Dipinti in cerchi – sedicesima puntata

Tessa guarda il panorama della camera di quando era poco più che adolescente. Quando adorava contare le navi che entravano in porto, le imbarcazioni che uscivano e quelle che lei chiamava “dal passo incerto” che non si riusciva a capirne bene la direzione. Spesso barchini o pescherecci o catamarani che poteva veder meglio con il cannocchiale di suo padre. Che trova ancora qui appoggiato sulla mensola accanto alla porta finestra, nessuno l’ha spostato, nessuno, probabilmente, se l’è legato al collo per utilizzarlo.
Lo prende indossando la cordicella e torna quasi bambina: inquadra le barche del porto e anche le nuvole e anche la luna che permane nel cielo anche ad ora di pranzo. Guardare bene, osservare, capire. Era sempre stato il suo imperativo.
Suo padre le aveva regalato un cannocchiale proprio come un simbolo di ricerca, un punto di vista privilegiato per stare al mondo nel modo giusto, senza sorprese, ma analizzando le forze in gioco, gli attori, appunto, di ogni situazione. Non era bastato, evidentemente, a capire le falle progressive tra lei e Warren.
Mettersi al centro come coppia. Il potere emozionale di un binomio inattaccabile che diventa fonte di tutte le emanazioni possibili dell’essere umano. Incrollabili, così sembrava. Nel decennio più difficile di ogni coppia, dai 20 ai 30, quando tutto scricchiola, le ossa continuano ad allungarsi fino a fine crescita e gli animi giocano con la sensazione di onnipotenza.
Nel mondo dello spettacolo, poi, questa sensazione può dirsi decuplicata. A loro nulla di tutto questo. A loro bastava scegliersi nuovamente giorno dopo giorno. Non aver paura degli altri, ma anzi, utilizzarli come testimoni di quest’unione così libera, così diversa dalle altre, mai causa dello stare insieme, bensì conseguenza, figlia di un sentimento di spessore. Spessore giunto allo zero, ormai. Tessa si pettina dopo aver posato il cannocchiale, sente che in casa non c’è nessuno, il padre come sempre al cantiere, la mamma a scuola, i fratelli minori all’università. Si dà un po’ di trucco e accende il cellulare, è tardi, dovrà recitare bene per non far sentire il vuoto pesante e tutta la forza di gravità che la atterra e che urla dentro,  ma dovrà farlo:
  • Ragazzi, eccoci! E, anzi, scusate il ritardo. Diciamo che dovevo riprendermi dalla botta di adrenalina! Ebbene sì, a quanto pare non è un sogno, in DIC ci sono anche io! Wow! Me l’aspettavo, non me l’aspettavo… beh, quando, sulla scalinata delle caravelle, abbiam fatto il secondo provino ho visto che eravamo ancora parecchi e che davvero nulla poteva venir dato per scontato, per cui non volevo proprio illudermi di nulla. Umile, come sempre è stato, come sono sempre stata. Senza troppi grilli per la testa. Ecco, grazie, sto leggendo i vari commenti, grazie davvero. Me lo merito? Non lo so, di certo ho tanta voglia di esserci e di fare questa cosa così nuova. Voi non sapete ancora cosa sarà, noi qualcosa in più la sappiamo e vi assicuro che non si è mai vista prima. Per questo vorrebbero esserci tutti! Il mio personaggio? Allora. Violet. L’ho studiata, ho letto tante cose su di lei, ho letto il carteggio con Virginia Woolf ma non vi posso dire nulla. Anche perché qualcosa verrà sicuramente reso diverso da come si sono svolti i fatti… ma, credetemi, ho davvero paura di svelare qualsiasi aspetto del progetto, non voglio fare la fine di Orlando Spilimbergo! A proposito, Orlando, tanti in bocca al lupo per tutto, siamo con te! Se conosco gli altri protagonisti? Allora… beh, chi non conosce Michelle Monnati Blanchard. Sarà un onore dividere un palco, un programma, una scena, anche fosse solo una, con lei. La cosa mi emoziona e mi rende fiera. Lo stesso discorso vale per Tobia. E’ già capitato di lavorare insieme, tanto tempo fa, e c’era una bella sintonia. Sarà piacevole ritrovarsi. Bengala Bassani è simpatico, ci si conosce e ci si stima molto. Non mi sembra di aver mai recitato con lui in… ah, però no, recitare no, però una volta mi ha anche diretto a teatro, saranno passati una decina di anni, un tour molto breve ma del quale ho dei bei ricordi, lui faceva solo il regista, molto molto valido, preciso. I non professionisti no, non li conosco, penso di averli incontrati ai provini, anzi, certamente, ma non saprei parlare di loro. Mi incuriosiscono, chiaramente, e hanno tutti dei volti interessanti. La commistione tra professionismo e non, credo sia alla base del progetto, coerente con il resto, con il limite tra finzione e realtà che si vuole dare al tutto.
Legge le domande su Warren ( “e tuo marito?”, “dov’è Warren? Nell’altra stanza?”, “come sarà lavorare insieme ed esser ripresi senza potersi mai scambiare effusioni?” “Warren Sartor, se ci sei batti un colpo”, “è emozionato anche lui?” ) e glissa.
  • Io so che sono molto felice. Essere diretti da quel genio che è Jorge Carrasco è una fortuna che capita poche volte nella vita. Uno come lui che spazia dall’opera lirica, alle web series, ai videoclip, alle regie teatrali, insomma, è uno che non si è mai tirato indietro e che possiede una versatilità speciale, un tocco di sensibilità che fa sempre la differenza. Basterebbe solo questo per essere felicissimi. E invece non c’è solo questo. A Jorge mando un abbraccio speciale, sappiamo tutti che è un momento doloroso e ci stringiamo tutti a te.
Si chiede, improvvisamente, se ignorare le domande su Warren potrebbe metterla in cattiva luce o far capire che la coppia è finita. Non sa che direzione prendere. Il silenzio potrebbe essere troppo eloquente e muoversi tra calcolo e rabbia, tra razionalità e dolore oggi è troppo difficile.
  • Mi state chiedendo di Warren, leggo. Beh, ormai siamo rivali! Il vissuto va dimenticato dietro il personaggio. E non posso parlare per bocca sua! Sarà divertente. Un gioco dentro il gioco. Uno spettacolo in più. Tanta adrenalina, ”. davvero!
Se l’è cavata a metà. Lo sguardo triste mentre dice cose leggere. Lo sguardo pensoso mentre le frasi imporrebbero sorrisi e convenienza.
  • Il dovere mi chiama, la valigia pure. Domani si va a Roma per il battesimo vero e proprio di DIC. Non vedo l’ora! Stiamo ben uniti che stavolta ho bisogno di tutto il vostro supporto. Vi amo!

Chiude, si sente perduta, fatica per mandare indietro le lacrime, guarda l’orizzonte sul mare, le nuvole da sud, negli occhi ha ancora il cielo della Cappadocia dove le sembra di aver lasciato l’anima. Riprende il cannocchiale in mano e lo appoggia sugli occhi, zooma sulle imbarcazioni, eppure non riesce proprio a capire nulla, nemmeno un movimento “dal passo incerto.

Elvio Calderoni
Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.