CHE AL MERCATO MIO PADRE COMPRO’

“Mi spieghi che cosa c’è da ridere?”

Il signor S non riusciva a rispondere: le lacrime delle risate si mischiavano alle gocce di pioggia, mentre era seduto su un gradino di pietra di fonte a casa di M.

Eppure le previsioni non portavano pioggia.
Nè il Signor S avrebbe dovuto essere lì, bagnato fradicio, sotto casa di M., alle 20,45 di quel venerdi sera.
Questa storia inizia poco meno di un’ora prima, precisamente alle 19,46, orario in cui il Signor S. guardò l’orologio della macchina prima di rispondere alla telefonata che aveva bruscamente interrotto il suo ingresso trionfale nel week end.

Dovete sapere che la figlia del nostro Signor S fa pattinaggio artistico, e si allena tutti i giorni nel centro sportivo Angiulli. Al Signor S piace molto andare a prendere la figlia, e vederla volteggiare per qualche minuto sulla pista.
Quel giorno poi la Mogliera aveva deciso, per vivere un’attività insieme alla figlia, di iscriversi ad una lezione di prova di pattinaggio.
E poiché sarebbero stati tutti lì, avevano organizzato di fermarsi al ristorante del centro sportivo per una cena con amici.

E insomma, era la fine di una giornata di lavoro che potremmo definire “vivace”, che a sua volta concludeva una settimana che potremmo descrivere come “interessante”, il Signor S era stanco ma soddisfatto, (e anche piuttosto affamato, avendo mangiato solo un’insalata) e aveva un’idea molto chiara di quello che stava per succedere: si immaginava appoggiato alla ringhiera della pista di pattinaggio, con in mano una Peroni ghiacciata e la figlia al fianco, entrambi complici nel prendere in giro la Mogliera che -immaginava lui- avrebbe arrancato goffamente in pista con i pattini ai piedi. Il tutto per poi sedersi a tavola e sfondarsi di birra e cibo.
Brutta persona, il signor S.
Ma certe volte gli viene proprio quella voglia lì, di divertirsi, bere, mangiare, esagerare. Quella che Iggy Pop chiamava “Lust for Life”. In piccolo naturalmente, senza essere Iggy Pop. Ma con quell’euforia lì che ti sa regalare il venerdi, con il suo carico di aspettative.

Tutto questo passava nella mente del Signor S, mentre varcava il cancello dell’Angiulli, quando alle 19,46 rispose a quella telefonata.
“Ehm, mi scusi avvocato” disse una voce sottovoce “Non voglio metterle fretta, ma c’è qui il padre dell’inquilina… sa dirmi che tempi ha prima di arrivare, così si tranquillizza…”
Diavolo.
Se n’era scordato.
Appuntamento in centro alle 19,30. Doveva andare insieme all’agente immobiliare, alla ragazza e al padre in un Appartamento al centro per firmare un verbale di consegna.

Abituato a convivere col proprio cervello, che funzionava un po’ così, partì in automatico col protocollo di emergenza da appuntamento dimenticato: mai confessare di aver dimenticato un appuntamento.
“Si, mi scusi, ho trovato un incidente in tangenziale, sono stato fuori Bari per lavoro, ma ho appena preso lo svincolo: in un quarto d’ora dovrei essere lì, traffico permettendo. Voi comunque iniziate pure, intanto io arrivo per la firma”
“Perfetto, grazie mille. A fra poco”
Gli era venuta abbastanza bene. Serio, professionale, senza esitazioni.

Fece dietro front e uscì mestamente dall’Angiulli, ragionando su come cambiava il suo inizio di week end: a quell’ora poteva raggiungere l’appartamento in venti minuti, un quarto d’ora di chiacchiere e la firma, e un quarto d’ora per tornare all’Angiulli: con un po’ di fortuna alle 20,30 avrebbe ancora trovato la mogliera a pattinare, e avrebbe potuto ancora poggiarsi alla balaustra con una peroni ghiacciata, prendendo in giro la mogliera insieme alla figlia.

Driiin.
“Avvocato, mi scusi” sempre la voce sottovoce.
“In effetti non possiamo iniziare senza di lei, perché per firmare dobbiamo necessariamente entrare nell’appartamento, e le chiavi le ha lei”
Diavolo.
Le chiavi.
Il Signor S odia le chiavi.
Sogna un mondo in cui non ci siano chiavi, password, serrature, codici di accesso e stronzate varie. Lui sta bene nei boschi, o in mare, o comunque in quelle situazioni in cui non si ha bisogno di chiudere a chiave niente.
Ma era abituato a convivere con i suoi limiti, e partì il protocollo di emergenza da chiave dimenticata.
“Oh, certo. Comunque non c’è problema, ho le chiavi qui con me e non sto trovando molto traffico: tra dieci minuti sono lì”.
Bugia.
Doppia bugia.
Non aveva le chiavi dell’Appartamento. Erano sul tavolino all’ingresso di casa sua, accanto allo svuotatasche. Ricordava benissimo di averle viste la mattina prima di uscire di casa, ma non ricordando l’appuntamento non le aveva prese.
Quindi doveva andare a Barivecchia, parcheggiare a San Nicola (la casa del Signor S è in piena zona pedonale) correre a casa, prendere le chiavi dell’Appartamento dal tavolino, correre in macchina, raggiungere l’Agenzia, parcheggiare e entrare per firmare il benedetto verbale.
Altro che dieci minuti.
Diciamo venti, se andava tutto liscio.
Facciamo trenta vĂ .
E poi un quarto d’ora per firmare e un quarto d’ora per tornare all’Angiulli.
Addio Peroni ghiacciata sulla balaustra
Addio risate con la figlia a sfottere la Mogliera.
Pazienza, pesò il Signor S, che sapeva essere molto filosofo. Arriverò direttamente a cena. E dopo voglio solo sfondarmi di birra e cibo.

Così il nostro strano eroe arrivò a San Nicola, parcheggiò un attimo in divieto sotto gli occhi benevoli della statua del Patrono, e percorse di corsa i circa 100 metri di zona pedonale che lo portarono davanti al portoncino di casa sua, alle 20,18, dove si rese conto con sgomento di non avere le chiavi di casa.
Diavolo
Il Signor S. ha problemi con le chiavi, ma per sopravvivere si affida a dei rituali: il protocollo di sopravvivenza invernale prevede che le chiavi siano sempre nella tasca del giubbotto, tanto in inverno fa freddo e il giubbotto o indossa comunque, in automatico.
Ma nelle tasche le chiavi di casa non ci sono.
A quel punto il Signor S. ebbe un brivido di terrore lungo la schiena, ma sperò di averle inavvertitamente lasciate in auto.
Così corse in macchina, e si mise a cercare nel pozzetto centrale, e poi a terra, e poi alla luce della torcia del telefonino sotto i sedili e sotto i tappetini, per poi realizzare con sgomento, alle 20,29 sotto lo sguardo benevolo di San Nicola, che le chiavi in macchina non c’erano.
Diavolo.

Ora era veramente una brutta situazione
Immaginava la giusta irritazione del Padre della ragazza.
Immaginava l’imbarazzo dell’Agente, che è una bravissima persona e non se lo meritava.
Poi ebbe un lampo di genio.
M.!
Il Signor S sa di avere problemi con le chiavi, e ha un protocollo di emergenza per casi simili: ha lasciato una copia delle sue chiavi di casa a M. e G., suoi cari amici di Barivecchia.
Così un impassibile -ma certamente perplesso- San Nicola vide il Signor S correre via, questa volta in direzione opposta a quella precedente, mentre inaspettatamente iniziava a piovere.
Arrivato a casa di M. vide per prima cosa la luce della cucina accesa, dietro la finestra del primo piano. E rincuorato, fradicio di pioggia e madido di sudore per aver corso col giubbotto invernale, suonò.
E risuonò
E suonò ancora.
E poi si arrese all’evidenza del fatto che in casa non c’era nessuno.
Diavolo.

Chiamò al telefono M., che non rispondeva. Allora chiamò G., che gli spiegò che a casa non c’era nessuno, che la luce accesa in cucina l’aveva evidentemente lasciata Leandro, che sia lui che M. erano al lavoro e non potevano muoversi, ma che poteva sicuramente andare da loro a prendersi le chiavi di casa.

E qui il signor S fu preso dalla ridarella, e con le lacrime delle risate che si mischiavano alle gocce di pioggia si sedette sul gradino di pietra di fronte a casa di M.

“Mi spieghi che cosa c’è da ridere?”

Al Signor S. era tornata in mente quella vechia canzone di Branduardi, quella in cui l’acqua spense il fuoco che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò.
E in effetti lui ora doveva andare allo studio di G. a prendere le chiavi, con quelle chiavi doveva aprire casa di M., dove doveva trovare le chiavi di casa sua, con quelle chiavi doveva aprire casa sua, dove doveva trovare le chiavi dell’Appartamento, con quelle chiavi aprire l’Appartamento e finalmente entrare, firmare e iniziare il week end.

A quel punto il Signor S. capì che era troppo per continuare il gioco del “Sto arrivando, tutto a posto”, e si giocò la sua carta segreta, il protocollo “Sono un Idiota, ma non sono una cattiva persona”.
E anzichè iniziare il tour delle chiavi andò dritto in agenzia e raccontò tutta la storia, confessando la sua dabbenaggine e chiedendo scusa.
L’Agente fortunatamente rise, rise a crepapelle.

E’ difficile da vita dei distratti.
Difficile, ma talvolta esilerante.

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