Dipinti in cerchi – nona puntata

Nathan Meravigli è un siciliano atipico: non parla mai della sua regione, non gli si illuminano gli occhi se qualcuno ne parla, cerca di scardinare ed affrancarsi dalla cadenza siciliana da quando è nato, non va pazzo per arancini e cannoli, non crede che la Sicilia sia il posto più bello del mondo, bensì una terra con pro e contro, baciata dalla fortuna naturale e messa peggio rispetto alle potenzialità.

Forse, a contribuire a questo distacco così spontaneo per lui, c’è stata la mole massiccia di trasferimenti seppur all’interno dell’isola, da quando era bambino: nasce a Messina e trascorre i primi anni in provincia, a Faro, di fronte al pilone, proprio sullo stretto.

Si trasferisce poi a Siracusa e passa l’adolescenza ad Ortigia, con i genitori custodi del Castello Maniace. E qui sicuramente la passione per il mare, quella sì che gli è venuta, ed è una sua caratteristica piuttosto evidente.

La fissazione per tutti gli stili del nuoto, la voglia di perfezionarsi in quelli che gli venivano peggio (la rana, il dorso ), la capacità di tuffarsi senza alcuna paura da punti molto alti e distanti dal mare ( una volta persino da un aeroplano, al largo di Ustica ), un coraggio indubbiamente cresciuto all’ombra del castello quando suo papà gli permetteva di azzardare dei tuffi serali dai camminamenti estremi, subito dopo l’orario di chiusura. Infine, gli ultimi cinque anni a Palermo, dove studia distrattamente interior design e dove perfeziona l’attitudine per gli scacchi.

Ad esclusione degli ultimi tre mesi, dove ha raggiunto Trieste, con i suoi orecchini a cerchio, i suoi ricci biondi e gli occhi verde fluo ( un colore difficile da portare, afferma lui, specialmente di sera ) per tentare di affrancarsi definitivamente dall’isola, anche fisicamente, forte di un paio di composizioni ben scritte e ben suonate che hanno convinto i vertici della PaloAlto Sound.

Per ora fa il turnista, ma con tante promesse. E intanto vince tornei di scacchi in tutta la penisola, fiero del suo stile veloce, per nulla riflessivo. Istinto puro applicato agli scacchi. Lo stesso istinto che l’ha portato a festeggiare, ha appena saputo di esser stato preso per “Dipinti in cerchi”, nel punto più lontano da Trieste: quel Castello Maniace che l’ha visto protagonista per tanti anni. Un tuffo notturno, una sfida che possa essere replicata reiteratamente sul web da chiunque lo voglia.

Ed ecco che tre minuti dopo la pubblicazione dei dieci nomi, Nathan, accompagnato dal suo fido amico Kurt, si lancia dai camminamenti del castello – saranno almeno dodici metri – ripreso dall’amico da un gommone. Il video è efficace, l’urlo di Nathan mentre si tuffa impaurisce e quello di quando riemerge – a Kurt stava per prendere un colpo perché ci ha messo qualche istante di più del previsto – liberatorio e contagiosamente gioioso. Il tuffo viene pubblicato nello stesso istante in cui Narciso si sfiora completamente nuda da Bagno Vignoni e le aspettative non possono che crescere.

Ecco che i non professionisti si stanno già mangiando i professionisti a livello di curiosità e fama. Le idee che provengono da altri mondi che diventano più artistiche di quelle degli artisti stessi. Cosa li blocca? La fama fin qui acquisita? La paura di fallire? Le aspettative, appunto? I sospetti e le riserve sui social, forse? Solo Orlando Spilimbergo, tra i professionisti, ha pubblicato un quadro ovale in cui viene raffigurato come un uomo del primo ‘900.

La pubblicazione è durata appena venti minuti. La produzione gli ha intimato di farlo sparire subito pena l’esclusione dal progetto. Ad Orlando sembrava un’idea carina ma così non è apparsa alla società. Silenzio totale da suo fratello Tobia.

Nulla nemmeno da Warren o da Tessa, perlomeno per questa sera. Tace anche, come era prevedibile, Michelle Monnati Blanchard, ma da diva qual è sa bene che un non detto può solo amplificare l’attesa. Anche il video di Narciso Torrisi è stato bloccato.

Non certo dalla società che anzi ha apprezzato non poco l’effetto scandalo che si è diffuso da subito, ma dal social su cui è stato pubblicato, non essendo il video rispondente alle linee guida della community. Meglio ancora. Chi l’aveva salvato e aveva fatto in tempo ad inoltrarlo può fregiarsi di possederlo e di diffonderlo senza nulla temere. Le tenebre di questa notte accendono i riflessi di parecchi dispositivi cellulari in più.

Messaggi di complimenti, frasi rabbiose, interrogativi stringenti, tra cui il più grande è : dove? Dove verranno radunati questi dieci individui? Qual è la cornice che sarà il teatro di questo progetto senza precedenti? E quando verrà spiegato meglio? In maniera meno nebbiosa di così? Anche per i protagonisti stessi, che non sanno né il posto né l’ora.

• Pensi che dovremmo pubblicare qualcosa anche noi?

Warren si aspettava questa domanda da Tessa che continua a parlare al plurale e a pentirsene l’attimo dopo, mentre naviga sui profili degli altri otto protagonisti del progetto. Lui non ha alcuna voglia di pubblicare alcunché, anzi, al momento, non ha proprio nessuna fantasia di iniziare questo progetto.

La felicità iniziale, effimera, ha lasciato il posto a un sentimento di pesantezza che lo sta avvolgendo sin dal volo in Cappadocia. E che non sembra cedere. Tessa è certa di attribuirlo a questa penosa marcia indietro dopo una decisione così importante suggellata dal volo tanto atteso, ma è come se tutto fosse bruciato, tutto fosse scivolato in un’aura di finzione che li sta facendo sentire inautentici.

E’ come se fossero senza tempo. Son tornati a casa insieme come in una nuvola di sospensione che non ha nulla di significativo e rende ogni frase trascurabile, ogni pensiero offuscato. Alla non risposta di Warren che continua a leggere un romanzo di Tullio Avoledo sul divano, Tessa prende la chitarra in mano e prova degli arpeggi. Si accompagna con una vocina flebile e garbata ma anche mentre si lascia andare alla serenità della musica, ha sempre timore che ogni piccola azione venga interpretata dall’altro come uno spot della possibile continuazione dei loro dieci anni, complice il destino e il talento che li ha voluti insieme protagonisti di qualcosa di sensazionale, che è indubbiamente il punto più alto della loro carriera in termini di fama se non in termini artistici.

Mentre suona, Tessa si chiede se mai arriverà un copione e quando, se dovranno attenersi a dei profili, a delle schede, a un canovaccio o a delle battute da imparare. Quando arriverà e da dove un regista, un produttore, che possa farli entrare nel personaggio o qualcuno che possa dare qualche direttiva in più. Smette di suonare e riprende la parola, quasi rabbiosa:

• Okay che l’elenco è uscito ieri ma qualcuno si degnerà di dirci entro questa settimana quando si parte e cosa ci vuole e cosa dobbiamo…

  • Warren l’ha spezzata al di là di ogni educazione, di ogni pazienza.

• Noi due qui dentro non possiamo più starci. Mi hai esasperato. Non siamo più noi, vuoi capirlo? Perché continui a parlare al plurale?

• Non era mia intenzione. E lo so benissimo che non siamo più noi.

• E allora perché sei tornata in questa casa dopo il viaggio?
Il silenzio che avvolge la rabbia, la dignità ferita, il ritorno indietro delle delusioni patite da bambina.

• Perché non ci capivo più niente per via del programma, dei nomi, perché pioveva a dirotto, perché avevo ancora i vestiti qui. Per…
• Siamo ridicoli.
• No, sei tu che sembri un vecchio autistico da prima di ripartire. E livoroso e offensivo. Non mi vedi più, stai tranquillo. Mi tolgo dai coglioni.

Tessa si sente liberata da un peso mentre raduna quel che può, oltre alla valigia della Cappadocia, con movimenti sfibrati ma rapidi, sgraziati ma silenziosi. I rumori sono solo quelli degli oggetti spostati e dei passi sulla moquette, attutiti. Warren si toglie le scarpe e allunga le gambe sul tavolo, riprende a leggere. Si sente spietato, sconfitto ( non dovevamo gestire il tutto con civiltà? ) ma anche preso da centralità diverse da quelle che lo hanno tenuto in vita per dieci anni lunghissimi. Intensi, belli, ma ormai al termine.

• Mi tolgo dai coglioni, stronzo.

Il penultimo rumore è quello della porta d’entrata dell’appartamento che li ha visti vivere in due dentro la stessa vita, sbattuta da Tessa, cinque minuti dopo la breve discussione. L’ultimo è quello di Warren che inizia improvviso a singhiozzare, scoppiando in un pianto dirotto.

Elvio Calderoni
Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.