorge, che l’aveva diretta sia a teatro che in un programma televisivo sulle grandi donne della storia, si era confidato quasi subito con lei, sull’embrione dell’idea di costruire qualcosa di mai visto prima su quelli di Bloomsbury, ammantare di cultura e credibilità un format ormai allo sfinimento come quello del reality, dare vita e lustro a un copione liso e sporco, rivitalizzarlo creando l’inaudito. Michelle ci aveva creduto subito e si era preparata in modo diligente al provino.

Il rapporto decennale con Jorge avrebbe giovato, ne era certa, e si sentiva altrettanto sicura che nessuno avrebbe potuto essere, essere e non interpretare, Virginia Woolf meglio di lei. E dopo il provino aveva sommerso Jorge di idee sul copione, sugli step da approfondire di quelli di Bloomsbury, suggerendo facce e nomi, location e scene madri. Nessuno dei nomi da lei suggeriti era nell’elenco dei dieci e sulla location vigeva il buio più assoluto. Nessuna risposta agli stimoli, nessun riguardo per le sue idee. Ma l’importante era esserci. E la conferma l’ha fatta tremare.

 

 

Elvio Calderoni
Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.