Scrive la comunicazione ufficiale una parola dopo l’altra, come se fosse preparata da sempre:
DIC si trova costretta a confermare l’estromissione dal programma di Orlando Spilimbergo a causa della pubblicazione di immagini non autorizzate che sviliscono l’impegno, la portata di novità e l’inedito sforzo di produzione del progetto stesso. Il ruolo di Morgan, pertanto, sarà ricoperto da Bengala Bassani.
La reazione e l’entusiasmo di Bengala si fanno sentire subito. La diretta parte venti minuti dopo l’uscita della comunicazione ufficiale: l’inquadratura è la camera di Bengala a Lucca, con il poster tratto dal frame più iconico del videoclip dove si dà fuoco, il destino nel nome, il volto e il corpo, seminudo e lacerato, come le vesti, l’espressione del dolore consapevole della fine, un misto tra rassegnazione, sdegno e terrore. La cosa artistica di sé che più ha fatto parlare di lui, oltre all’originalità del nome, che sembra fittizio senza esserlo. Il suo viso contadino, la barba sottile, i capelli cortissimi:
Ragazzi, siamo qui. Siamo dentro DIC, inaspettatamente e un po’ una specie di frutto del ripescaggio. Meglio esserci che non esserci, in ogni caso, specie quando sei consapevole che è solo una questione di numeri e che se ci fossero stati undici personaggi sarei stato dentro comunque.
A proposito, devo mandare i miei saluti a Orlando Spilimbergo e, in qualche modo, ringraziarlo per la cazzata fatta. Mi viene un po’ da ridere, Orly, perché lo sappiamo che sei sempre un po’ sbadato, stavolta l’hai fatta grossa ma tanto tu sei il più forte della nostra generazione e lo sanno tutti. DIC a te serve e non serve. Saluto anche il mio antagonista in creuza, Fidel Risi: caro Fidel, come vedi a volte le battaglie vinte sembrano guerre, come quelle perse. E invece ci rivediamo lì. Lì dove non si sa. Peraltro dopo che Fidel mi aveva battuto, avevo cominciato a lavorare per la mia seconda regia teatrale e, nel contempo, sarà stato per superare la sconfitta, non lo so, mi ero buttato a capofitto nel trattamento del mio esordio da regista per il cinema. E invece… Ah, grazie, vedo che state scrivendo in tanti. Eh, sì, certo che sono felice.
Sono felicissimo, direi. Ammetto che aver perso la sfida all’ultimo dopo la creuza contro uno sconosciuto mi aveva infastidito, poi ho capito che era una questione numerica e che avevano bisogno di un non professionista per pareggiare i conti. Ma la notizia di oggi è di quelle che rischiarano anche un temporale. Sì, sono proprio contento di esserci e di mettermi in gioco. Mi sembra davvero una roba nuova. E poi son l’unico toscano, ci dovrà pur esser qualcuno che porti nel programma la lingua italiana come dev’essere, no?
Aspettate, leggo altri commenti. Grazie grazie, grazie per i complimenti. Eh, certo che sono emozionato, anche perché sappiamo fino a un certo punto quel che ci aspetta. Devo dire che sono molto preparato sui personaggi, sono mesi che li studio. Non dico di esser ferrato quanto la Monnati Blanchard ma dopo di lei ci sono io! Mi son letto tutto quello che c’è e devo dire che mi ha appassionato molto il concetto che c’è dietro, che penso sia completamente contemporaneo. La democraticità dell’arte e al tempo stesso il circolo elitario. Mi affascina. Quanto al mio personaggio, beh, ho letto tutti i romanzi di Forster tra il liceo e l’università, ci tenevo da morire proprio perché è tra i miei punti di riferimento nella narrazione, nel linguaggio, nella costruzione dei personaggi. Sì, ve lo dico, non è che ero infastidito di esser fuori, avevo proprio rosicato, per dirla alla romana. Rosicato di brutto. Colpito male. Mi chiedete, mi state chiedendo, quando si comincia, mediante quale social, se ci sarà un piattaforma collegata. Nulla.
- Non so ancora nulla. Penso mi sarà chiaro tutto domani alla firma del contratto, alla foto e a tutto il resto. L’ho saputo davvero dieci minuti fa, non è una finzione e mi faceva piacere però dirvelo subito. Grazie, anzi, grazie davvero per tutti i messaggi di questi giorni, dalla creuza in poi, mi siete stati di supporto notevole in momenti un po’ bui. E’ proprio bello sapere che spingo un bottone e il cuore riprende a trasmettere e a ricevere, lo vivo come un privilegio importante a cui non mi abituerò mai. Scappo, ragazzi, era veramente un flash, una sorta di edizione straordinaria. A prestissimo, a questo punto, da qualche angolo di mondo che non vedo l’ora di scoprire. Madonna, ma quanti siete? Mi dispiace un sacco andarmene così ma… davvero, ho il telefono bollente e devo organizzarmi per Roma. Vi giuro che torno prima di quanto possiate pensare! Ciaoooo.
Bengala dà un’occhiata ai contatti in diretta mentre chiude e vede un numero che non ha mai visto prima. Col k alla fine. Si avvicina allo schermo per essere sicuro che non stia sbagliando, sorride e comincia a rispondere alla mail della produzione.
Warren non ha prodotto rumori, al netto dei fruscii del tessuto dei pantaloni sul divano, o del maglione sui cuscini, da quando Tessa ha sbattuto la porta. E anche al netto delle lacrime. Che hanno continuato a scorrere copiose. Gli vibra il telefono e stavolta deve rispondere al suo agente:
- Pronto?
- Warren, ma sei a Genova?
- Sì sì, già da ieri. Te l’ho detto, no?
- Eh, sì ma perché non hai ancora pubblicato post né dirette né nulla? Hai ricevuto la mail di convocazione a Roma, sì?
- Non ho guardato, penso di sì. Ho dormito, il fuso orario, il fuso mio, insomma… ho staccato un attimo.
- Beh, non mi sembra il momento.
- Il periodo è quello che è.
- Certo, lo sappiamo. Però è anche il periodo più promettente della tua carriera. Non era così scontato che ti prendessero per un progetto così importante. E poi per Duncan. Te lo sei studiato?
- Sì. Abbastanza.
- E’ il fulcro. E’ il più affascinante. Calcola che sul web c’è una mappa sulle relazioni dei bloomsburiani e lui è praticamente al centro di tutte. Credo che sarai protagonista assoluto.
- Sono contento. O meglio, sarò contento per quando mi riprenderò.
- Ti riprendi al massimo stasera. Fai la diretta. E domani parti.
- Sulla diretta di stasera non garantisco. Che domani parta non c’è dubbio, passo anche da Tobia a prenderlo a Bologna.
- Ah, interessante. Idea tua?
- Idea sua.
- Il fratello è fuori, a quanto pare.
- Ah, avevo letto che c’era.
- Quelli di DIC sono molto attenti ai social, un ufficio investigativo, praticamente. Per cui ti conviene dare la giusta enfasi a questo traguardo. E non solo per far bella figura con loro.
- Anche per far bella figura con te?
- Perché è giusto così, perché è giusto festeggiare. Lo so che hai il cuore a pezzi, che dieci anni di storia sono una roba grossa, ma era lampante che le cose con Tessa non funzionavano più. All’ultima cena, cos’era, poco dopo Natale. non vi siete guardati in faccia tutta la sera, io faccio l’agente ma non per questo sono un deficiente che pensa solo agli affari. Vi ho notati. E te l’ho anche detto che eravate alla frutta.
- Grazie. Mi conforti.
- Non fare lo scemo, fatti una doccia, fatti bello e tirati su. Sei Warren Sartor, mica uno qualsiasi.
- E sto per interpretare Duncan, ho capito, ho capito…
- A più tardi. Avvertimi quando vai in diretta. L’ora migliore sarebbe le 19. Oppure le 21, 30. Fammi sapere, ciao.
Mentre pensa che non avrà alcuna voglia di fare la diretta, che verrebbe fuori stropicciata, fuori fuoco, o finta o depressa, il telefono riprende a squillare.
- Pronto?
- Posso parlarti?
- Margaret…
- Sei solo?
- Sì.
- Avevo così paura. Anche di scrivere. Non sapevo cosa fare.
- Tessa è andata via.
- E perché sei così giù? Perché non mi hai chiamato?
- Mi sono appena svegliato. Ho un po’ di cose da capire.
- Il programma! Ho letto che ce l’hai fatta.
- Sì. E’ così.
- Ehi…
- Sì?
- Ma che hai?
- Sono un po’ destabilizzato. Mi dispiace che tu mi senta così. Per questo aspettavo. Avrei voluto aspettare a sentirti.
- Aspettare? Ancora? Sono cinque mesi che aspettiamo. Ti va di vedermi?
- Margaret… perdonami. Non stasera.
- Non stasera?
- Non stasera.
- Ma… Warren, fammi capire. Davvero, solo per capire. Io sto aspettando questa sera da cinque mesi. Ho tollerato tutto il silenzio, ho rispettato tutti i patti, mi sono messa da parte, ho creduto al futuro, come mi hai sempre detto, ho sopportato quest’idea dell’addio romantico in Turchia. E tu adesso mi dici “non stasera”. Ma veramente? Ma che film è?
- Non prenderla così. Non capisci che sono nel frullatore? Che domani devo partire per Roma, che ho un mucchio di cose da pensare. Che Domenico mi sta pressando per i social, che non ho fatto nessuna diretta, che sono praticamente un fantasma da quando si è saputo di “Dipinti in cerchi”.
- Esatto, un fantasma. Per me come per tutti gli altri. Stesso livello.
- Ma non dire sciocchezze.
- Dimmela la verità. Non sei convinto di quel che hai fatto, è cosi?
- Di cosa?
- Di aver lasciato Tessa.
- Sono convintissimo. E non l’ho lasciata io. Ci siamo lasciati.
- Però non mi dici un cazzo che anche lei sarà nel programma, vero? L’ho letta la lista dei nomi.
- Beh, sono convinto che l’avessi letta, infatti. Che bisogno c’era di dirtelo?
- Ah, certo. Nessun bisogno. Si parla di addio, di finire un capitolo importante, di aprirne un altro. E invece ce la ritroviamo nel progetto più importante della tua carriera.
- Addirittura, il più importante. Tutto ancora da capire.
- Da capire c’è poco se non che sarete sotto lo stesso tetto per un tempo sufficientemente prolungato. Senti, mi stai facendo sentire ridicola. E gelosa. Non mi somiglia questa cosa. Non mi somiglia questa telefonata inutile.
- Se è inutile chiudila qui.
- Come?
- Così riprendo a dormire.
Margaret piange. Cerca di non farsi sentire, non ci riesce. La rabbia dovuta all’attesa, al tenersi dentro qualcosa che adesso doveva avere, finalmente, il permesso di scoppiare, il buio che doveva farsi luce, la tenerezza e non più la clandestinità, la condivisione al posto del segreto. Una patente palese del sentimento.
- Ma perché? Perché mi stai facendo questo?
Warren non sente il dolore di lei, non lo fa suo, vorrebbe essere lontano milioni di chilometri, su un astro, a guardare il panorama, a compiangere i mortali in mezzo agli dei, a ballare con Venere e ad andare sulla Luna a riprendere con un razzo il senno di qualcuno. Il suo, probabilmente.
- Devo salutarti, Margaret. Ci sentiamo.
La stanchezza propria sta avendo la meglio su quella degli altri. E impone il solo obiettivo di riconoscere i propri desideri, le proprie gioie e i propri vuoti. Nonché di portarli avanti, accondiscendervi, superarli, esaudirli.